Nessuna lesione del diritto può essere fondatamente prospettata, pertanto, per l’uso della cosa comune da parte di un altro partecipante, salvo che sia stata alterata la destinazione della cosa comune o sia stato impedito agli altri di farne uso.
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La nozione di pari uso della cosa comune cui fa riferimento l’art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà.
Del resto, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.
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Alla luce di questi principi è possibile affermare che il singolo condominio può interrare nel cortile comune cavi e i tubi necessari per dotare il suo appartamento di nuovi impianti tecnologici? La questione è stata affrontata dalla Cassazione nella recente sentenza 29621/22.
Nuovi impianti tecnologici nelle abitazioni e interramento cavi e tubi nel cortile comune: la vicenda
Una società condomina ristrutturava i suoi locali commerciali e ne ricavava cinque unità abitative. L’allacciamento degli impianti di acqua, luce, gas, citofono, antenna TV e fognature dei cinque “loft” implicava lo scavo del cortile interno condominiale e l’interramento di cavi e tubazioni.
Il condominio però non voleva autorizzare tale operazione; tuttavia, all’esito di un preventivo procedimento ex art. 700 c.p.c, gli scavi venivano autorizzati dal giudice; successivamente la detta società citava davanti al Tribunale lo stesso condominio al fine di sentirlo condannare al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo rifiuto di autorizzare l’utilizzo delle parti comuni per le opere sopra dette.
L’attrice sosteneva che il ritardo nell’esecuzione dei lavori di allacciamento agli impianti aveva comportato la perdita di concreta possibilità di vendita dei singoli immobili; richiedeva, in alternativa, il risarcimento del danno derivante dalla perdita di importi corrispondenti a canoni di locazione asseritamente non percepiti nel periodo 2007/2009 a causa della condotta dei condomini.
Secondo il Tribunale la creazione delle nuove unità immobiliari richiedeva la realizzazione di nuove condutture con scavo nel cortile comune, il quale veniva così gravato dal passaggio di nuove linee prima inesistenti. Di conseguenza rigettava la domanda dell’attrice, condannandola alla rimozione di tutti gli allacciamenti agli impianti ed ai servizi condominiali creati a vantaggio delle unità immobiliari di proprietà della stessa società.
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La Corte di appello riformava la sentenza di primo grado e affermava che la società condomina, a tutti gli effetti, aveva il diritto di utilizzare la cosa comune (il cortile e il sottosuolo) per posizionarvi le condutture necessarie ai collegamenti degli immobili di sua proprietà. Precisava inoltre la Corte, che la consistenza dell’intervento edilizio avrebbe potuto al più costituire motivo di revisione delle tabelle di ripartizione delle spese relative ai nuovi impianti a servizio dei loft, questione che tuttavia non rientrava nell’oggetto della controversia. In ogni caso i giudici di secondo grado ritenevano che la società non avesse fornito alcuna prova dei danni.
La decisione della Cassazione (sentenza 11 ottobre 2022 n. 29621)
I giudici supremi hanno ricordato che il comproprietario di un cortile può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l’allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all’art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l’analogo uso degli altri comunisti (Cass. civ., sez. II, 22/09/2015, n. 18661).
D’altro canto, in ambito condominiale, l’allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per sé una modifica della stessa, perché una rete di servizi – sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo – è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze; sicché è onere del condominio, che ne voglia negare l’autorizzazione, dimostrare che – nel caso particolare – l’allaccio di nuove utenze incida nella funzionalità dell’impianto, non potendo – peraltro – opporre che il divieto all’allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare (Cass. civ., sez. II, 17/10/2007, n. 21832).
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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Immagine: iStock/U. J. Alexander
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