Il silenzio-rigetto della p.a. e l’art. 10-bis della legge 241/1990

Paola Minetti 19/03/12

Anche la Corte di Cassazione, in sede penale, si occupa del procedimento amministrativo edilizio!

E lo fa ricordando che le disposizioni della legge 241/1990 sono date a tutela di tutti i cittadini e nel rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni che sono appannaggio della legge dello Stato e sua potestà legislativa in via esclusiva (come ricorda l’articolo 117 della Costituzione nella nuova versione dopo la LC 3/2001).

La legge in questione, ricordano i Giudici supremi, si colloca temporalmente tra la disposizione che regolò, per prima, la materia edilizia, ossia la legge 47/85, e il DPR 380/2001. Ma, vogliamo ricordarlo, la modifica di cui si occupa la Cassazione con la propria sentenza 6670 del 2012, ossia l’introduzione dell’articolo 10 bis  ,(preavviso dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, chiamata, anche, comunemente, preavviso di rigetto) secondo cui la Pubblica Amministrazione deve, prima di concludere un provvedimento in maniera negativa,  è stata introdotta successivamente all’entrata in vigore del testo unico; infatti è stata apportata dalla legge 15/2005, che ha inciso su molte parti della normativa (accesso, invalidità degli atti, partecipazione) innovandone lo spirito e la forma.

La ratio che sottende la disposizione di cui si parla è quella di estendere ai privati le garanzie di partecipazione al procedimento non solo in fase istruttoria, con la produzione di documenti, ma anche nella fase successiva, predecisoria, in cui l’amministrazione si è già formata una propria volontà.

In tale fase è possibile produrre memorie ed osservazioni che concorrano a determinare una diversa volontà amministrativa chiarendo punti, magari, non considerati o valutando in altro modo quelli acquisiti. Si tratta di mettere in atto una volontà di deflazione del contenzioso dando l’opportunità, al cittadino, di far valere le proprie ragioni prima che si arrivi al provvedimento finale che può solo essere impugnato di fronte al Tar.

Occorre valutare se si tratti di una norma di portata generale, ma allora ci si deve domandare se si debba sempre e comunque applicare oppure se vi sia una normativa speciale, di settore, magari in vigore prima della sua introduzione, che possa esserne esente.

Il fatto che la partecipazione e il diritto sotteso alla stessa, sia un elemento fondamentale e un principio fissato dalla legge 241/90 porta a pensare che tale diritto non si possa modificare, estinguere o non rispettare solo perché le stesse disposizioni non sono inserite nella normativa speciale. Lo jus superveniens deve essere armonizzato con le normative esistenti; nel caso nostro questa norma generale è di carattere trasversale e deve essere rispettata perché attiene ai livelli essenziali delle prestazioni, la cui disciplina attiene allo Stato. Non si può cambiare in virtù di norme specifiche e queste norme specifiche non possono derogare alla legge generale.

Gli stessi Giudici Amministrativi non hanno dubbi su ciò e ritengono, ogni volta che sono investiti della questione, doveroso annullare, senza ombra di dubbio, il provvedimento finale negativo che non sia stato preceduto dalla comunicazione ai sensi dell’articolo 10 bis. Sempre in omaggio a quel diritto di partecipazione al procedimento amministrativo che non è diverso se la materia del procedimento sia edilizia, urbanistica, commerciale, ambientale o di altro tipo.

È un procedimento amministrativo e ogni altra qualificazione non è necessaria né sufficiente a cambiarne le modalità a meno che il legislatore stesso non lo dica in maniera espressa.

Altro discorso, invece, si deve affrontare quando l’amministrazione risponda “picche” senza farlo in maniera espressa ma rimanendo silenziosa e nel caso in cui questo silenzio sia, per legge, significativo.

Nel caso di specie l’amministrazione non ha risposto ad una richiesta di accertamento di conformità e, trascorsi i termini procedimentali per rispondere senza che ciò sia fatto, la richiesta si intende rigettata.

In questi casi non è necessario dare una comunicazione dei motivi ostativi che conducono ad una decisione negativa; ma la ragione non è l’esonero dal rispetto delle disposizioni della legge 241/90 bensì il fatto che l’amministrazione investita della richiesta non ha seguito il giusto procedimento, restando in silenzio: il silenzio rigetto si forma anche se non sia stato comunicato, preventivamente, il “10 bis”.

Paola Minetti

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