La direttiva EPBD non è il problema ma la soluzione

La direttiva assume il ruolo di strumento utile per la mitigazione dei cambiamenti climatici, la povertà energetica e l’indipendenza energetica

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La mission (im)possible a cui è chiamata questa nostra generazione è la diminuzione del consumo di energia e la conversione di quella residuale in energia rinnovabile.

È necessario ridurne il consumo perché l’energia costa. Costa molto.

Costa in termini ambientali, perché la produciamo ancora attraverso la combustione delle fonti fossili, quali carbone, petrolio e gas naturale, combustione che comporta l’emissione di grandi quantità di CO2 in atmosfera che provocano, a loro volta, l’aumento della temperatura terrestre attraverso il cosiddetto effetto serra antropico.

Costa in termini geo-politici, perché noi, l’Italia e l’Europa, dobbiamo acquistare la quasi totalità delle fonti fossili (attorno al 95%) dall’estero e quindi siamo proni, quasi succubi, alle fluttuazioni dei prezzi del greggio e, purtroppo, soggetti a possibili ricatti politici e sociali derivanti dall’evolversi dello scacchiere geo-politico mondiale. È solo il caso di ricordare che le due guerre in corso si stanno svolgendo proprio in zone ad alta produzione petrolifera e questo ci comporta scelte difficili fra la necessità di rifornire di energia la nostra economia e la coerenza ai principi liberali della nostra società.

L’energia costa anche in termini economici per le famiglie che non riescono a pagare la bolletta energetica di fine mese e sono così obbligati ad una vita di stenti e al freddo. I più recenti report della Caritas Italiana e della Comunità europea mostrano come si stia diffondendo anche fra i ceti meno poveri questa cosiddetta povertà energetica.

Dunque l’energia costa ed è quindi necessario diminuirne preliminarmente la richiesta ed il consumo per entrare poi, definitivamente, nell’era delle energie rinnovabili prodotte da fotovoltaico, eolico, geotermia e idro-elettrico. La soluzione nucleare, seppur prospettata da molti anche se spesso in maniera provocatoria, non è percorribile sia perché la sua versione aggiornata non è ancora tecnicamente tecnologicamente disponibile sia perché non risolve il suo peccato originale legato allo smaltimento delle scorie radioattive.   

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Indice

Il settore edilizio sotto la lente

Un settore particolarmente energivoro è quello edilizio.

Infatti per riscaldare e raffrescare le nostre case utilizziamo il 40% del monte-energia totale. Pertanto il settore edile è considerato un problema ma, paradossalmente, anche la soluzione al problema perché, grazie all’impegno e alla ricerca di scienziati, tecnici, industrie, progettisti e imprese, profuso in questi ultimi decenni, siamo già in grado di costruire edifici ad altissima efficienza e con fabbisogni energetici vicini allo zero.   

Gli scienziati del clima riuniti nell’IPCC (il panel dell’ONU) ci dicono da decenni che l’aumento della temperatura va mantenuto al di sotto di 1,5 °C rispetto alla temperatura del periodo pre-industriale (1850-1900) e gli Stati firmatari della Convenzione mondiale sui cambiamenti climatici, nelle COP (Conferenza delle Parti) di Parigi nel 2015 e di Dubai si sono impegnate a perseguire questo obiettivo di stabilizzazione della temperatura e di giungere entro il 2050 alla neutralità carbonica e climatica.
 
È quindi necessario che gli impegni presi siano messi a terra (come si usa dire ora) con urgenza e la Comunità Europea (che si presenta unita ad una sola voce nei consessi mondiali sul clima e svolge il ruolo trainante sia in senso culturale che tecnico) ha preso sul serio questo suo impegno ed ha emanato due importanti direttive: la RED – direttiva sulle energie rinnovabili – che punta a introdurre almeno il 42-44% delle rinnovabili nel mix energetico e la EPBD, la direttiva sull’efficienza energetica degli edifici.

Approvata la quarta versione EPBD

Quella appena ratificata dal Parlamento europeo (e in attesa dell’ultimo pronunciamento da parte del Consiglio alla metà di aprile) è la quarta modifica di questa direttiva EPBD nata nel 2002, poi aggiornata nel 2010 (in cui ha introdotto il concetto rivoluzionario di nZEB – edificio ad energia quasi zero) e nel 2018. Nel 2019, appena insediatasi alla Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha varato il Green Deal, un progetto di respiro intergenerazionale che intende condurre la Comunità europea alla neutralità carbonica nel 2050, a cui ha fatto seguito, nel 2021, il progetto Fit for 55%, che introduce la tappa intermedia del 2030 entro cui ridurre del 55% le emissioni di CO2 presenti in atmosfera nel 2010.

