È quello che origina la comparsa dei quadri fessurativi, da distinguersi dal genere di manifestazioni legate ad alterazioni chimico-fisiche dei materiali. I quadri fessurativi che esamineremo nel seguito sono la conseguenza di particolari stati tensionali degli elementi, dovuti a sollecitazioni esterne o ad autotensioni.
Le problematiche del cemento armato che si innescano e avanzano localmente nel solido, sia quando si tratti di degrado da esposizione sia quando si tratti di degrado da invecchiamento fisiologico o patologico, sebbene inducano un indebolimento delle caratteristiche meccaniche a livello locale, non sempre causano nell’intero corpo un peggioramento delle capacità prestazionali globali, o, per lo meno, non a breve termine.
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Perché il fenomeno di fessurazione costituisce una parte prioritaria nello studio dell’esistente?
Grazie alla caratteristica dei corpi solidi di riequilibrarsi, esiste una migrazione degli sforzi legata alle sole condizioni statiche. Si pensi, ad esempio, a un elemento portante verticale, come una pila da ponte o un pilastro, e si consideri la presenza di uno dei fenomeni quale il degrado per attacco chimico oppure un deterioramento per cicli di gelo e disgelo.
L’avanzamento del degrado procede verso l’interno del pilastro dalle facce esterne, con velocità che varieranno in dipendenza dell’aggressività ambientale. Questo determinerà la perdita di consistenza della parte deteriorata e, con essa, la progressiva riduzione della sezione resistente di una percentuale funzione della intensità del fenomeno.
In termini di sforzi globali ciò si tradurrà in un riequilibrio del flusso delle tensioni che migreranno verso il nucleo centrale, concentrandosi in zona ancora efficace. Con il progredire nel tempo la sezione efficace verrà via via ridotta, fino a quando lo stato tensionale agente non diventerà tale da superare la resistenza offerta. In un elemento degradato tale dinamica di compensazione ha una soglia limite che è rappresentata dal passaggio da una “regione” di comportamento ancora idoneo (efficacia della sezione) a una “regione” di comportamento non più idoneo (rottura della sezione). Questo passaggio viene marcato dall’insorgenza della fessurazione. Superati infatti i limiti di resistenza dovuti ai nuovi assetti tensionali, l’elemento si lesiona. A questo punto potrà ritenersi avviata la compromissione della sua capacità portante (Fig.1).
È questo il motivo per il quale l’analisi del fenomeno di fessurazione deve costituire una parte prioritaria nello studio dell’esistente: non tutti i fenomeni di degrado, per quanto siano sempre indice di patologia da rimuovere, interferiscono in tempi rapidi con la statica degli elementi tramutandosi in un rischio imminente per la stabilità delle strutture. Peraltro, se è vero che le fessurazioni che si innescano per l’effetto dell’entrata in funzione della struttura, qualora contenute in determinati limiti, possono ritenersi fisiologiche, non va mai sottovalutato che l’instaurarsi di un quadro fessurativo segnala sempre l’insorgenza di una sofferenza statica. Una corretta interpretazione della fenomenologia in atto consente di formulare la giusta diagnosi risalendo alle cause che l’hanno determinata.
Ciò che caratterizza i quadri fessurativi legati a meccanismi di sollecitazione globale è che questi non appaiono mai caotici, ma risultano sempre riconducibili a forme e orientamenti facilmente riconoscibili, tenendo sempre ben chiaro che le interpretazioni dei comportamenti strutturali non si esauriscono mai con valutazioni tecniche di tipo puro, per quanto corrette, ma richiedono un approccio che inquadri tutte le componenti che hanno interferito con la vita della struttura dagli usi, abusi, incidenti, collocazioni storiche, ecc.
Quale suggerimento è utile prendere in considerazione?
Vale la pena sottolineare che lo studio dei quadri fessurativi non va svolto solo sugli elementi strutturali ma, in modo altrettanto rigoroso, anche sugli elementi secondari e di completamento delle strutture per la funzione di sentinelle che questi assumono. Capita, invece, ancora troppo spesso, di notare che durante il rilievo di lesioni non ci si soffermi adeguatamente su quelle di un intonaco o su quelle dei tramezzi in quanto, nella pratica comune, siamo abituati a pensare che non costituiscano un rischio generale.
Tale sottovalutazione diventa sempre meno accettabile soprattutto se si considera che negli ultimi anni le recenti normative sulle costruzioni trattano adeguatamente anche il comportamento meccanico degli elementi di completamento delle strutture giacché l’effetto di una loro precarietà potrebbe avere conseguenze altrettanto gravi quanto la compromissione di un elemento portante.
Ma a parte ciò, va ricordato che il fenomeno di fessurazione sugli elementi non strutturali, contrariamente all’attenzione che spesso riscontra, risulta sempre particolarmente significativo per la deduzione di una diagnosi. Qualunque elemento solido, infatti, prima di fessurarsi subisce deformazioni che sono più o meno accentuate a seconda delle caratteristiche di elasticità dello stesso.
Quando, a causa di un fenomeno perturbativo, le deformazioni della struttura si trasferiscono agli elementi non strutturali, gli stessi, per la ridotta resistenza e duttilità, si fessurano ai primi stadi di deformazione. Rilevare su di essi rotture e deformazioni permette di comprendere il tipo di risposta della struttura in modo molto anticipato rispetto a sue eventuali compromissioni statiche. Per questo motivo non si trascuri, ad esempio, la presenza di un intonaco che “disegna” una fessurazione a taglio su una trave se poi la stessa fessurazione non viene riscontrata sul calcestruzzo messo a nudo. Venga raccolta, invece, molto prudentemente tra i dati della diagnosi.
In Fig.2 si riporta il caso di una trave a ginocchio il cui intonaco presenta lesioni associabili a un meccanismo di torsione (delle quali si dirà più avanti) dovuto all’effetto dello sbalzo della rampa scale. In corrispondenza delle lesioni sono stati realizzati saggi per la messa a nudo della trave. Si è appurato, così, che il quadro fessurativo rilevato interessava solo lo strato di intonaco e non si spingeva fino alla trave. Questa, infatti, riusciva ad assorbire la deformazione a torsione senza lesionarsi, al contrario dell’intonaco sovrastante, di resistenza ed elasticità quasi trascurabili.
Un caso analogo a quello della Fig.2 riguarda il pilastro in Fig.3. Il quadro fessurativo ivi riportato è posto in corrispondenza di un pilastro appartenente a un fabbricato multipiano, con importanti cedimenti fondali. La sede del pilastro è posta all’interno delle delimitazioni in rosso, da ciò si deduce che la lesione di intonaco è situata proprio in corrispondenza del fusto del pilastro. Rimosso l’intonaco (Fig.4), invece, si è riscontrata l’integrità del calcestruzzo che, sotto l’effetto di cedimenti in continua evoluzione, si è fessurato solo a distanza di qualche anno da quando fu effettuato il saggio riportato in foto.
Il testo è di Matteo Felitti e Lucia Rosaria Mecca.
Articolo originariamente pubblicato su Ingegneri.cc
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