Circola in questi giorni una certa fibrillazione che fa riferimento ad un’imminente emanazione delle nuove NTC. L’impulso è stato dato da una recente interpellanza parlamentare del 20 gennaio 2016 che testualmente recita “a distanza di oltre un anno dall’approvazione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici della sopra citata bozza di revisione delle norme tecniche per le costruzioni (NTC) […] gli interroganti hanno fondato motivo di ritenere che l’iter previsto per la predisposizione del decreto ministeriale di approvazione delle nuove norme abbia subito un forte rallentamento, anche in considerazione del fatto che per il decreto ministeriale 14 gennaio 2008 l’intesa della Conferenza unificata arrivò a soli cinque mesi dall’approvazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici”.
Rispetto all’interrogazione la risposta () ha individuato le seguenti questioni
– Il Dipartimento della protezione civile, in data 29 settembre 2015, trasmetteva alcune osservazioni.
– Si è reso dunque necessario chiedere al Consiglio superiore dei lavori pubblici di esprimere elementi di valutazione su dette osservazioni.
– Gli stessi […]non vanno a modificare, nella sostanza, i principi informatori del testo su cui si è favorevolmente espressa l’Assemblea generale […] non entrando in contrasto con l’avviso espresso nell’adunanza del 14 novembre 2014, possano essere recepiti nell’ambito del testo normativo.
– In tale stato di cose, i competenti uffici del MIT provvederanno ad attivarsi tempestivamente per definire il concerto delle amministrazioni interessate per poi trasmettere il testo così come concordato alla Conferenza Unificata.
Nella conferenza prevista per oggi (4 febbraio 2016) non vi è traccia di tale tema nell’ordine del giorno, per cui occorre attendere i tempi tecnici di istruttoria delle convocazioni.
Si legge quindi che il DPC non ha richiesto sostanziali modifiche al “testo 2014”, promosso dal prof. Braga.
Per una coincidenza il testo, se fosse emanato quest’anno, riprenderebbe il filone tracciato dal 1975 in avanti, con i vari decreti 1986, 1996, che era saltato a partire dal 2002, come ricordiamo tutti, dopo il tragico evento del Molise, e la veloce emanazione/proroghe della serie di ordinanze 3274 e similari.
Il DM 2008 è stato, a parere dello scrivente, un momento importante rispetto al passato in molti punti. Uno in particolare è la definitiva dichiarazione di sismicità del territorio e il recepimento degli studi di pericolosità sismica svolti dall’INGV, che sono la consolidata base per la definizione dell’input sismico.
Tale aspetto è, probabilmente, unico nel panorama delle norme tecniche e rende giustizia alla capacità scientifica-tecnica dell’Italia e dei suoi scienziati.
La norma ha fissato delle “soglie probabilistiche” per la definizione di vari stati limite e sta diventando, negli ultimi 3-4 anni un riferimento per valutazioni anche in altri contesti in cui gli aspetti probabilistici hanno da sempre avuto una loro collocazione come strumento progettuale. Ossia la prestazione dell’opera è garantita da soglie di non superamento e non solo da regole strettamente prescrittive.
Nelle discussioni che hanno accompagnato il testo 2014, vi erano stati, secondo un personale parere, i sentori della discussione culturale sottesa, che sembra sia proprio incardinata su questi temi.
Certamente sarebbe importante spingere noi tecnici dell’edilizia verso un maggiore approfondimento di tali tematiche, perché garantirebbe una maggiore libertà progettuale, ma il duale di tale aspetto è la necessità di muoversi in uno scenario concertato e riconosciuto a livello giuridico.
A parere dell’autore ciò non è impossibile, dato che esistono testi normativi, non del settore civile, che utilizzano esattamente tale approccio in modo cogente. La prescrizione legislativa si sposta non sulle scelte progettuali ma su “ciò che non deve accadere”, (parafrasando un autorevole docente di Scienza della Costruzioni, di cui lo scrivente fu allievo), con evidenza della probabilità di non superamento per un certo evento.
