Una recentissima modifica al testo unico Ambiente (d.lgs. 152/2006) introduce una importante novità per quanto riguarda le procedure di bonifica dei siti inquinati – da intendersi in senso molto ampio, quindi dai primissimi controlli fino alle procedure di bonifica vere e proprie – nelle aree appartenenti al Demanio militare e ad uso esclusivo delle Forze armate.
L’art. 35 della l. 134/2012 prevede infatti che con un apposito decreto interministeriale (di concerto tra difesa, ambiente e salute) verranno definite ed individuate le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui all’allegato 5 alla parte quarta del testo unico Ambiente per tutte le procedure “ripulenti” nei siti indicati, “tenuto conto delle attività effettivamente condotte nei siti stessi o nelle diverse porzioni di essi” (così il nuovo testo dell’art. 184 come modificato dall’art. 35, l. 134/2012 cit.).
Si ricorda che le CSC (con valori sostanzialmente coincidenti con quelli previsti in regime Decreto Ronchi dal d.m. 471/1999) rappresentano quella soglia di contaminazione tale da far definire come “potenzialmente contaminata” una certa area, cosa che non ne determina l’automatica qualificazione giuridica di area inquinata, ma solo di una caratterizzazione e dell’analisi di rischio sito specifica (art. 240 testo unico Ambiente).
Solo se dopo queste analisi si scopriranno superate anche le CSR, allora scatteranno gli obblighi di messa in sicurezza o bonifica dei siti inquinati.
Sebbene la nuova norma non lo preveda espressamente, il rischio è che l’emanando decreto innalzi le CSC per le aree militari, così allontanando le ipotesi di bonifica; è noto, infatti, che in tali aree le concentrazioni di inquinanti pericolosi sia alquanto alta (si pensi all’uranio impoverito degli armamenti).
Se invece il decreto interministeriale si mostrerà rigoroso ed attento alla situazione (deve tener conto delle attività effettivamente condotte nei siti) allora si potrebbe portare ad una più rapida bonifica di diverse aree potenzialmente pericolose.
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