Conformità edilizia, i casi particolari in cui utilizzare documentazione alternativa

Per la valutazione della legittimità edilizia di un immobile occorre fare riferimento ai titoli edilizi che lo hanno modificato nel tempo. Ci sono però dei casi in cui è possibile utilizzare documentazione alternativa, come la planimetria catastale

Quando si effettua la valutazione della conformità edilizia (alias legittimità edilizia) di un immobile, generalmente occorre fare riferimento ai titoli edilizi che hanno generato ed eventualmente modificato nel tempo l’immobile: se prima questa procedura era regolamentata più che altro dalla prassi e dalla Giurisprudenza, più di recente è diventata una procedura precisamente codificata all’interno del Testo Unico dell’Edilizia.

Difatti, il Decreto Semplificazioni (DL 76/2020, che ha introdotto l’art. 9 bis comma 1 bis all’interno del DPR 380/01) ha introdotto la definizione “ufficiale” di legittimità edilizia, la quale è andata inevitabilmente a colmare un vuoto legislativo.

Ad oggi, dunque, sappiamo che ogni qualvolta occorre presentare un nuovo titolo per modificare un immobile, ovvero quando questo deve essere oggetto di compravendita, oppure ancora se come tecnici siamo incaricati della redazione di una due diligence immobiliare, dobbiamo eseguire una minuziosa ricerca storica al fine di confrontare la documentazione tecnica dei precedenti titoli edilizi, partendo dall’originario titolo fino alle ultime trasformazioni che sono intervenute nel frattempo.

!!! Dall’ultima bozza del Decreto Semplificazioni sembra che tutti gli interventi che accedono al Superbonus (a esclusione di quelli con demolizione e ricostruzione) potranno essere realizzati mediante sola presentazione di CILA, senza l’asseverazione di conformità edilizia-urbanistica >> le novità QUI

Possono capitare, però, dei casi particolari, nei quali la stessa norma consente di utilizzare della documentazione alternativa, nella quale è espressamente inserita la planimetria catastale. Si tratta comunque di casi particolari: vediamo quali con l’aiuto di Marco Campagna, autore del volume Manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di due diligence immobiliari edito da Maggioli Editore.

Anzitutto, va ricordato che la legislazione italiana, come tutte le norme di ogni Paese, si è evoluta nel tempo e vi è stato senz’altro un tempo in cui per costruire non serviva acquisire nessuna licenza preventiva (ad esempio le epoche pre unità d’Italia); poi le norme hanno avuto una loro naturale evoluzione, caratterizzata, però, da una certa lentezza evolutiva nonché da una disomogeneità territoriale. Inizialmente, arrivarono i primi regolamenti edilizi comunali che, in forza della Legge fondamentale per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia (L. 20 marzo 1865 n°2248), sono andati, sporadicamente, ad assoggettare l’attività edilizia all’ottenimento di una preventiva licenza.

Ma solo le città più grandi si dotarono di tali strumenti. Per avere un’obbligatorietà di licenza edilizia omogenea in tutto il territorio nazionale occorre attendere il 1 settembre 1967 ovvero il giorno della pubblicazione della Legge n°765, la quale, andando a modificare l’originaria L. 1150/42, estenderà l’obbligo di dotarsi di una preventiva licenza a tutto il territorio comunale (e, quindi, implicitamente a tutto il territorio nazionale), laddove l’originaria norma del 1942 la prevedeva invece solo nei centri abitati e nelle zone oggetto di pianificazione urbanistica.

Immobili ante 1967

Tutto questo preambolo per dire che fino al 1 settembre 1967 è possibile imbattersi in immobili legittimamente privi della licenza edilizia: ma per stabilire ciò, occorre fare le opportune ricerche e verifiche per ricostruire la storia amministrativa del comune in cui si deve operare.

Ad ogni modo, una volta stabilito che il nostro immobile è legittimamente privo di licenza, la stessa Legge (art. 9 bis comma 1 bis DPR 380/01, così come inserito dal DL 76/2020) ci indica che in tale caso possiamo fare riferimento, per l’analisi della legittimità, alla documentazione tecnica più affine a quella di progetto edilizio e, nel caso, viene espressamente indicata la planimetria catastale di primo impianto; la norma sembra indicare che in mancanza anche di questo documento, ed in subordine, possono essere utilizzati anche altri documenti quali riprese aeree certificate ed altra documentazione che possa provenire da archivi pubblici o comunque che possano attestare la veridicità della fonte.

