Il Governo Monti è intervenuta nei giorni scorsi sulla vicenda dell’Ilva di Taranto. Nella riunione di venerdì scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge per consentire l’avvio immediato delle bonifiche nelle aree inquinate nel sito con lo sblocco di 336 milioni di euro. Sono state individuate misure che, attraverso la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, rendono rapidamente spendibili le risorse previste dal Protocollo d’intesa del 26 luglio.
Nella stessa giornata il CIPE ha deliberato, tra gli interventi di manutenzione straordinaria del territorio, misure per il risanamento ambientale e la riqualificazione di Taranto, in particolare del quartiere di Tamburi.
Come ha sottolineato il Ministero della salute, il sito di Taranto è stato incluso nel Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), finanziato dal Ministero della salute e condotto sotto il coordinamento dell’Istituto superiore di sanità, Dipartimento ambiente e prevenzione primaria. Nel 2009, in proposito, il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie ha finanziato un ulteriore progetto, avviato nel 2010 ed ancora in corso, relativo alla “Sorveglianza epidemiologica di popolazioni residenti in prossimità di siti contaminati”, coordinato dall’Istituto superiore di sanità.
A Taranto il Tribunale del Riesame ha respinto l’eccezione sollevata dalla Procura in udienza con la quale si chiedeva ai giudici di decidere esclusivamente sui ricorsi riguardanti gli arresti di otto dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva.
Si è deciso invece di aggiornare l’udienza alla ripresa dell’attività giudiziaria (dopo il 15 settembre) sul ricorso presentato dall’Ilva contro il sequestro di sei impianti dell’area a caldo.
Durante questa breve sospensione il collegio difensivo potrà esaminare i documenti della Procura, tra i quali anche alcuni accertamenti eseguiti dai tre custodi nominati dal gip Patrizia Todisco per lo spegnimento degli impianti sequestrati.
“Per fermare l’inquinamento del suolo e delle falde è importante il provvedimento urgente di cui ha parlato il ministro Clini, ma per rispondere alle contestazioni della magistratura bisogna contrastare anche le emissioni che l’impianto continua a produrre. E questo sarà possibile solo con una nuova Autorizzazione integrata ambientale che il Ministero dell’ambiente dovrà concedere urgentemente, in poche settimane, per obbligare l’azienda a fare interventi sugli impianti da realizzare con un rigido e rapido crono programma”. Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, ha commentato le dichiarazioni del ministro Clini a margine dell’incontro con gli enti locali pugliesi.
Ben venga quindi, il provvedimento urgente per rendere subito operativo il protocollo sulle bonifiche del 26 luglio scorso, ma questo servirà a ridurre l’inquinamento industriale del passato (rinvenuto appunto nelle falde, in mare, nel suolo e nel sottosuolo di uno dei 57 siti più inquinati d’Italia, nell’ambito del Programma nazionale di bonifica), ma per risanare efficacemente l’ambiente tarantino, bisogna fermare l’inquinamento attuale attraverso una nuova Aia, estremamente rigorosa nelle prescrizioni e nel piano di monitoraggio e di controllo (che devono essere coerenti tra loro, diversamente da quanto previsto nella sciagurata Aia concessa dal Ministro Prestigiacomo), per fronteggiare l’emergenza emersa dal meticoloso lavoro della magistratura.
“Quanto successo stamane nella città di Taranto, dove un gruppo di manifestanti ha impedito il regolare svolgimento della manifestazione organizzata dai sindacati, non aiuta a ricomporre le ragioni del lavoro, della salute e dell’ambiente né a superare le nefaste contrapposizioni che hanno troppo spesso caratterizzato il dibattito in questa città – ha aggiunto Cogliati Dezza -.
Solo un fronte comune del mondo del lavoro e della città potrà infatti, imporre all’azienda gli interventi necessari a produrre l’acciaio in modo pulito e permettere così di sanare, una volta per tutte, la ferita profonda causata dall’Ilva”.
“La dichiarazione del presidente dell’Ilva Ferrante in merito alla rinuncia al ricorso contro la riapertura dell’Aia – conclude Cogliati Dezza -, ci sembra un primo passo positivo. Ci auguriamo che non si tratti, però, dell’ennesima manovra dilatoria e attendiamo quindi, che alle parole distensive seguano i fatti e i provvedimenti concreti sull’impianto”.
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