Questi due progetti hanno portato una ventata di cambiamento innovativo nel paradigma culturale e sociale europeo, hanno dato vitalità, passione e speranza in un futuro migliore in cui il progresso sociale cammina fianco a fianco con l’ambiente, rispettandolo.

È nato così il quarto aggiornamento della EPBD che ha vissuto un lungo iter di approvazione con la bozza proposta della Commissione nel marzo 2023 e la sua prima approvazione del Parlamento nel dicembre 2023. La bozza predisposta dalla Commissione era molto netta, puntava a rispondere con serietà all’urgenza e alla necessità prospettate dagli scienziati. La bozza è stata leggermente modificata dal Parlamento che però ha mantenuto saldi i due caratteri, di urgenza e di proposta fattibile e risolutiva. Poi la bozza è entrata nel trilogo, la fase di trattazione congiunta fra Commissione, Parlamento e Consiglio. E qui la bozza ha perso smalto e vigore. E fascino.

Con la complicità di parte dei media e di una parte politica da sempre avverse all’idea di una Europa come comunità di Stati, allo spirito innovativo e al pensiero positivo che ispiravano il Green Deal è subentrata la narrazione di un’Europa matrigna che con la direttiva EPBD, rinominata con sarcasmo Case Green, voleva imporre sacrifici alle nazioni nel nome di una transizione ecologica ritenuta inutile e senza fondamento. Con questo ribaltamento dei piani la direttiva EPBD da soluzione del problema è diventata il problema. E così dal trilogo ne è uscita una versione impallidita e meno incisiva rispetto a quello che vi era entrata.

EPBD: timone puntato verso il 2030 e il 2050

Ma nonostante le numerose amputazioni l’EPBD mantiene ancora il timone ben puntato verso i due traguardi del 2030 e del 2050.

La direttiva assume il ruolo di strumento utile per la risoluzione dei problemi che abbiamo sviscerato quali la mitigazione dei cambiamenti climatici, il soccorso alle fasce di popolazione che soffrono della povertà energetica e la necessità di rendere l’approvvigionamento energetico non più dipendente dalle forniture estere. Molto apprezzato il riferimento alla nuova architettura che deve ispirare questa nuova ondata di ristrutturazioni chiamata New Bauhaus, con esplicito riferimento ai valori sociali e democratici della scuola di architettura di Gropius e di Mies van der Rohe.

Le tempistiche della EPBD

Ritengo che la novità più importante sia l’introduzione del concetto di Edificio ad Emissioni Zero, che si affianca al già noto nZEB edificio ad energia zero. Per realizzare un edificio ad emissioni di CO2 nulle è necessario svolgere una progettazione accurata e consapevole con un approccio dichiaratamente olistico perché ogni singola scelta deve essere ottimizzata sia nel contenuto tecnico-economico ma anche nei suoi riscontri ambientali. Si tratta di un concetto ancora da esplorare e sviscerare e di cui impadronirsi in fretta.

La tempistica della direttiva prevede, infatti, queste scadenze:

  • gli edifici residenziali nuovi dovranno essere costruiti a emissioni zero dal 2030 ;
  • gli edifici pubblici nuovi dovranno essere costruiti a emissioni zero dal 2028;
  • per gli edifici residenziali esistenti:
    • entro il 2030 riduzione del consumo medio di energia primaria di almeno il 16%;
    • entro il 2035, riduzione del consumo medio di energia primaria di almeno il 20-22%.

A seguito delle modifiche introdotte in sede di trilogo, gli interventi di riqualificazione energetica non saranno quindi più basati sull’effettiva situazione di ogni singolo edificio ma sulla situazione media del patrimonio immobiliare. Questa modifica rende protagonisti e responsabili i singoli Stati che dovranno elaborare una strategia tecnico-finanziaria che possa giungere ai risultati previsti dalla direttiva.
 
Concludo con la speranza che i cittadini italiani ed europei colgano con entusiasmo ed interesse le opportunità di cui è intessuta questa direttiva, lasciando da parte il cinismo e lo scoramento alimentati ad arte dall’euroscetticismo e dal negazionismo scientifico di pochi, per camminare con responsabilità sociale e generazionale verso un futuro migliore.

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