Dunque laddove effettivamente ci si trovi ad operare su immobili risalenti nel tempo ad epoche passate in cui non vi era l’obbligo di dotarsi di una preventiva licenza edilizia, effettivamente la planimetria catastale può essere elevata al rango di “titolo edilizio” e rappresentare, così, la legittimità edilizia (>> Leggi l’approfondimento Conformità edilizia immobili ante 1967: ok alla legittimità anche senza documentazione).

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Titolo edilizio irreperibile

Analoga operazione la possiamo fare anche laddove vi sia un riferimento amministrativo o la prova dell’esistenza di un titolo edilizio del quale, però, il Comune o l’ente che avrebbe dovuto conservare il documento non se ne trova più copia: in tali casi, la Legge stessa (sempre art. 9 bis comma 1 bis DPR 380/01) ancora viene in soccorso del tecnico dicendo che anche in tali casi è possibile utilizzare la planimetria catastale come documento legittimante, a patto, però, di essere sicuri che il documento sia effettivamente irreperibile: in tali casi infatti è buona regola farsi rilasciare dal Comune o dall’ufficio una certificazione di irreperibilità.

In buona sostanza, il Decreto Semplificazioni non ha fatto altro che consolidare la prassi amministrativa che già veniva seguita prima dai tecnici scrupolosi, i quali, non trovando il progetto o perché effettivamente non richiesto all’epoca della costruzione, o perché non più reperibile, utilizzavano i documenti tecnici più affini per dimostrare la legittimità, ivi comprese le planimetrie catastali.

A cosa serve la planimetria catastale? Quando e quali istanze catastali hanno un potere urbanistico? Approfondisci leggendo l’articolo Perché la planimetria catastale non è (quasi) mai utile per la legittimità urbanistica

Planimetria catastale del 1939?

Se spesso si sente parlare di planimetria catastale del 1939, è perché questo è l’anno in cui fu revisionato il catasto, il quale passò dal contenere la documentazione solamente relativa ai terreni (quindi con scarne informazioni sui fabbricati edificati), ad essere invece addentrato e specifico anche sulla singola unità immobiliare che, per la prima volta, era dotata di una sua specifica planimetria che ne doveva rappresentare lo stato interno ed altre informazioni potenzialmente utili anche ai fini urbanistico-edilizi.

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Il T.U.E. ha subito, negli anni, una serie di modifiche radicali.  L’opera, abbinando il dovuto rigore ad un taglio operativo, permette di individuare, per ogni singolo articolo, la norma e la giurisprudenza vigente tempo per tempo. Ciò risulta particolarmente utile, per esempio, ove sia necessario verificare il rispetto delle norme vigenti in un dato arco temporale al fine di stabilire la regolarità del manufatto (elemento peraltro necessario per poter godere dei Superbonus fiscali). L’opera è indirizzata ai professionisti tecnici costretti a confrontarsi quotidianamente con norme di difficile interpretazione anche per gli esperti. Il manuale esamina dettagliatamente la prima parte del Testo Unico dell’edilizia (articoli 1-51) focalizzata sull’attività edilizia e sui titoli abilitativi e presenta una serie di peculiarità che la differenziano da lavori analoghi:- ogni articolo presenta il testo vigente e la versione storica, indicando la norma intervenuta;- gli articoli sono arricchiti da un commento e da oltre 2.000 riferimenti giurisprudenziali;- la giurisprudenza riporta: il riferimento (organo giudicante, Sezione, data e numero), un titolo per orientare il lettore e la massima. Il testo del codice è aggiornato con oltre 35 provvedimenti legislativi a partire dalla legge Lunardi fino al decreto Semplificazioni. In appendice sono presenti le c.d. definizioni standardizzate e il quadro dei principali lavori edilizi secondo la riforma Madia.   Donato Palombellasi è laureato in Giurisprudenza (laurea quadriennale) con il massimo dei voti e plauso della commissione, discutendo una tesi in Diritto amministrativo. Ha un Master per Giuristi d’Impresa ottenuto presso l’Università di Bologna con specializzazione in opere pubbliche; successivamente ha seguito numerosi corsi specialistici su temi giuridici, economici e finanziari. Ha acquisito esperienza ultra trentennale nel Diritto immobiliare, prima all’interno di studi professionali e poi in aziende operanti nel settore edile-immobiliare. Collaboratore storico di numerose testate specialistiche di rilevanza nazionale, partecipa al comitato scientifico di alcune riviste giuridiche. È autore di numerose opere in materia di Edilizia, Urbanistica, Tutela del consumatore in ambito immobiliare, Contrattualistica immobiliare e Condominio presenti presso le principali biblioteche universitarie e dei Consigli regionali.

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Redazione Tecnica

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