Come è noto, secondo la giurisprudenza[1], per “gazebo” si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili.
Nel rispetto di tali caratteristiche, il gazebo non richiede un titolo edilizio, come nel caso di una struttura precaria dotata di quattro rotelle dalle modeste dimensioni (4,00 x 4,80 ed h. m.2,50), non ancorata al suolo, priva di base, aperta su tutti i lati e funzionale a soddisfare esigenze non permanenti nel tempo (in quanto utilizzato negli anni solo durante l’estate e poi smontato), non idoneo ad alterare lo stato dei luoghi con un incremento del carico urbanistico[2].
Il glossario delle opere libere, di cui al D.M. del 2.3.2018 prevede, altresì, che il gazebo realizzabile senza titoli edificatori debba essere di limitate dimensioni e non stabilmente ancorato al suolo.
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Indice
Suggeriamo:
Gli interventi edilizi per opere precarie e gli arredi da esterni
Utilizzare al meglio gli spazi esterni è una legittima aspirazione di ogni proprietario e, normalmente, ciò avviene tramite l’installazione di strutture leggere idonee allo scopo: pergolati, tettoie, gazebo ed altri elementi di arredo. Ma quanti si domandano, prima di procedere, se sia necessario o meno premunirsi di un idoneo titolo abilitativo? La presente guida, aggiornata con le ultime novità normative (da ultimo la Legge n. 105/2024, c.d. SALVA CASA) e giurisprudenziali, si pone lo scopo di fornire la definizione delle diverse tipologie di installazioni possibili negli spazi esterni e di individuare il relativo titolo edilizio necessario alla luce della giurisprudenza più recente e del dato normativo: solo così, infatti, sarà possibile evitare errori e conseguenti sanzioni. Lo stile agile e veloce, l’utilizzo di un linguaggio chiaro, unitamente alle immagini e alla rassegna della casistica più interessante rappresentano le caratteristiche del presente volume, utile per professionisti e operatori del diritto, oltreché per tutti coloro che hanno la legittima aspirazione di migliorare i propri spazi esterni. La presente edizione contiene anche una trattazione degli interventi in regime di edilizia libera nelle regioni italiane a statuto ordinario e in quelle a statuto speciale, ivi comprese le Province Autonome di Trento e Bolzano. Mario Petrulli,Avvocato, esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; collabora con siti giuridici (tra i quali www.ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore. Titolare dello Studio legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
Mario Petrulli | Maggioli Editore 2024
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Struttura chiusa da vetrate panoramiche: non è un gazebo liberamente installabile
Non rientra nella nozione di gazebo, invece, una struttura in legno coperta con tetto a padiglione e completamente chiusa da vetrate panoramiche (VEPA), bullonata a delle piastre in acciaio saldamente ancorate al suolo, per una superficie di circa 23 mq., con una altezza alla gronda di circa 2.60 mt.: è quanto affermato dal TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 27 novembre 2025, n. 1973.
Secondo i giudici, il manufatto in questione non presentava i caratteri di precarietà ed amovibilità e non era, quindi, liberamente installabile (secondo il Comune, sarebbe stata necessaria una SCIA).
L’art. 6 del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) annovera l’installazione libera di VEPA quando è finalizzata alla protezione “…dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio, di logge rientranti all’interno dell’edificio o di porticati…”, ad esclusione dei casi in cui genera la creazione di spazi stabilmente chiusi e volume, visto che tali elementi non devono configurare “spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile”.
Nel caso di specie, invece, il gazebo, stabilmente ancorato al suolo e chiuso su tutti i lati da tali VE.PA., era divenuto un vero e proprio volume, necessitante – dunque – di idoneo titolo edilizio. Peraltro, secondo consolidata giurisprudenza, la precarietà dell’opera, che esonera dall’obbligo del possesso del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5, del Testo Unico Edilizia, postula un uso specifico e temporalmente delimitato del bene e non ammette che lo stesso possa essere finalizzato al soddisfacimento di esigenze (non eccezionali e contingenti, ma) permanenti nel tempo. Non possono, infatti, essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante[3].
In altri termini, ove le opere siano state realizzate, come nel caso in esame, per soddisfare esigenze di carattere permanente alle stesse non potrà attribuirsi carattere precario, con la conseguente necessità del titolo abilitativo, perché riconducibile agli interventi di cui alla lettera e.5) dell’art. 3 del Testo Unico, ossia “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti”.
In argomento, è sufficiente ricordare la costante giurisprudenza secondo cui “Nella nozione di “manufatti leggeri” annoverabili nell’area dell’edilizia libera rientrano esclusivamente tende o gazebo che non abbiano autonomia funzionale e non realizzino uno spazio chiuso stabile”[4].
Casistica
Similmente all’ipotesi oggetto di valutazione dei giudici salernitani, ricordiamo che non rientrano nell’alveo dell’attività edilizia libera:
- una “struttura chiusa su tutti i lati in maniera stabile e non precaria, con tre diversi ingressi, tompagnata, con solaio di copertura con estradosso in lamiera grecata, dotata all’interno di pavimento, di impianto elettrico e da wc, attrezzato con lavabo e vaso, praticamente abitabile”; trattasi, al contrario, di un vano vero e proprio, comportante incremento di volume e di superficie abitabile, richiedente il titolo edilizio[5];
- un “gazebo di legno di mt. 3,10 con H variabile da mt. 2,45 a mt 3,00, costituito da una copertura in legno a forma di pagoda con sovrastanti tegole canadesi e da n. 7 pali verticali e da n. 16 pali orizzontali”, realizzato in area cortilizia, addossato all’angolo della recinzione in muratura (che rende di fatto chiusi i due lati corrispondenti) con una struttura che, sebbene in legno, è evidentemente stabile, ovvero preordinata ad una esigenza permanente di copertura di una porzione di tale area, con la conseguenza che non può predicarsene una natura meramente temporanea[6];
- un gazebo di rilevanti dimensioni in legno avente superficie complessiva di circa 40 mq e altezza di 3 m., utilizzato per la somministrazione di alimenti[7];
- un gazebo di circa 30 mq., al servizio di un’attività commerciale, con pilastrini e copertura di materiale plastificato idonei a formare un nuovo volume, risultando agevolmente utilizzabile in via autonoma e separata rispetto all’edificio principale (del quale amplia la fruibilità), destinato a soddisfare esigenze durevoli nel tempo e implica un incremento del carico urbanistico, con un’autonoma identità edilizia[8].
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Consigliamo:
Note
[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 10 luglio 2024, n. 6146; sent. 29 giugno 2023, n. 6263; sent. 27 aprile 2021, n. 3393; sent. 30 agosto 2023, n. 8049.
[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 10 luglio 2024, n. 6146.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 settembre 2015, n. 4116.
[4] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 1° settembre 2024, n. 4974.
[5] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 7 dicembre 2022, n. 3314.
[6] TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 5 gennaio 2021, n. 178.
[7] TAR Marche, sez. I, sent. 25 febbraio 2020, n. 137.
[8] TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 31 gennaio 2020, n. 86.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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