In questo articolo parliamo di un possibile sbocco per l’energia eolica. Per raggiungere gli obbiettivi energetico-climatici al 2030 si sta pensando, già da tempo, ad una rivisitazione del Piano energia e clima nazionale, per definire gli scenari di medio-lungo periodo e di decarbonizzazione del sistema elettrico italiano.
Una delle questioni presenti e future riguarda la difficoltà di trovare gli spazi per realizzare gli impianti in grado di generare così tanta elettricità da rinnovabili per soddisfare i target imposti, e gradualmente l’intero fabbisogno del Paese.
In particolare, il problema è fortemente connesso con l’importante contributo che dovrà necessariamente dare l’eolico. Dove collocare allora così tante e grandi turbine sul nostro territorio?
Eolico Offshore: pensare all’eolico in mare
In Italia, in una prospettiva del 100% rinnovabili, la generazione elettrica da eolico non può essere soddisfatta dai soli impianti a terra: a sostenerlo è il consulente ed esperto energetico Alex Sorokin: “La richiesta di energia elettrica in Italia ammonta a circa 300 TWh/a. In un futuro scenario al 100% rinnovabile, circa 100 TWh di questi potranno essere
prodotti da fonti rinnovabili programmabili, quali idroelettrico, geotermia e l’insieme delle energie bio, tutte però limitate da vincoli territoriali per cui non molto incrementabili. Altri 100 TWh potranno essere prodotti dal solare. I rimanenti 100 TWh dovranno essere prodotti dall’eolico. Ma per ottenere questo livello di produzione eolica, se realizzata tutta sulla terraferma, occorre disporre di un parco eolico di 50 GW, ovvero cinque volte la capacità eolica installata oggi in Italia. È difficile immaginare di poter quintuplicare la potenza eolica italiana, che peraltro è concentrata in gran parte nelle zone di maggiore ventosità, soprattutto sulle isole e nell’appennino appulo-campano”.
L’Italia è una penisola circondata da immensi spazi di mare che, inoltre, offrono maggiore ventosità rispetto alla terraferma. Quindi perché non sfruttare il mare installando turbine offshore?
Offshore è il termine con il quale si indica qualcosa a distanza dalla costa, un termine nautico per definire anche un campo di applicazione dell’energia eolica: offshore, appunto. Un campo sempre più in crescita visto la propensione a installare sempre più in alto mare queste tipologie di impianti. Ma perché l’eolico offshore? Semplice perché più ci si allontana dalla costa e più i venti tendono a spirare forte e più costantemente con ovvi vantaggi per la produzione dell’energia elettrica.
La tecnologia dell’eolico offshore è stata sviluppata in Danimarca, Germania e Gran Bretagna e pertanto studiata per adattarsi ai loro mari (fondali relativamente bassi).
Gli impianti che possono essere installati sono due: quelli classici che si impiantano su fondali di profondità non superiori ai trenta metri e quelli galleggianti, creati da un team di ricerca dell’università del Maine. I primi sono più diffusi in quanto tecnologia di vecchia data, ma sui secondi ci sarebbe un margine di guadagno superiore. Le turbine galleggianti, infatti, possono essere montate a distanze dalla costa di gran lunga superiori rispetto a quelle classiche e questo si rifletterebbe sulla capacità di produzione dell’energia elettrica.
Eolico galleggiante per Italia
In Italia è impossibile realizzare parchi eolici offshore appoggiati sul fondale a distanze oltre i 20 km dalla costa, come avviene nel nord Europa. Escluso l’Adriatico settentrionale (zona caratterizzata da fondali bassi), i nostri mari sono profondi anche 3000 metri. Non c’è possibilità di scelta: optare per l’eolico offshore galleggiante o flottante è una scelta obbligata!
I nuovi progetti di eolico galleggiante per l’Italia sono due. Il primo, chiamato 7Seas Med, dovrebbe nascere al largo della Sicilia. Il progetto è della 7SEASmed srl (startup innovativa tarantina) e l’iter è agli albori. La convenienza dell’eolico galleggiante, secondo l’ingegnere che lo sta progettano, Luigi Severini, è mosso da tre motivi principali: “una fortissima avversione all’impatto visivo, una eccessiva estensione, il pericolo di interferire con la biocenosi, ovvero con il complesso di animali e vegetali che popolano una determinata area”.
Tuttavia, le contestazioni già ci sono.
Lo stesso progettista, che è la “mente” anche del parco eolico offshore di Taranto: il Beleolico, di fronte l’acciaieria dell’Ilva (che a dirla tutta è il primo e unico parco eolico offshore in costruzione), ha nel frattempo presentato l’identica idea pure per la Sardegna. Un progetto che si chiama Ichnusa Wind: “progetto che vale 1 miliardo e 400 milioni di euro…e prevede l’installazione di 42 turbine eoliche galleggianti ad asse orizzontale da 12 MW ciascuna, con una potenza elettrica totale di 504 MW”.
Ci auguriamo che questi progetti arrivino in fondo e che nel 2023 (questa l’ottimistica data indicata come avvio del parco eolico siciliano) si inizi a produrre energia rinnovabile da questi impianti, che potrebbero rappresentare un punto di svolta per l’Italia come per il Mediterraneo. Ma abbiamo forti dubbi sul buon esito di tutti quei progetti che sperano, allontanando l’impianto chissà dove, di risolvere le problematiche nel nostro Paese.
L’idea alla base probabilmente di questa nuova frontiera è che se gli impianti sono lontani e magari galleggianti, saranno più digeribili dalle comunità che li ospitano (cosa che purtroppo non è così realmente). Ricordiamoci inoltre che tutto ha un impatto, non solo ambientale ma anche comunitario: ne consegue che l’impatto zero non esiste e dunque non va millantato, e non va però neppure preteso.
La svolta ci sarà, ma avverrà solo quando ci sarà coscienza dell’utilità degli impianti stessi: orizzonte al momento lontanissimo, dato che il comparto più contestato in Italia da fenomeni NIMBY (acronimo Not In My Back Yard, lett. “Non nel mio cortile”) è quello energetico, e nei tre quarti dei casi in ballo ci sono purtroppo le rinnovabili.
Articolo di Luisa Daraio
Articolo originariamente pubblicato su Ingegneri.cc
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Con il decreto legislativo n. 73/2020 si dà attuazione alla direttiva (Ue) 2018/2002 che modifica la direttiva 2012/27/Ue sull’efficienza energetica.Il provvedimento detta una serie di misure per il miglioramento dell’efficienza energetica finalizzate all’obiettivo di risparmio energetico nazionale “e che contribuiscono all’attuazione del principio europeo che pone l’efficienza energetica al primo posto”.Tra le principali novità, analizzate nell’eBook, l’aggiornamento del conto termico con ampliamento degli interventi incentivabili, la deroga agli strumenti normativi per alcuni interventi di riqualificazione energetica e l’ampliamento la platea dei risparmi di energia concorrenti al conseguimento degli obblighi normativi di efficienza energetica previsti fino al 2030.Tra i temi affrontati nell’opera anche le novità in tema di misurazione e fatturazione dei consumi energetici nei condomini e le nuove regole per le diagnosi energetiche.Cinzia De StefanisGiornalista professionista e autrice di numerose pubblicazioni specialistiche per case editrici tecniche in materie di economia ed edilizia.
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