La posa in opera di un impianto di trattamento di acque di prima pioggia prodotte da un’attività economica è una mera opera di manutenzione straordinaria? Oppure si tratta di opera di urbanizzazione?
È questo il quesito affrontato dal TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, nella sent. 2 gennaio 2025, n. 52, che ora analizziamo.
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Indice
Suggeriamo:
Prontuario generale dell’edilizia
Il Prontuario generale dell’edilizia è un vero vademecum della complessa e articolata materia delle costruzioni edilizie. Analizza tutte le maggiori opere di edilizia residenziale e non residenziale, comprese le varie procedure necessarie alla realizzazione degli interventi, codificate da schede operative di facile consultazione. Il Prontuario è aggiornato alla legge 24 luglio 2024, n. 105, recante conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”. Il volume è organizzato per argomenti, mediante schede operative, all’interno delle quali sono trattate tutte le indicazioni e le informazioni utili alla gestione procedurale di ciascuna attività, al fine di porre il tecni- co nella condizione di poter disporre delle migliori indicazioni necessarie a garantire la completa copertura delle problematiche che sarà chiamato ad affrontare nell’assolvi- mento del suo incarico. Le schede operative di ogni singolo intervento edilizio riportano: • Descrizione dell’intervento (dettagliata nei particolari basilari); • Scheda tecnica (titolo edilizio occorrente, vincoli e quant’altro necessario);• Legislazione di riferimento (relativa all’intervento da realizzare);• Giurisprudenza (massimata relativa alle opere di intervento);• Allegati essenziali (necessari per la richiesta, la realizzazione e il suo utilizzo).Mario Di NicolaArchitetto, ha operato negli Uffici Tecnici di Ente Locale, nei settori Edilizia e Urbanistica; ha redatto numerosi piani urbanistici e progetti di opere pubbliche. È, altresì, noto autore di molteplici pubblicazioni in materia.
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La questione
Nel caso specifico, detto impianto di trattamento di acque di prima pioggia:
- era composto da vasche prefabbricate,
- risultava completamente interrato,
- era composto dai seguenti elementi: un pozzetto scolmatore, un serbatoio di accumulo della capacità utile di circa 1,50 m3, un disoleatore con filtro a coalescenza, un pozzetto di ispezione fiscale,
- si accompagnava a lavori di raccordo delle tubazioni in entrata ed in uscita dall’impianto di depurazione.
La risposta è importante perché, in base alla corretta qualificazione dell’opera, si dovrà individuare il correlato titolo edilizio necessario: ad esempio, come sostenuto dall’interessato negli scritti difensivi (tramite dichiarazione del proprio tecnico di fiducia), se fossimo dinanzi ad un’ipotesi di manutenzione straordinaria, sarebbe sufficiente una CILA.
La corretta qualificazione edilizia dell’intervento
Secondo l’ufficio tecnico comunale, non poteva parlarsi di mera opera di manutenzione straordinaria [1] subordinata ad una CILA. Ed infatti, un impianto di trattamento delle acque di prima pioggia ha a che fare con lo smaltimento ed il corretto convogliamento delle acque – da realizzare al di fuori della sagoma dell’edificio o degli edifici esistenti (senza fare alcuna distinzione tra quelli adibiti ad usi civili o industriali) – ed afferisce più propriamente a quelle che il legislatore, all’art. 3, comma 1, lett. e), punto e.2[2], del Testo Unico Edilizia[3] identifica come “interventi di urbanizzazione primaria” a servizio di un edificio e/o di un impianto/attività.
Invero, per la consistenza e qualità delle opere, queste ultime non possono ricondursi alla manutenzione straordinaria di un impianto già esistente, la quale – pur consentendo l’inserimento di elementi nuovi – presuppone il permanere (anche ampliandola) di quella medesima utilità che già l’impiantistica originaria consentiva all’edificio cui è asservito l’impianto; mentre l’infrastrutturazione di un edificio o di un impianto produttivo presuppone funzionalmente l’ampliamento delle utilità edilizie o produttive esistenti o da realizzarsi, con la creazione delle relative reti di servizio che, precedentemente, o non esistevano oppure erano dimensionate su standard minori.
In altri termini, per distinguere se la posa in opera di un impianto (come quello di smaltimento di acque di pioggia) a servizio di un opera edilizia (edificio o struttura produttiva) debba essere ricondotta e qualificata alla stregua di un intervento di manutenzione straordinaria oppure ad un intervento di infrastrutturazione (che richiede il permesso di costruire in quanto intervento ex novo di trasformazione dell’area), deve aversi riguardo alla funzione che esso assolve rispetto all’edificio o area cui è servente:
- se viene mantenuta (o resa più efficiente) una funzione già esistente (di servizio, come nel caso di specie, di smaltimento delle acque piovane), si è in presenza di manutenzione straordinaria;
- mentre, laddove l’elemento impiantistico modifica –ampliandola – o rende possibile per la prima volta la funzione cui è preordinato (ad esempio, perché consente di convogliare nel suo recapito la regimazione delle acque bianche, che precedentemente venivano disperse, come sembra doversi ritenere nella odierna fattispecie), si sarà in presenza di un impianto di infrastrutturazione soggetto a permesso di costruire.
L’inefficacia della CILA
La natura dell’opera ed il titolo che la stessa richiede (permesso di costruire) comporta che la CILA non possa produrre alcun effetto, incluso quello relativo all’inizio del decorso dei termini fissati per provvedere: l’orientamento è fermo nel ritenere che in assenza (o di completezza documentale o) di idoneità del titolo rispetto alla disciplina urbanistica di riferimento, l’efficacia della SCIA (o della CILA) non si consolida, ben essendo possibile esercitare i poteri di autotutela anche successivamente al decorso dei termini di dodici mesi dalla sua presentazione[4].
Su tale aspetto, ricordiamo che, recentemente il TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, nella sent. 3 gennaio 2025, n. 7, è stato ribadito che “Sebbene la CILA di cui alla novella legge n. 73/2010 sia istituto intermedio tra l’attività edilizia libera (art. 6 T.U. edilizia) e la SCIA (Consiglio di Stato parere n. 1784 del 4 agosto 2016) e che a differenza da quest’ultima l’ordinamento non contempla (vedi art. 19 L.241/90) poteri inibitori, conformativi e ripristinatori, ciò non toglie che allorquando l’intervento oggetto di CILA sia in contrasto con la disciplina urbanistica vigente e/o soggetto ad altri titoli abilitativi (permesso a costruire o SCIA) l’Amministrazione è titolare del potere repressivo e ripristinatorio di cui al D.p.r. n. 380/2001 (ex multis Consiglio di Stato sez. II, 22 aprile 2024, n. 3645). Infatti, l’utilizzo di uno strumento di liberalizzazione come la CILA per interventi che richiedono un titolo diverso, in particolare il permesso di costruire, lo rende “tamquam non esset”, di conseguenza l’attività realizzata sulla sua base configura un abuso edilizio (ancora Consiglio di Stato sez. II, 22 aprile 2024, n. 3645)”.
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Note
[1] Art. 3, comma 1, lett. b), secondo cui sono “interventi di manutenzione straordinaria”, “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
[2] “e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;”.
[3] DPR n. 380/2001.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 7 aprile 2021, n. 2799; TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 26 novembre 2022, n. 15822; sent. 13 marzo 2023, nr. 4419; sent. 4 luglio 2024, n. 13559.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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