Dopo Notre Dame: ecco cosa fare, è semplice

Necessaria una revisione a livello comunitario della normativa sulla sicurezza antincendio, con la collaborazione di architetti da una parte e addetti alla sicurezza dall’altra

Danilo Rigoli 24/04/19
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Dopo l’incendio della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, luogo sacro e fondamentale per la storia della Francia nonchè patrimonio Unesco, i politici, i critici d’arte e l’esperto in ogni settore, hanno enfatizzando l’accaduto fornendo differenti giudizi sull’importanza delle opere ivi contenute, che fortunatamente non erano molte, sulle dinamiche e su tanti altri fronti, ma in questa sede, non appare opportuno commentare e analizzare approfonditamente.

Infatti, Ediltecnico ha un taglio esclusivamente tecnico e quindi sarà necessario tralasciare la parte meramente artistica per evidenziarne quella sulla sicurezza, sia in generale sia antincendio.

Gli incendi di strutture religiose nella storia

Appare opportuno, prima di sviluppare l’argomento in questione, dare alcuni cenni storici che riguardano vari danni dovuti a incendio di strutture religiose, sia in Italia sia all’estero.

In Italia

Nell’anno 899 arse l’Abbazia di Nonantola, in provincia di Modena; nel 1159 s’incendiò l’Abbazia di Fossanova a Priverno, in provincia di Latina; nel 1419 fu la volta della Cattedrale di San Marco a Venezia e, nel 1749, bruciò il Duomo di Modena, mentre tra l’11 e il 12 aprile 1997 fu la volta del Duomo di Torino, dove si salvò fortunatamente la Sacra Sindone, già colpita da un incendio tra il 3 e 4 dicembre del 1532.

All’estero

Nel 1120 s’incendiò l’Abbazia di Cluny in Francia; nel 1298 arse l’Abbazia di Westminster poi, nel 1218, accadde la stessa cosa alla Cattedrale di Notre Dame de Paris e nel 1721 bruciò l’Abbazia di Melk nella bassa Austria, esattamente a Niederösterreich, sulla riva destra del Danubio.

Ora torniamo a noi.

Incendio Notre Dame: le cause

Triangolo del fuoco, luogo dell’incendio e resistenza dei materiali

Nel caso di Notre Dame, le fiamme hanno avuto origine da un’impalcatura che era sistemata intorno alla Cattedrale per lavori di manutenzione e, dalle cronache, abbiamo appreso che il cantiere fu lasciato incustodito e non vi fu mai impiantato un sistema antincendio valido, inoltre, la copertura in legno ha contribuito ad alimentare l’incendio che si è innescato e, dopo lo spegnimento, ora si prevedono anche possibili crolli di alcune parti della struttura.

L’incendio in parola si è sviluppato all’aperto con tutte le problematiche del caso. Infatti, il fuoco ha avuto a disposizione una massiva quantità di ossigeno che ne ha permesso un facile sviluppo; inoltre, vi era molto materiale in grado di combinarsi chimicamente con l’ossigeno dando luogo a emissione di energia termica.

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Se, invece, il principio d’incendio fosse stato all’interno di un sito, oltre al fatto che inizialmente si sarebbe potuto domare, avrebbe avuto un decorso diverso, come meglio specificato in nota [1].

Con riferimento alla comune esperienza tecnica, infatti, possiamo affermare che si ha una combustione quando sono presenti, nello stesso momento, il combustibile, il comburente e l’innesco (cd. “triangolo del fuoco”). La regola di cui sopra, cammina di pari passo sia con il luogo ove è avvenuto l’incendio, di cui si è già accennato, sia con la resistenza al fuoco relativa a ogni singolo materiale di cui è fatta la struttura.

In relazione proprio alla resistenza al fuoco, è considerata come la principale misura strategica antincendio individuata dal Codice di Prevenzione incendi con la finalità di garantire la capacità portante e di compartimentazione delle strutture in condizioni critiche, per un tempo minimo necessario al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di prevenzione incendi [2].

Ricordiamo, inoltre, che i fattori di rischio incendio nelle abitazioni sono costituiti dalla presenza di combustibili come gli arredi, le strutture lignee, gas, mentre, negli uffici, i fattori di rischio possono essere presenti negli archivi oppure nelle biblioteche. Gli inneschi potranno ravvisarsi, per tutti e due gli ambienti, negli impianti elettrici, in fiamme libere oppure apparecchi di riscaldamento non convenzionali.

È necessario, quindi, curare molto la prevenzione!

La prevenzione negli edifici storici

Pertanto, affinchè un incendio abbia una bassa probabilità di accadere, non si dovranno formare cumuli di carta specie nelle trombe delle scale, per evitare il cd. ”effetto camino” e bisognerà controllare le sorgenti d’innesco, avendo cura di compartimentare a dovere i locali ad alto rischio incendio con porte di tipo R.E.I. dove l’acronimo sta per Resistenza meccanica (o stabilità) dell’elemento  che dovrà conservare le caratteristiche di rigidità in caso di incendio; Ermeticità (o tenuta), dove l’elemento esposto al fuoco da un lato non dovrà far passare dall’altro lato del locale né gas, né fumi, né fiamme e, da ultimo, l’Isolamento termico, ovvero, l’ elemento esposto al fuoco o a una fonte di calore dovrà ridurre, entro un certo limite, il passaggio di calore da un lato all’altro dell’elemento stesso.

Oltre alla prevenzione, l’evento di Parigi, ci da il là anche per capire quanto la sicurezza in fabbricati d’epoca, sia in Italia che all’estero, sia difficilmente applicabile in maniera adeguata, in quanto nella struttura antica ciò che si può fare sono piccoli “ritocchi” che, a volte, non sono sufficienti a controbilanciare un problema che potenzialmente potrebbe accadere, anche con riferimento alla lotta antincendio.

Architetti VS addetti alla sicurezza

Inoltre, in questo contesto prevenzionistico interviene un’altra figura: si tratta del Funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio competente per territorio. Gli Architetti di tale Ente, generalmente, chiedono di rendere la struttura in esame conforme all’architettura originaria; dall’altro lato, avremo gli addetti alla sicurezza che “combatteranno” per ottenere il quantum minimo di prevenzione e sicurezza necessaria allo scopo che, molte volte, non è facile ottenere.

Dopo Notre Dame: cosa bisogna fare quindi?

In conclusione, affinchè i fatti del passato e quelli del presente non abbiano più a verificarsi, ci auspichiamo una rivisitazione a livello comunitario dell’intera normativa sulla sicurezza antincendio che si rifletta successivamente in tutti i Paesi aderenti all’Unione, fissando meno paletti burocratici per l’adeguamento alle varie esigenze di sicurezza senza trascurare, al contempo, la destinazione artistica del bene che va comunque tutelata nell’interesse della collettività.

Note

[1] Nel caso d’incendio al chiuso, la quantità d’ossigeno sarebbe stata limitata, inoltre il calore prodotto dalla combustione sarebbe stato confinato nell’ambiente surriscaldandolo con il passare del tempo e, quando si fossero bruciati tutti gli oggetti presenti all’interno del luogo e il calore avesse superato un certo livello, si avrebbe avuto il cd.”flashover”, dove la temperatura sarebbe salita velocemente fino a 500-600 °C.

[2] Vedi, amplius, Claudio Giacalone – Comandante dei Vigili del Fuoco di Alessandria – Codice di prevenzione incendi: la resistenza al fuoco delle strutture, in Riv. Punto Sicuro, 11 settembre 2018.

Per approfondire

Danilo Rigoli

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