Fiscalizzazione abuso edilizio: la determinazione del costo di produzione

Con una recente sentenza il Consiglio di Stato ha fornito indicazioni per la determinazione del costo di produzione in caso di fiscalizzazione dell’abuso edilizio per interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità.

Mario Petrulli 08/04/24

Con la recente sentenza n. 3 dello scorso 8 marzo 2024, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è occupata di fornire indicazioni per la determinazione del costo di produzione nel caso della fiscalizzazione dell’abuso edilizio nei casi di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità.

Come è noto, infatti, l’art. 33, comma 2, del Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001) prevede che “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione, con la esclusione, per i comuni non tenuti all’applicazione della legge medesima, del parametro relativo all’ubicazione e con l’equiparazione alla categoria A/1 delle categorie non comprese nell’articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, determinato a cura dell’agenzia del territorio.”.

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In particolare, l’Adunanza ha chiarito come vada determinato il tale costo di produzione.

Indice

Costo produzione: due possibili interpretazioni

Detto costo potrebbe essere interpretato in due modi:

  • secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale, con conseguente aggiornamento dell’importo alla data di esecuzione dell’abuso, sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione;
  • con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, e l’importo così ottenuto va incrementato sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione.

Questa seconda lettura – che valorizza la virgola che segue la parola “abuso” – rileva che il termine “aggiornato” fa riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con il decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, ossia al decreto ministeriale emesso in prossimità all’esecuzione dell’abuso.

La data di esecuzione dell’abuso

La scelta tra le due interpretazioni letterali sopra illustrate lascia aperto un ulteriore interrogativo, ossia cosa si intenda per “data di esecuzione dell’abuso“. Al riguardo, sono possibili quattro diverse interpretazioni, di cui sola la prima risulta maggiormente aderente al suo dato testuale:

  • il momento in cui sono ultimati i lavori edilizi abusivi;
  • il momento in cui l’abuso è accertato da parte dell’amministrazione;
  • il momento in cui l’abuso è autodichiarato da parte dell’interessato;
  • il momento in cui è irrogata la sanzione pecuniaria.

La soluzione

L’art. 33, comma 2, del Testo Unico Edilizia dispone che vadano effettuate due distinte operazioni:

  • individuare il costo di produzione, determinato con il decreto ministeriale aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso;
  • attualizzare l’importo della sanzione, individuato sulla base del costo di costruzione, applicando l’indice ISTAT.

Ne consegue che va indicizzato non l’importo indicato nel decreto ministeriale, ma quello aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso: questa soluzione, da un lato, consente di specificare quale deve essere il decreto ministeriale da utilizzare dall’altro, spiega perché nella frase vi sia una virgola dopo il termine “abuso”.

Quanto, poi, alla locuzione “data di esecuzione dell’abuso”, rileva il suo dato testuale. L’aumento di valore dell’immobile va individuato sulla base dei criteri contenuti nella legge n. 392/1978, calcolando la superficie convenzionale e considerando il costo unitario di produzione secondo il decreto ministeriale aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso: la moltiplicazione tra i due termini indica il costo di produzione complessivo, ossia l’aestimatio, che va aggiornato (taxatio) sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione.

Il legislatore ha ribadito che va esercitato il potere sanzionatorio anche quando vi siano obiettive difficoltà tecniche per eseguire la demolizione, derogando alla regola generale per cui gli abusi edilizi vanno materialmente rimossi. Il relativo potere può essere esercitato su richiesta del responsabile dell’abuso, qualora risulti l’oggettiva impossibilità di procedere alla riduzione in pristino delle parti difformi senza incidere sulla stabilità dell’intero edificio.

Nel contemperare gli interessi in conflitto, il legislatore ha disposto che la sanzione pecuniaria in concreto erogata tenga conto dell’effettivo valore delle opere abusive, l’unico significativo per la definizione del caso concreto, e non di quello inferiore e risalente al passato, non più ancorato all’effettivo valore del bene.

È significativo che l’art. 33, comma 2, ricalca l’abrogato comma 2 dell’art. 9 della Legge n. 47/1985, secondo il quale: “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell’Ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il sindaco irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti della legge 27 luglio 1978, n. 392”.

Quest’ultima diposizione non conteneva alcun meccanismo di adeguamento, ma il mero rinvio alla legge n. 392/1978, il cui art. 22, comma 1, ora abrogato nei sensi di cui all’art. 14, della legge n. 431/1998 ossia limitatamente alle locazioni abitative, stabiliva che: “Per gli immobili adibiti ad uso di abitazione che sono stati ultimati dopo il 31 dicembre 1975, il costo base di produzione a metro quadrato è fissato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con quello di grazia e giustizia, sentito il Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 31 marzo di ogni anno e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica”. L’emanazione annuale dei decreti ministeriali, pertanto, già comportava un adeguamento periodico con effetti automatici per la commisurazione della sanzione.

Inoltre, un meccanismo di adeguamento, analogo a quello previsto dall’art. 33, comma 2, è contenuto nell’art. 34, comma, secondo il quale: “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.

Quest’ultima disposizione riguarda condotte meno gravi di quelle disciplinate dall’art. 33, comma 2, e va intesa – con riferimento ai casi in cui si tratti di immobili sia ad uso abitativo che ad uso diverso da quello abitativo – nel senso che la fiscalizzazione debba tenere conto del valore del bene al tempo della sua determinazione.

Sarebbe, invece, irragionevole l’interpretazione dell’art. 33, comma 2, secondo la quale rileverebbe il valore del bene al momento di realizzazione delle opere. La sanzione pecuniaria costituisce, nei tassativi casi consentiti, una misura alternativa alla materiale demolizione del manufatto e deve costituire una “risposta sanzionatoria” omogenea ed effettiva, ciò che non vi sarebbe se si dovesse tenere conto del suo valore inferiore, commisurato al tempo della realizzazione dell’abuso.

I due principi di diritto

Pertanto, secondo l’Adunanza Plenaria:

  • con l’espressione “data di esecuzione dell’abuso”, deve intendersi il momento di realizzazione delle opere abusive;
  • ai fini della determinazione della sanzione pecuniaria da determinare ex art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, deve procedersi alla determinazione della superficie convenzionale ai sensi dell’art. 13 della legge n. 392/1978 ed alla determinazione del costo unitario di produzione, sulla base del decreto aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso. Il costo complessivo di produzione, dato dalla moltiplicazione della superficie convenzionale con il costo unitario di produzione, va attualizzato secondo l’indice ISTAT del costo di costruzione.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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