La realizzazione di un dipinto murale non può essere considerata una mera attività di manutenzione ordinaria[1] ma rientra nel novero degli interventi di manutenzione straordinaria[2]: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 7 febbraio 2023, n. 1289.
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Secondo i giudici di Palazzo Spada, “pare evidente che la realizzazione di un dipinto murale (che è poi l’espressione con la quale è preferibile tradurre la parola ispanica “murales”, che ha fatto il suo ingresso nella nostra lingua all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso e che viene gergalmente assunta anche con riferimento al singolo dipinto, ma che è più propriamente indirizzabile al solo “plurale”) sulla facciata di un palazzo costituisce obiettivamente una trasformazione di detta facciata”. Ciò significa, in altri termini, che il dipinto murale ha carattere innovativo, non potendo essere qualificato alla stregua di una semplice attività manutentiva rientrante nell’attività edilizia libera, come intende sostenere il condominio appellante.
Ed infatti, il punto 2 dell’allegato al DM 2 marzo 2018[3] riconduce a questa categoria solo la tinteggiatura finalizzata a ripristinare la colorazione preesistente (testualmente, con riferimento all’opera “Rifacimento, riparazione, tinteggiatura (comprese le opere correlate)” e all’elemento “Intonaco interno e esterno”: ne consegue che, qualora l’intervento vada oltre il semplice ripristino o rinnovamento dell’aspetto originario della facciata dell’edificio (o delle pareti dello stesso) e si proponga di reimpostare il significato dell’aspetto esterno dell’edificio, non si rimane nell’alveo della c.d. edilizia libera.
Neppure il rinnovamento dell’aspetto originario della facciata di un edificio, peraltro attraverso un dipinto murale che è destinato a caratterizzare innovativamente la facciata stessa in modo immediatamente ed evidentemente percepibile alla vista comune può ricadere nella disciplina della manutenzione ordinaria, che riguarda sì gli interventi di rivestimento e tinteggiatura, ma “senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori”. Ed infatti, sono interventi di manutenzione ordinaria quelli che servono a riparare, ristrutturare e sostituire le finiture esterne degli edifici senza modificare i caratteri originari, come il colore e i materiali: tra questi ci sono, ad esempio, il ripristino della tinteggiatura[4], degli intonaci e dei rivestimenti delle facciate e la pulitura delle facciate, ma non certo la innovazione dell’aspetto esteriore della facciata o della parete di un edificio attraverso l’occupazione della stessa con un dipinto murale, che non costituisce manutenzione ordinaria ma “straordinaria”.
Ed infatti, per le opere esterne, costituiscono interventi di manutenzione straordinaria quelli che non ripropongono gli aspetti preesistenti, oppure comportano modifiche delle caratteristiche, posizioni, forme e colori di quelle preesistenti.
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Murales in facciata, serve titolo edilizio
La qualificazione dell’intervento in termini di manutenzione straordinaria ha un’importanza notevole ai fini dell’individuazione del titolo edilizio necessario: mentre un intervento di manutenzione ordinaria è liberamente eseguibile, quello di manutenzione straordinaria richiede un titolo edilizio vero e proprio. Ma quale?
Si potrebbe ritenere sufficiente una CILA ex art. 6-bis del Testo Unico Edilizia, considerato il carattere residuale di tale tipologia di comunicazione (sebbene nel caso specifico valutato dai giudici non sia stata ritenuta utile allo scopo, perché priva dell’autorizzazione della Soprintendenza). La SCIA, almeno prima facie, sembrerebbe una soluzione eccessiva, visto che l’art. 22, comma 1, lett. c) del Testo Unico Edilizia riserva tale segnalazione agli interventi di manutenzione straordinaria che incidono sulle parti strutturali dell’edificio (cosa che non avviene nel caso dei murales) ovvero sui prospetti: ora, se il concetto di prospetto deve essere inteso non solo quale proiezione geometrica dell’edificio ma anche sotto l’aspetto decorativo-ornamentale, allora forse si potrebbe individuare un appiglio normativo per ritenere corretta la soluzione della SCIA.
A prescindere, comunque, dal titolo, è innegabile che sarà necessario rispettare tutte le normative applicabili, contenute nelle diverse fonti rilevanti: strumenti urbanistici, regolamenti comunali, Codice dei beni culturali e del paesaggio.
I giudici si sono anche soffermati sul carattere di reversibilità del dipinto murale, che è destinato a permanere nel tempo secondo la volontà del realizzatore o del proprietario dell’immobile, il quale deciderà se e quando rimuoverlo, pur sempre chiedendo preventivamente il rilascio del titolo abilitativo necessario alla trasformazione (anche solo visiva) del territorio, sia per la realizzazione che per la rimozione dell’opera stessa.
Ne consegue che la realizzazione di un dipinto murale a carattere decorativo assume le medesime caratteristiche della realizzazione di un intervento edilizio, diversificandosene, semmai, in ragione della complessità dell’eventuale rimozione, ma tale aspetto materiale non incide sulla qualificazione giuridica dell’opera come “irreversibile”, in quanto la “reversibilità” dell’opera non assume rilievo obiettivo ma soggettivo, essendo condizionata dalla volontà del soggetto realizzatore o del proprietario dell’edificio sul quale è stata eseguita.
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
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[1] Art. 3, comma 1, lett. a), del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001): “sono “interventi di manutenzione ordinaria”, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”.
[2] Art. 3, comma 1, lett. b, del Testo Unico Edilizia: sono ““interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
[3] Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recante “Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222”.
[4] “La tinteggiatura della facciata esterna di un edificio rientra nella definizione degli interventi di manutenzione ordinaria”: TAR Molise, sent. 27 dicembre 2012, n. 786.
Immagine: iStock/South_agency
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