In molteplici occasioni[1], la giurisprudenza ha evidenziato un aspetto fondamentale nelle occupazioni di suolo pubblico, ossia la necessità che la P.A., nel valutare la richiesta del privato, pur esercitando una facoltà discrezionale[2], provveda ad un attento bilanciamento fra gli interessi rilevanti, pubblici e privati.
Ad esempio, è stato affermato che la concessione di suolo pubblico “esige sempre e comunque una decisione ponderata in ordine al bilanciamento dell’interesse pubblico con quelli privati eventualmente confliggenti, di cui dare conto nella motivazione, stante il loro carattere discrezionale, con la conseguenza che la P.A., prima di concederla, deve, attraverso apposita istruttoria, effettuare una accurata ricognizione degli interessi coinvolti”[3].
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La sentenza 9 aprile 2024, n. 354, del TAR Marche, sez. II
L’ennesima conferma ci viene offerta dal TAR Marche, sez. II, nella recente sent. 9 aprile 2024, n. 354, nella quale è stato ribadito che l’amministrazione pubblica è tenuta a procedere a detto preventivo bilanciamento, in quanto titolare del potere di programmazione dell’assetto del territorio, nell’esercizio della sua discrezionalità finalizzata ad assicurare un uso razionale del suolo, dal momento che l’esercizio del commercio al dettaglio su suolo pubblico comporta un utilizzo permanente, a fini privati, di spazi pubblici che vengono sottratti all’uso comune.
Tenuto conto della pluralità di interessi pubblici e privati coinvolti, l’amministrazione pubblica, nel disciplinare le modalità le dimensioni, i tempi ed i parametri di tali attività e nel rilascio dei relativi titoli ampliativi è tenuta a valutare ogni eventuale modalità alternativa, e forma di contemperamento ritenuta, di volta in volta, opportuna dal punto di vista viabilistico, urbanistico e architettonico.
Nel caso specifico affrontato dai giudici anconetani, un operatore economico, già titolare in passato di una occupazione di suolo pubblico e destinatario di un finanziamento PNRR, aveva presentato una nuova istanza fino al 31.12.2025, con installazione di un dehors per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, per una superficie complessiva di mq. 25,50, su area ordinariamente destinata alla sosta degli autoveicoli dei residenti in centro storico.
Il Comune, però, nonostante il parere favorevole della Polizia Municipale, ha respinto la richiesta, in quanto l’occupazione avrebbe sottratto due stalli di sosta presenti sulla via interessata del centro storico, con pregiudizio della già precaria possibilità di parcheggio della zona: in sintesi, l’ente ha ritenuto prevalente l’interesse dei pubblici esercizi e dei residenti.
I tre errori commessi dal Comune: violazione principio di proporzionalità, deficit di istruttoria, motivazione insufficiente
I giudici hanno ritenuto illegittima la decisione negativa dell’ente locale sotto molteplici aspetti.
In primo luogo, per violazione del principio di proporzionalità, visto che “non si comprende come la salvaguardia di soli due stalli di sosta possa considerarsi imprescindibile al fine di fronteggiare la problematica generalizzata della congestione del traffico veicolare nel centro storico” del comune.
In secondo luogo, è stata ritenuta anche l’assenza di una adeguata istruttoria volta a valutare le “caratteristiche viabilistiche e di distribuzione delle aree di sosta della zona” come richiesto dal regolamento comunale in materia. Peraltro, il difetto di istruttoria è stato ritenuto sussistente anche dalla circostanza che, già in occasione del rilascio della precedente concessione di suolo pubblico, la Polizia Municipale aveva evidenziato, ad integrazione del parere culminato nel rilascio dell’autorizzazione, che i due posti auto destinati all’occupazione di suolo pubblico del pubblico esercizio in esame sarebbero stati recuperati con delle modifiche della regolamentazione della sosta ivi presente, in quanto uno spazio di sosta riservato ai residenti sarebbe stato istituito nello spazio destinato al carico e allo scarico merci e l’altro in una piazza fuori dall’area pedonale.
Infine, ma certamente non meno importante, secondo i giudici il provvedimento negatorio dell’occupazione, nel denegare la concessione sul presupposto che l’installazione del dehor avrebbe comportato la rinuncia a 2 posti auto, non aveva esplicitato le ragioni di interesse pubblico prevalenti non altrimenti fronteggiabili, rispetto alla posizione soggettiva fatta valere dall’operatore economico richiedente l’occupazione, specie tenuto conto del numero esiguo dei soli due posti auto interessati e sottratti all’uso pubblico, uno dei quali peraltro risulterebbe riservato ai soli residenti e quindi non destinato ad uso pubblico.
In definitiva, il provvedimento negativo non aveva dato sufficiente conto di un’effettiva ed esaustiva comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, dal momento che non si comprendeva per quale ragione l’interesse dell’operatore economico l’esercizio della propria attività imprenditoriale ed al rispetto peraltro degli impegni assunti in sede di finanziamento tramite PNRR doveva essere sacrificato, senza valutare la percorribilità di altre opzioni utili a meglio contemperare gli interessi in gioco.
Consigliamo:
Note
[1] Cfr., ad esempio, TAR Lazio, Roma, sez. II ter, sent. 16 aprile 2020 n. 3994, dove si precisa che la decisione deve essere adottata “previa comparazione della complessa compagine dei contrapposti interessi in gioco”; TAR Molise, sez. I, sent. 14 marzo 2022, n. 74, secondo cui l’ente deve valutare “l’eventuale meritevolezza dell’interesse del privato che richieda di poter utilizzare, a propri fini, il bene pubblico, dovendo essa valutare se l’interesse del soggetto istante possa giustificare la compressione di quello pubblico all’uso indifferenziato del bene”; TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 24 febbraio 2022, n. 550, secondo cui la decisione della P.A. deve “perseguire il bene pubblico in via primaria o comprimaria unitamente alla tutela degli interessi privati coinvolti”.
[2] TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. 12 giugno 2023, n. 1457; TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 24 febbraio 2022, n. 550; TAR Veneto, sez. III, sent. 15 maggio 2019, n. 598.
[3] TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 25 luglio 2017, n. 8934.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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