Gli interventi di ristrutturazione edilizia implicano necessariamente la preesistenza di un fabbricato sul quale poter intervenire, dotato, quindi, di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura; invece, la ricostruzione su ruderi o di un edificio già da tempo demolito, costituisce una nuova costruzione.
Ma qual è la linea di demarcazione tra le due tipologie di intervento?
La risposta ha un duplice fondamento, uno di carattere legislativo e l’altro di carattere giuridico. Dal punto di vista giuridico possiamo far riferimento direttamente dall’articolo 3, comma 1, lett. e), del testo unico per l’edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, che recita “interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio…”.
Mentre per il profilo giudiziario, troviamo diverse pronunce che fanno riferimento, per situazioni attuali al citato articolo 3 , comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, per periodi previgenti all’ex articolo 1, legge 28 gennaio 1977, n. 10 “Norme in materia di edificabilità dei suoli” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7476, 15 settembre 2006, n. 5375; Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2060, 15 aprile 2004 n. 2142, 29 ottobre 2001, n. 5642; Sez. VI, 9 giugno 2014, n. 2919).
Con specifico riguardo alla nozione di trasformazione urbanistica ed edilizia contenuta nel citato articolo 1 della legge n. 10 del 1977, deve poi sottolinearsi che essa va intesa non solo in una accezione strutturale, ma anche funzionale, la quale è imperniata sull’idoneità dell’organismo edilizio a soddisfare esigenze non meramente temporanee, come il recupero dell’abitabilità del fabbricato, impedita dallo stato di demolizione in cui versa.
In un caso specifico i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto di escludere che “l’intervento possa essere qualificato come di restauro e risanamento conservativo, soggetto all’epoca dei fatti a regime autorizzatorio ai sensi dei sopra citati artt. 7 decreto legge n. 9/1982 e 31, comma 1, lett. c), legge n. 457/1978, diversamente dalla ristrutturazione edilizia, nella quale gli appellanti assumono possa essere inquadrato l’intervento richiesto (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5337, del 29 ottobre 2014).
Infatti, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. e), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, gli interventi di restauro e risanamento hanno una finalità di conservazione e valorizzazione dell’organismo edilizio, attraverso la sostituzione anche di elementi costitutivi di quest’ultimo, che tuttavia non può estendersi sino alla realizzazione di superfici e volumetrie (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30 settembre 2013, n. 4863).
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