Pavimentazione esterna, edilizia libera o no? Dipende

Due recenti sentenze ci consentono di tornare su un’interessante questione: quando le opere di pavimentazione possono considerarsi attività edilizia libera e quando invece richiedono permesso di costruire?

Mario Petrulli 06/02/23
Come è noto, fra le ipotesi di attività edilizia libera contemplate dall’art. 6 del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001) rientrano “le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati” (comma 1, lett. e-ter).

Due recenti pronunce dei giudici amministrativi contribuiscono a chiarire la corretta interpretazione della norma, evidenziando due ipotesi in cui deve escludersi il carattere libero della pavimentazione.

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Il TAR Piemonte, sez. II, nella sent. 27 gennaio 2023, n. 106, ha evidenziato che le previsioni del citato art. 6 sono di stretta interpretazione, in quanto dirette ad affermare l’irrilevanza urbanistica ed edilizia delle opere in essi contemplate, con la conseguente sottrazione alla regola del regime di controllo pubblico sugli interventi edilizi. Ne deriva che le opere di pavimentazione o di finitura di spazi esterni rientrano nella previsione normativa soltanto laddove, per le loro caratteristiche in concreto, siano inidonee a influire in modo rilevante sullo stato dei luoghi, e quindi non determinino una significativa trasformazione urbanistica ed edilizia.

In questa prospettiva deve escludersi che, nell’assoggettare al regime di edilizia libera la realizzazione di interventi di pavimentazione di spazi esterni, entro i prescritti limiti di permeabilità del fondo, il legislatore abbia inteso consentire la facoltà di coprire liberamente e senza alcun titolo qualunque estensione di suolo inedificato, salvo soltanto il rispetto di tali limiti; e ciò in quanto la pavimentazione di aree esterne:

  • è di per sé idonea a trasformare permanentemente porzioni di suolo inedificato;
  • riduce la superficie filtrante, con la conseguenza che – anche se contenuta nei prescritti limiti di permeabilità – incide comunque sul regime del deflusso delle acque dal terreno;
  • è percepibile esteriormente, per cui presenta una potenziale rilevanza sotto il profilo dell’inserimento delle opere nel contesto urbano;
  • determina la creazione di una superficie utile, benché non di nuova volumetria.

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Un’interpretazione della previsione normativa sopra richiamata, diretta ad assicurarne la coerenza con il fondamentale canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, impone, perciò, di ritenere che gli interventi di pavimentazione, anche ove contenuti entro i limiti di permeabilità del fondo, siano realizzabili in regime di edilizia libera soltanto laddove presentino una entità minima, sia in termini assoluti, che in rapporto al contesto in cui si collocano e all’edificio cui accedono.

Solo in presenza di queste condizioni tali opere possono infatti ritenersi realmente irrilevanti dal punto di vista urbanistico ed edilizio, e quindi sottratte al controllo operato dal Comune attraverso il titolo edilizio[1]; tali considerazioni possono estendersi al ripristino della pavimentazione sulla vasca ornamentale tombata.

Nel caso specifico, i giudici torinesi hanno ritenuto che non poteva considerarsi attività di edilizia libera la pavimentazione, costituito da un basamento con rivestimento in piastrelle, di circa 10 mq, attorno ad una vasca ornamentale di m 5,90 x 4.70: ed infatti, secondo i giudici, tanto la pavimentazione quanto la vasca contribuivano ad alterare la permeabilità del terreno e a sviluppare una superficie rilevante ai fini della necessità dell’autorizzazione paesaggistica e dell’interferenza con la fascia di rispetto di un corso d’acqua nelle vicinanze. Conseguentemente, hanno ritenuto legittima l’ordinanza di demolizione adottata dall’ufficio tecnico comunale.

Ne abbiamo parlato, analizzando altri casi specifici, anche nell’articolo La pavimentazione esterna può rientrare nell’attività edilizia libera: le condizioni

La seconda pronuncia che segnaliamo ai lettori è la sent. 27 gennaio 2023, n. 108, del medesimo TAR Piemonte, sez. II, nella quale è stato ribadito che la pavimentazione esterna (nel caso specifico, con autobloccanti) su area agricola richiede il rilascio del permesso di costruire allorquando è preordinata alla stabile modificazione della precedente destinazione d’uso del suolo[2].

In ogni caso, la pavimentazione era accessoria all’uso degli immobili abusivi, talché, al pari di quest’ultimi, doveva essere demolita. Rileva il consolidato approdo della giurisprudenza[3] che afferma, in modo perentorio, che gli interventi effettuati su immobili abusivi o connessi a immobili abusivi ripetono il medesimo carattere di abusività dell’immobile cui accedono. Del resto, le opere abusive devono essere valutate unitariamente e non possono essere viste atomisticamente; diversamente opinando, sarebbe facilitata l’elusione dell’art. 6 del Testo Unico Edilizia, il quale legittima la realizzazione senza titolo di opere a modesto impatto e non una sommatoria di interventi che nell’insieme comportino una rilevante trasformazione del territorio.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Consigliamo

 

[1] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 6 settembre 2018, n. 2049.

[2] TAR Piemonte, sez. II, sent. 29 agosto 2014, n. 1422.

[3] Ex multis: Consiglio di Stato, sez. II, sent. 5 dicembre 2019, n. 8314.

Immagine: iStock/ronstik

Mario Petrulli

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