È luglio il mese decisivo per dare una spinta all’edilizia e provvedere contestualmente alla semplificazione degli adempimenti in materia: sono infatti diverse le norme contenute nei due decreti che sovrintendono alla riforma della Pubblica Amministrazione in grado di provvedere a quella che potrebbe configurarsi come una piccola rivoluzione nel settore dell’edilizia (con particolare riferimento a permesso di costruire e SCIA).
Proprio all’interno del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (contenente, tra le altre cose, anche misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa) ha preso alloggio l’ingente ed importante pacchetto di norme inerente allo snellimento e alla semplificazione delle procedure relative ai lavori edilizi privati. “Dirompente”, “rivoluzionaria” sono alcuni degli aggettivi utilizzati dalla stampa specializzata per definire la portata delle norme contenute nel decreto che dovrà, entro breve, essere convertito in effettiva legge dello Stato.
Stiamo parlando dell’introduzione nell’ordinamento italiano del regolamento edilizio standard nazionale (regolamento unico) che avrà efficacia in tutti i Comuni italiani e cercherà (con il dovuto e necessario tempo di adattamento e recepimento) di valicare e lasciarsi alle spalle l’orizzonte normativo atomizzato e parcellizzato che fino ad oggi ha dominato la materia degli adempimenti in edilizia: nient’altro che un ostacolo alla trasparenza ed un muro insormontabile alla leale competizione tra professionisti e imprese tra un comune e l’altro.
La presunta rivoluzione andrà a toccare il permesso di costruire e la SCIA, esercitando una decisa virata verso la standardizzazione di queste procedure edilizie: i moduli unici semplificati dovrebbero pertanto divenire “segni grafici” universali idonei a comporre un metaforico “esperanto” procedurale che consenta di unificare il linguaggio complessivo dell’edilizia nel nostro paese. La metodologia per giungere a questo “Eldorado” regolamentare si sostanzia nel tentativo, da parte del legislatore, di utilizzare il modulo unico al fine di sensibilizzare le amministrazioni locali verso l’adozione di schemi e linguaggi uniformi e comprensibili a 360 gradi.
Chiaramente il percorso verso la nascita di questo linguaggio comune in edilizia non sarà indolore né esente da difficoltà: le diversità disciplinari tra comuni diversi non sparirà come d’incanto con l’adozione dei moduli unici e probabilmente potrebbe generarsi un appesantimento procedurale nei primi tempi di applicazione. Inoltre già alcune critiche da professionisti ed amministratori sono giunte con riferimento alla mole ponderosa della bozza dei modelli (lunghi oltre 30 pagine). In relazione a ciò, il Sole24Ore parla di “passaggio doloroso” per l’efficace conseguimento di una disciplina urbanistica coerente con le necessità di semplificazione delle pratiche edilizie: che stia per giungere un momentaneo periodo di confusione normativa?
Quello che si auspica è un passaggio graduale che al contempo si configuri come una decisa sterzata verso l’omogeneità di disciplina sul territorio italiano: per ora il testo del decreto legge 90/2014 impartisce a Governo, Regioni ed Enti locali la direttiva di concludere accordi in sede di Conferenza unificata al fine di adottare una modulistica standardizzata su tutto il territorio nazionale in materia di istanze, segnalazioni relative all’attività edilizia (permesso di costruire “in primis”).
I segnali che provengono dal mondo delle professioni non sembrerebbero incoraggianti, anche se il Consiglio nazionale degli architetti, per voce del suo presidente Leopoldo Freyrie, ha preso posizione a favore della riforma della semplificazione, mettendo però bene in luce i capisaldi da cui non discostarsi: sostenibilità ambientale e superamento del sistema delle prescrizioni verso un approccio incentrato sulle prestazioni positive. Per un cambiamento sostanziale e non meramente cosmetico. Solo il tempo potrà dire se la transizione sarà stata reale o di pura facciata.
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