Danni su immobile venduto in condominio: risarcimento a venditore o acquirente?

Il diritto a chiedere il risarcimento danni spetta a chi era proprietario al momento in cui il bene ha subito il danno oppure a chi è subentrato nella proprietà ed è titolare del diritto al momento in cui viene promosso un eventuale giudizio?

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Danni ad un appartamento per colpa del condominio e di un condomino: se l’immobile viene venduto ha diritto ad essere risarcito il venditore o l’acquirente? Analizziamo la vicenda.

È possibile che un appartamento facente parte di un condominio subisca un danno da infiltrazioni. Il condomino danneggiato potrebbe, però, poco dopo, per impegni contrattuali già presi, vendere a terzi l’immobile. A questo punto si pone il seguente problema: chi è il soggetto legittimato a domandare il risarcimento in caso di danni?

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Il dubbio è se il diritto a richiedere il risarcimento danni spetti a colui che era proprietario al momento in cui il bene ha subito il danno oppure a colui che è subentrato nella proprietà ed è titolare del diritto al momento in cui viene promosso un eventuale giudizio.

A tale proposito una parte della giurisprudenza ha sostenuto che se una cosa di proprietà di un soggetto ha riportato un danno, l’acquirente della cosa, una volta divenutone proprietario, diviene anche legittimato ad agire nei confronti del danneggiante e titolare del credito relativo, finché l’azione non sia prescritta, a prescindere dal fatto che questa gli sia stata o meno ceduta o che l’acquirente, all’atto dell’acquisto, conoscesse l’esistenza del danno (salvo che, nell’ambito dell’autonomia contrattuale delle parti, il venditore non abbia riservato a sé l’azione risarcitoria). Questo orientamento però è attualmente minoritario, mentre si è affermata la tesi contraria, recentemente confermata dalla Cassazione (sentenza n. 3470 del 7 dicembre 2023).

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La vicenda

L’acquirente di un appartamento in condominio (acquisto avvenuto nel 2004), a causa di infiltrazioni, subiva danni ad affreschi, muri e pavimenti del suo immobile. Di conseguenza si rivolgeva al Tribunale citando in giudizio una condomina ed il condominio. Il Tribunale condannava in solido i convenuti al pagamento in favore dell’attore di una rilevante somma. Nel corso del procedimento emergeva che i fenomeni infiltrativi erano dovuti a “due fattori di pari incidenza causale“, ossia l’esecuzione non a regola d’arte delle aperture sul tetto (terrazzini) e dell’impianto di convogliamento delle acque” (ascrivibili sia alla condomina, che al condominio) e la mancata esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile del caseggiato per un considerevole periodo di tempo che ne aveva determinato un completo stato di abbandono” (ascrivibile al condominio).

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La soccombente condomina si rivolgeva alla Corte di Appello insistendo nel ritenere che il diritto al risarcimento dell’attore si fosse prescritto in quanto le prime infiltrazioni si erano verificate nel 1997, cioè anni prima che l’attore acquistasse l’appartamento danneggiato. Tale tesi è stata respinta dalla Corte di Appello. L‘amministratrice del condominio aveva infatti dedotto come nessuno prima dell’attore avesse lamentato o portato a conoscenza il condominio di danni da infiltrazioni all’immobile in questione, danni che per la prima volta sono stati denunciati nel 2005 soltanto dall’attore, che, unitamente all’amministratrice, ha effettuato un sopralluogo nell’appartamento; pertanto, ad avviso dei giudici di secondo grado, ne conseguiva che pienamente legittimato ad esercitare l’azione di risarcimento dei danni era l’attore, acquirente dell’immobile nel 2004.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto condivisibile l’opinione espressa dalla Corte di Appello. Secondo gli stessi giudici supremi la decisione di secondo grado è conforme a diritto, giacché è principio consolidato che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietà sull’immobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene all’epoca dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale. La tesi prevalente è sicuramente da condividere, perché il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene immobile è un diritto di credito, distinto ed autonomo rispetto al diritto reale. L’autonomia comporta che il diritto al risarcimento del danno subito dall’immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio.

Cessione del diritto al risarcimento

Si deve tenere conto però che il diritto al risarcimento potrà sempre essere oggetto di uno specifico atto di cessione tra venditore e acquirente, come previsto dall’art. 1260 c.c., norma che disciplina la cedibilità, a titolo oneroso o gratuito, dei crediti. Ciò significa che, all’atto di trasferimento della proprietà immobiliare, le parti potranno decidere anche di affiancarvi un atto di cessione del credito (ovvero del diritto al risarcimento).

Però, in mancanza di una specifica pattuizione che disponga la cessione del diritto al risarcimento dall’alienante all’acquirente, come detto, la legittimazione ad esercitare il diritto al risarcimento dei danni competerà esclusivamente a colui che era proprietario del bene al momento dell’evento dannoso e che ha subito la relativa diminuzione patrimoniale, non a chi nelle more è subentrato nella proprietà.

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista 

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Immagine: iStock/Images_By_Kenny

Giuseppe Bordolli

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