Equo compenso, i Professionisti all’attacco del Senato

Non c’è motivo per fermare l’iter legislativo del disegno di legge sull’equo compenso. E non c’è motivo per concederlo solo agli avvocati. Bisogna insistere.

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Gli ordini professionali tornano all’attaco del Parlamento per vedersi riconoscere un equo compenso per tutti i 2,3 milioni di lavoratori autonomi ordinistici italiani, non solo per gli avvocati. Per tutti, infatti, l’equo compenso è fondamentale per garantire prestazioni di qualità, a tutela dei clienti.

È questo il senso del documento inviato oggi dal Comitato unitario delle professioni dalla Rete delle professioni tecniche alla Commissione Lavoro del Senato, dove al momento l’esame del disegno di legge sull’equo compenso è ferma. Una battaglia di lunga data, che ha lo scopo di sottolineare che l’equo compenso non ha nulla a che vedere con la reintroduzione nel Correttivo al Codice Appalti delle tariffe minime obbligatorie: ecco perché non c’è alcun motivo per fermare l’iter legislativo del disegno di legge sull’equo compenso.

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Con un emendamento, è stata infatti inserita nel Decreto fiscale (tutti i contenuti qui) una norma che riconosce l’equo compenso solo ai legali impegnati nel contenzioso con banche, assicurazioni e grandi aziende. “Non si possono creare livelli diversi di tutele tra lavoratori autonomi che hanno le medesime esigenze e gli stessi diritti. Anzi, l’equo compenso andrebbe esteso anche alle professioni non ordinistiche” rispondono CUP e RPT. E l’equo compenso va preteso da tutti coloro che devono pagare, anche dalla Pubblica amministrazione, che addirittura, per esempio a Catanzaro, con l’appoggio della sentenza del Consiglio di Stato e del Governo, ha ritenuto opportuno pagare prestazioni a un euro.

Ci sono diverse iniziative in campo: le associazioni hanno fatto partire una petizione per l’equo compenso su change.org. Il 30 novembre, a Roma, si terrà una manifestazione per l’equo compenso.

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Foto: Il Trono di Spade

Redazione Tecnica

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