Tale tema è, sotto il profilo tecnico, di estrema importanza.
Si ritiene tuttavia difficile perseguirlo in tempi brevi e si concorda con un testo di base tendenzialmente prescrittiva, al fine di diffondere in modo capillare e uniforme tali concetti e le procedure sottese. Pertanto ben vengano le nuove NTC con “testo Braga”.
Nel probabile testo (per restare in tema!) vi sono anche delle interessanti novità per i progettisti delle strutture in c.a. che a parere dell’autore aprono una serie di libertà di scelta progettuale; anche per le costruzioni in legno probabilmente verrà allineato maggiormente il contesto a quello Eurocodici non penalizzando eccessivamente rispetto ad essi il materiale “per produzioni continuative”, con la stessa logica usata nel mondo del prefabbricato in c.a..
Un altro tema di interesse e che andrebbe approfondito in modo specifico in alcuni contesti sensibili è quello delle azioni eccezionali, che implementerà delle indicazioni preliminari che andrebbero, si ripete, approfondite e poste come base progettuale strutturale in alcune tipologie di opere. Questo è anche un altro canale che, acquisito da parte del progettista e del committente, con mentalità prestazionale e non prescrittiva, consente un giusti livello di concorrenza tra professionisti, garantendo anche gli utenti, o consumatori che dir si voglia, nelle scelte di mercato.
Tornando alla base prescrittiva, che si è già detto di essere in questo momento storico, condivisa anzi imprescindibile denominatore comune, è giusto che essa rivesta proprio tale ruolo, ossia di base comune di discussione, soprattutto per il disordine generato dalla deregolamentazione imposta ex lege alle professioni tecniche in termini di gestione delle risorse.
Non si vuole qui ulteriormente riproporre il tema della tariffa professionale e delle questioni legate al decoro che considerati i motivi, ineccepibili sotto il profilo legislativo, espressi dall’AGCM (nota IC34 del 2009) risultano anacronistici e, sostanzialmente, avallano le contestazioni giurisprudenziali posti come base dall’autorità stessa. È opinione dell’autore invece che valga la pena ricordarne anche altri di principi e, con opportuna cornice giuridica implementarli.
L’AGCM, tra le altre cose, auspica “che gli ordini, in coerenza con la loro missione di enti preposti a garantire la qualità dei servizi professionali, abbandonino l’attitudine a regolare le attività di tipo economico dei propri iscritti” (imposto dalla normativa) ma anche che dovrebbero “indirizzare la propria attività regolatoria principale verso la promozione della qualità delle prestazioni professionali, mediante, ad esempio, la formazione continua e l’adozione di best practice, a vantaggio non solo degli utenti ma degli stessi professionisti” e della “predisposizione di standard minimi di qualità” (si vedano ad esempio le linee guida dei geologi della Regione Piemonte e dei geologi della Regione Calabria).
Se si pensa ad un rilettura “customer-oriented” della professione sarebbe interessante ribaltare la prospettiva e individuare degli intervalli di compensi che, su base prestazionale-qualitativa e coerente con l’indicazione della best-practice invocata dall’AGCM, possano costituire un riferimento per garantire non già il professionista dall’utente ma l’utente dal professionista incauto che, non ottemperando al suo ruolo sociale e quello degli atti da egli prodotti, esercita illecita concorrenza a danno, prima di tutto dell’incauto/ignaro utente e poi della categoria. In questo contesto potrebbe essere resa obbligatoria l’azione d’ufficio dell’ordine professionale che deve sanzionare l’associato.
In estrema sostanza l’ordine dovrebbe essere il garante della prestazione lasciando una base prescrittiva su essa. Esattamente il medesimo principio che è utile sancire, almeno per ora, con le (speriamo) prossime nuove norme tecniche 2016
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