Il patrimonio edilizio costruito nel dopoguerra è in buona parte realizzato in cemento armato, grazie anche alla economicità offerta da tale tecnica costruttiva.
Tuttavia, i terremoti che si sono succeduti in questi decenni hanno evidenziato molte criticità riguardo questa tipologia di edifici, derivanti sia dall’assenza di dettagli antisismici perché costruiti secondo norme tecniche che non consideravano ancora il rischio sismico in tutto il territorio nazionale, sia a difetti di realizzazione e di scarsa qualità dei materiali conseguenti alla rapidità del boom edilizio dell’epoca.
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Valutazione sismica e tecniche di intervento per edifici esistenti in c.a.
La seconda edizione di questo volume, rivisitata integralmente e arricchita con nuovi esempi pratici, fornisce agli ingegneri strutturisti e a tutti quei professionisti che, in generale, operano nell’ambito della valutazione sismica degli edifici esistenti in cemento armato, gli strumenti necessari per effettuare in modo ancora più consapevole le opportune verifiche di sicurezza sismica secondo la normativa vigente. A tal proposito sono discusse le più appropriate strategie di modellazione/analisi strutturale in ambito non lineare sia statico (pushover) che dinamico (time-history). Vengono inoltre trattate le più diffuse tecniche di intervento per la riabilitazione delle strutture esistenti in cemento armato gettate in opera e prefabbricate, ricorrendo anche ad esempi di modellazione numerica di alcuni interventi di adeguamento/miglioramento sismico. Nel testo si fa riferimento alla versione aggiornata delle Norme Tecniche per le Costruzioni – ossia le NTC 2018 – e alla relativa circolare esplicativa (Circolare 21 gennaio 2019 n. 7). Rui Pinho Ingegnere, professore ordinario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia, socio fondatore delle società Seismosoft e Mosayk, è autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche sul tema della valutazione del rischio sismico di strutture esistenti. Federica Bianchi Ingegnere, socio fondatore e CEO di Mosayk srl, svolge la libera professione con particolare attenzione alla valutazione della vulnerabilità sismica di edifici in cemento armato. Roberto Nascimbene Ingegnere, professore associato presso lo IUSS Pavia, socio fondatore di Mosayk srl, ha approfondito particolarmente le tematiche della modellazione numerica avanzata nel campo dell’ingegneria civile.
Rui Pinho, Federica Bianchi, Roberto Nascimbene | Maggioli Editore 2022
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Indice
Come sono fatti gli edifici costruiti nel dopoguerra?
Si tratta infatti di strutture a telaio con travi spesso solo presenti in una direzione, sulle quali sono appoggiati solai in laterocemento con travetti nella direzione trasversale. Il collegamento tra telai longitudinali è garantito solamente dal solaio e dalle travi di bordo.
Sono strutture concepite per sopportare solo i carichi gravitazionali e le azioni orizzontali del vento. Gli edifici alti più di tre piani avevano setti di controventamento (vano scala-ascensore).
Il dimensionamento avveniva valutando separatamente i singoli elementi strutturali con le relative aree di influenza dei carichi.
La sezione dei pilastri veniva calcolata tenendo in considerazione solo la forza assiale derivante dai carichi e sovraccarichi verticali agenti all’interno dell’area di influenza del solaio, trascurando sollecitazioni flessionali e taglianti derivanti dal comportamento d’insieme del telaio.
Allo stesso modo le travi e i solai erano dimensionati per i carichi verticali, e i setti di controventamento come mensole incastrate alla base, trascurando gli effetti dovuti all’interazione fra gli altri elementi strutturali.
Le tamponature erano realizzate con doppia fodera di mattoni forati e cassa vuota interna, prive di collegamenti efficaci col telaio strutturale. Il piano terreno di edifici alti, il così detto piano pilotis, spesso era privo di tamponamenti.
Edifici con piano pilotis più vulnerabili
Quanto descritto rappresenta la tipologia costruttiva più frequente, dimensionata in assenza di criteri antisismici, quindi priva di telai bidirezionali e adeguate staffature di confinamento, risultando molto vulnerabile in presenza di azioni dinamiche come emerso dai danni degli ultimi terremoti.
In particolare, il corretto dimensionamento delle staffe garantisce a travi e pilastri non solo la resistenza a taglio richiesta, ma anche l’indispensabile confinamento dei nodi trave-pilastro ai fini della corretta dissipazione dell’energia sismica. In questo modo viene altresì evitata l’instabilità delle barre di armatura longitudinale compresse dei pilastri sotto sollecitazione flettente durante il sisma.
La fragilità e la mancanza di connessioni efficaci delle tamponature esterne ha favorito spesso la loro espulsione in concomitanza del terremoto, con gravi problemi di incolumità pubblica e successiva agibilità dell’edificio (Fig. 1).
I rilievi dei danni in aree sismiche hanno evidenziato come tamponamenti in mattoni pieni ed efficacemente collegati alla struttura portante offrano un contributo positivo nella resistenza e nella rigidezza, soprattutto laddove siano presenti al piano terra. Al contrario, gli edifici con piano pilotis hanno dimostrato notevoli vulnerabilità in corrispondenza del piano debole anche a causa della distribuzione irregolare in elevazione delle tamponature stesse.
L’importanza della gerarchia delle resistenze
Le recenti norme tecniche hanno introdotto il concetto della gerarchia delle resistenze per evitare i tragici collassi di tipo “soffice”, ossia per abbassamento di un piano dell’edificio (Fig. 2).
Tramite il dimensionamento e la disposizione delle armature, si stabilisce una gerarchia della crisi degli elementi, che dovrà dimostrarsi sempre duttile, favorendo la formazione delle cerniere plastiche prima all’estremità delle travi e non nei pilastri, che dovranno avere un momento resistente maggiore rispetto a quello delle travi a cui convergono al nodo.
Le criticità sismiche degli edifici in cemento armato
I maggiori danneggiamenti, pertanto, sono riscontrabili nella rottura anticipata a taglio per diametri ridotti e passo largo delle staffe (Fig. 3), o a flessione dei pilastri per inadeguatezza delle armature longitudinali a sopportare anche sollecitazioni flessionali. Nei casi più gravi, con perdita di equilibrio degli stessi per rotazione e conseguentemente collasso della struttura in quanto viene meno l’effetto di confinamento del nodo (Fig. 4).
Oltre a questo, le irregolarità in pianta ed in altezza contribuiscono ad accentuare il danneggiamento delle strutture, anche per azioni torsionali. Lo sfalsamento delle quote dei solai comporta una forte sollecitazione tagliante su pilastri tozzi. In altre situazioni, alcuni edifici con pilastri molto snelli sono stati gravemente danneggiati per instabilizzazione da carico di punta dovuto ad un sovraccarico verticale da sisma.
Infine, la minor resistenza degli elementi in c.a. più vetusti e privi di adeguata manutenzione nel tempo, è stata favorita anche da gravi fenomeni di degrado materico, con espulsione del copriferro per scarso spessore di progetto e corrosione delle armature (Fig. 5), vanificando qualsiasi resistenza residua in caso di azione dinamica.
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