Il ddl Catania conto il consumo del suolo non fornisce ai Comuni gli strumenti necessari per smettere di utilizzare suolo e non definisce accuratamente le “aree agricole” ma rimanda semplicemente alla classificazione già esistente negli attuali strumenti urbanistici. Incentivi per la rigenerazione urbana, riuso dell’esistente e disincentivi per i nuovi insediamenti: queste le soluzioni proposte dall’Inu. Ma vediamole nel dettaglio.
Alla vigilia della Conferenza delle Regioni che dovrebbe ufficializzare una posizione unitaria sul ddl Catania contro il consumo di suolo, disegno di legge che prende il nome dal ministro delle Politiche agricole Mario Catania, l’Inu (Istituto Nazionale di Urbanistica) sottolinea i punti del provvedimento che vanno modificati per far in modo che questo raggiunga l’obiettivo che si prefigge.
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Pur apprezzando le intenzioni del ddl e la norma che abroga la possibilità per i Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per far fronte alle spese correnti, l’Inu segnala la necessità di intervenire sulla parte del testo che nel fornire una definizione di “aree agricole”, si limita a rimandare alla classificazione operata dagli strumenti urbanistici vigenti. In questo modo si legittimano le operazioni speculative che spesso si nascondono dietro le modifiche dei piani comunali.
Secondo l’Inu inoltre il provvedimento è carente dal punto della vista delle proposte: non fornisce cioè ai Comuni gli strumenti attraverso i quali dovrebbero smettere di utilizzare suolo, e si limita a istituire una quota che dovrebbe essere ripartita tra le Regioni e poi tra i Comuni, con il rischio che questi ultimi, privi di alternative, consumino le porzioni residue di suolo classificato come agricolo, viste anche le attuali ristrettezze economiche.
Il problema andrebbe affrontato attraverso un uso adeguato della fiscalità locale, mettendo a punto strumenti che incentivino l’utilizzo di risorse per la rigenerazione urbana e il riuso dell’esistente e disincentivino i nuovi insediamenti, anche se realizzati su aree non classificate come agricole.
Tutto questo, tuttavia, assieme a tutte le norme approvate e allo studio del governo sulle città e sul territorio, deve trovare spazio in un provvedimento organico e complessivo che finalmente riformi il governo del territorio italiano, regolamentato da una legge vetusta, che risale al 1942.
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