Per giurisprudenza consolidata, ribadita dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 12 novembre 2024, n. 9054, l’onere della prova circa l’epoca di realizzazione dell’intervento edilizio grava in capo a colui che vuole dimostrare la legittimità dell’opera[1][2].
Infatti, il proprietario o il responsabile dell’abuso, assoggettato a ingiunzione di demolizione – ordinariamente in possesso di documenti o attestati probatori, dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova – è gravato dell’onere di provare il carattere risalente del manufatto oggetto della sanzione ripristinatoria.
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La regola generale
Tale indirizzo giurisprudenziale si è consolidato non solo per l’ipotesi in cui si chiede di fruire del beneficio del condono edilizio, ma anche – in via generale – per potere escludere la necessità del previo rilascio del titolo abilitativo, ove si faccia questione, per l’appunto, di opera risalente ad epoca anteriore all’introduzione del regime amministrativo autorizzatorio dello ius aedificandi.
Ancor più nello specifico e per completezza di motivazione va poi aggiunto che l’onere della prova della data di realizzazione dell’immobile, in particolare ai fini di dimostrare che avrebbe dovuto essere realizzato in epoca per cui non era necessario un titolo edilizio, grava sul privato (anche) in virtù della disposizione contenuta nell’art. 64, comma 1, c.p.a., per cui spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità[3]. Tale orientamento è basato sul principio di “vicinanza della prova”, essendo nella sfera del privato la prova circa l’epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza, in quanto solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza del carattere non abusivo di un’opera edilizia, in ragione dell’eventuale preesistenza rispetto all’epoca dell’introduzione di un determinato regime autorizzatorio dello ius aedificandi[4].
L’eccezione
È pur vero che la giurisprudenza attenua il rigore dell’onere probatorio “secondo ragionevolezza” nei casi in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti (ad esempio, aerofotogrammetrie) e, dall’altro, la pubblica amministrazione non analizzi debitamente tali elementi o vi siano elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio. In tal caso, non è escluso il ricorso alla prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, inferendo, così e secondo criteri di normalità, la probabile data di tale ultimazione da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti o troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici siano scarsi[5].
In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso può trasferire l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione[6]; ciò però in quanto sussistano effettivamente elementi idonei a rendere un quadro probatorio rilevante della data di realizzazione dell’abuso, quali risalenti dati catastali, la natura dei materiali utilizzati, le testimonianze rese in altri giudizi; anche le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà sono ritenute utilizzabili purché in presenza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti[7].
Tre casi specifici
Nel caso di specie, secondo i giudici di Palazzo Spada, l’interessato non era stato in grado di fornire alcuna prova né principio di prova che l’amministrazione prima e il giudice amministrativo poi avrebbero dovuto valorizzare in senso favorevole rispetto alla tesi della risalenza della costruzione oggetto di demolizione per assenza del titolo edilizio; ed infatti:
- un’aereofotogrammetria del 1956 dimostrava l’esistenza di manufatti e costruzioni all’epoca realizzate ma non forniva prova della corrispondenza di tali costruzioni – nell’aspetto dimensionale – alle opere contestate come abusive;
- la perizia giurata faceva cenno a varie modifiche costruttive realizzate nel fondo a partire dal 1981 e non da prima.
Tra la casistica recente, ricordiamo che, parimenti:
- secondo il TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 4 novembre 2024, n. 2062, non può dirsi adempiuto l’onere probatorio a carico dell’interessato se il testamento pubblicato prima del 1967 non contiene alcuna menzione dell’immobile in questione;
- secondo il TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 31 ottobre 2024, n. 2039, tale onere non può ritenersi assolto se negli atti pubblici presentati non sono descritti i manufatti di interesse; se le foto aeree dell’IGM e le fotografie sono successive al 1967 e se le dichiarazioni prodotte agli atti restano prive di alcun riscontro esterno e hanno comunque un contenuto generico.
Suggeriamo:
Note
[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 5 marzo 2024, n. 2165.
[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 ottobre 2024, n. 7969.
[3] Cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 novembre 2023, n. 10101 e sent. 9 giugno 2023, nn. 5659 e 5668.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 25 maggio 2020, n. 3304 e sez. IV, sent. 1° aprile 2019, n. 2115.
[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 13 novembre 2018, n. 6360; sent. 19 ottobre 2018, n. 5988 e sent. 18 luglio 2016, n. 3177.
[6] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 16 marzo 2020, n. 1890.
[7] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 4 gennaio 2021, n. 80.
“Non possono reputarsi sufficienti le sole dichiarazioni rese da terzi, o le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà incluse nei contratti di compravendita ex art. 46 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto insuscettibili di essere verificate (cfr. ex multis, Cons. Stato, VI, n. 9612/2023; id., n. 2524/2020)”: TAR Lazio, Latina, sez. II, sent. 21 ottobre 2024, n. 650. I giudici laziali hanno anche ricordato che “l’attività edificatoria è, infatti, suscettibile di puntuale documentazione, con la conseguenza che “i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale; data la premessa, da essa discende che la prova dell’epoca di realizzazione si desume da dati oggettivi, che resistono a quelli risultanti dagli estratti catastali ovvero alla prova testimoniale ed è onere del privato, che contesti il dato dell’amministrazione, fornire prova rigorosa della diversa epoca di realizzazione dell’immobile, superando quella fornita dalla parte pubblica. Ne deriva che nelle controversie in materia edilizia la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo” (Cons. Stato, VI, n. 4/2022)”.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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