Ecco una selezione delle massime di alcune sentenze di interesse per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica, pubblicate la scorsa settimana; gli argomenti oggetto delle pronunce sono: ordine di demolizione, è necessario che l’interesse pubblico sia “concreto”? Sempre sull’ordine di demolizione, quando serve motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto? Osservazioni al PRG, quali regole e che natura hanno?
Altri argomenti trattati sono: tettoia di rilevanti dimensioni, serve permesso di costruire? Mutamento di destinazione d’uso da industriale a commerciale, determina aggravio del carico urbanistico? Vediamo in dettaglio tutte le sentenza.
Ordine di demolizione, è necessario che l’interesse pubblico sia “concreto”?
Consiglio di Stato, sez. II, sent. 24 settembre 2020 n. 5608
È escluso che l’ordinanza di demolizione di immobile abusivo (pur se tardivamente adottata) debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata
Occorre ricordare che l’Adunanza Plenaria con sentenza 17 ottobre 2017, n. 9, ha escluso che l’ordinanza di demolizione di immobile abusivo (pur se tardivamente adottata) debba essere motivata sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata; non può, pertanto, porsi neppure un problema di affidamento, che presuppone una posizione favorevole all’intervento riconosciuta da un atto in tesi illegittimo, poi successivamente oggetto di un provvedimento di autotutela (in tal senso vedasi anche Consiglio di Stato, sez. VI, 21 marzo 2017, n. 1267).
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Infatti, l’ordinamento tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 28 febbraio 2017, n. 908; id., sez. VI, 13 dicembre 2016, n. 5256).
In particolare, riguardo all’ordine di demolizione, si osserva il carattere rigidamente vincolato, che non richiedeva né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile.
Pertanto, non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può in alcun modo legittimare.
Ordine di demolizione, quando serve motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto?
TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 25 settembre 2020 n. 4055
L’ordine di demolizione relativo ad opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi
Non è prevista la comunicazione di avvio del procedimento repressivo dell’abuso edilizio, sia per la natura urgente e vincolata dello stesso, sia per il fatto che non risulti necessario l’apporto partecipativo del soggetto destinatario dell’ordine di demolizione ovvero di acquisizione del bene al patrimonio dell’ente pubblico (T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20 luglio 2018, n. 4854).
Costituisce consolidato orientamento giurisprudenziale quello secondo cui “l’ordine di demolizione relativo ad opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi” (Consiglio di Stato, sez. II , 07/02/2020 , n. 988; Consiglio di Stato, sez. VI , 27/01/2020 , n. 631); inoltre, si è ritenuto che “ai fini dell’adozione di un ordinanza di demolizione di immobile abusivo, non è necessaria una esplicita motivazione in merito alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata, essendo sufficiente il richiamo al comprovato carattere abusivo dell’intervento” (Consiglio di Stato, sez. II , 14/01/2020 , n. 349; Consiglio di Stato, sez. VI , 18/11/2019, n. 7872).
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Osservazioni al PRG, quali regole e che natura hanno?
TAR Veneto, sez. II, sent. 24 settembre 2020 n. 853
Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono, invero, un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo
Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono, invero, un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all’Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree, tranne i casi di affidamenti qualificati (Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 12 febbraio 2013, n. 845; Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 23 ottobre 2009, n. 6521; Consiglio di Stato sez. IV – sentenza 7 luglio 2008 n. 3358).
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Tettoia di rilevanti dimensioni, serve permesso di costruire?
TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 24 settembre 2020 n. 9757
Serve il permesso di costruire per la tettoia di rilevanti dimensioni
La giurisprudenza in materia ha da tempo chiarito che anche la costruzione di tettoie necessita di essere autorizzata dal punto di vista edilizio, risultando ininfluente la qualificazione giuridica dell’intervento come opera autonoma o meramente pertinenziale ai fini civilistici, potendosene prescindere solo nel caso in cui la struttura è “priva di autonoma destinazione”, strettamente ed esclusivamente “funzionale” all’edificio principale, priva di “impatto urbanistico”, non atta per caratteristiche e dimensione ad alterare in modo significativo l’assetto del territorio.
In tale prospettiva la giurisprudenza ha chiarito che il regime da applicare alle tettoie varia a seconda che la si consideri un “manufatto autonomo” –per cui rientra tra le opere di “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 3 co. 1 lett. e) DPR 380/2001 e quindi la sua realizzazione richiede il permesso di costruire prescritto dall’art. 10 del DPR – oppure una “mera pertinenza”, nel caso in cui sia priva di carattere di autonoma utilizzabilità, sia dotato di volume modesto rispetto all’edificio principale, abbia natura accessoria rispetto all’edificio principale, essendo preordinato a soddisfare un’oggettiva esigenza di quest’ultimo, per cui non è necessario munirsi del previo titolo edilizio (TAR Campania, n. 732/2017 e n. 4488/2011).
Indipendentemente dal carattere pertinenziale, è stato ritenuto che costituisca “nuova opera” ove si realizzino nuovi elementi ed impianti, si modifichi la sagoma o il prospetto del fabbricato (TAR Campania, n. 84/2011) o nel caso in cui la tettoia abbia i “caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazioni dell’opera (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 2/3/2018, n. 1309).
Rientrano nell’edilizia libera solo quelle tettoie che per forma e dimensioni abbiano mera finalità di arredo e protezione dalle intemperie (vedi, tra tante, TAR, Napoli, sez. VIII, sent. n. 789/2013; TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. n. 17/2016).
Alla luce di tali principi il Collegio ritiene corretta la qualificazione dell’opera in contestazione come “nuova costruzione”, realizzabile solo previo rilascio del permesso di costruire, operata dal Comune, dato che il manufatto in contestazione presenta caratteristiche intrinseche (tipologia diversa da “struttura leggera”), modalità costruttive (è stata realizzata in ferro battuto ed è infisso al suolo), dimensioni (10,30 m x 3,20), funzioni (è suscettibile di autonoma utilizzazione) ed impatto sull’area circostante (ha determinato un’alterazione dello stato dei luoghi in quanto è visibile con tutta evidenza dalla piazza), che ne evidenziano la natura di struttura permanente ed atta a produrre una trasformazione definitiva del territorio.
Ne consegue che risulta legittimo l’ordine di demolizione disposto dal Comune, in quanto “sanzione” prevista dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 e dall’art. 15 della LR n. 15/2008 proprio per il caso di nuove opere realizzate senza permesso di costruire.
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Mutamento di destinazione d’uso da industriale a commerciale, determina aggravio del carico urbanistico?
TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 21 settembre 2020 n. 1675
Il mutamento di destinazione d’uso da “industriale” a “commerciale”, anche senza realizzazione di nuove opere, integra una variazione tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico
Per costante giurisprudenza, il mutamento di destinazione d’uso da “industriale” a “commerciale”, anche senza realizzazione di nuove opere, integra una variazione tra categorie funzionali distinte e non omogenee che determina un incremento del carico urbanistico, soggiacendo, pertanto, all’onere di sopportare gli oneri concessori conseguenti all’aggravio del carico urbanistico; quindi, l’incremento del carico urbanistico, ancorché discendente da un mutamento di destinazione d’uso senza opere, è presupposto sufficiente a determinare la debenza degli oneri concessori, rapportati agli oneri di urbanizzazione, in considerazione dell’aggravio urbanistico conseguente all’incremento dei flussi di traffico e di clientela che la destinazione commerciale, rispetto alla iniziale destinazione industriale, necessariamente implica (v. TAR Lazio, Sez. II, 19 settembre 2017 n. 9818).
Come già affermato in precedenza (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 10 giugno 2010, n. 1787), il “fondamento degli oneri di urbanizzazione non consiste nell’atto amministrativo in sé, bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime, secondo modalità eque per la comunità (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II – 13/11/2001 n. 3699). Pertanto, anche nel caso della modificazione della destinazione d’uso cui si correla un maggior carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l’imposizione al titolare del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa: il mutamento è rilevante allorquando sussiste un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici, cosicché la circostanza che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non sono soggette a preventiva concessione o autorizzazione sindacale non comporta ipso jure l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione”.
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