Anche una piscina qualificabile in termini pertinenziali rileva sotto l’aspetto paesaggistico: è quanto affermato dal TAR Campania, Salerno, sez. I, nella sent. 16 ottobre 2025, n. 1670.
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La pertinenza urbanistica
Dal punto di vista urbanistico, la giurisprudenza amministrativa si è occupata in molte occasioni della questione della qualificazione della piscina, evidenziando che il concetto di pertinenza urbanistica è più ristretto rispetto a quello civilistico ed è applicabile solo ad opere di modesta entità, che risultino accessorie rispetto ad un’opera principale e non a quelle che, da un punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera principale e non siano coessenziali alla stessa[1].
Pertanto, non occorre considerare solo il rapporto funzionale di accessorietà con la cosa principale, ma anche le caratteristiche dell’opera in sé sotto il profilo dell’autonomo impatto urbanistico sul territorio, l’assenza di autonoma destinazione del manufatto pertinenziale, l’incidenza sul carico urbanistico e la modifica all’assetto del territorio[2].
La pertinenza urbanistica deve, quindi, essere intesa in un’accezione restrittiva, in quanto riferita solo ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e suscettibili di diversa utilizzazione economica, in quanto dotati di un autonomo valore di mercato[3].
La piscina pertinenziale
In coerenza con la nozione restrittiva sopra richiamata, la natura di pertinenza urbanistica di una piscina è stata riconosciuta solo allorché la stessa non abbia dimensioni rilevanti e sia stata realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa[4], come nel caso di una piscina semplicemente appoggiata sulla superficie di terra, senza l’impiego di materiale edile in grado di trasformare o incidere con forza invasiva sull’assetto del terreno, di modeste dimensioni, con connessione finalistica con l’immobile principale[5] ovvero nel caso di una piscina (anche interrata) con volume inferiore al 20% del volume dell’abitazione principale[6] o, ancora, nel caso di una piscina lunga 10 m., larga 3 m. ed alta 1,20 m., destinata ad esclusivo servizio del fabbricato principale, in quanto, non essendo suscettibili di un autonomo uso e/o sfruttamento, non aumentano il carico urbanistico[7].
Negli altri casi, invece, la piscina è stata generalmente considerata una nuova costruzione[8], in ragione dell’impatto rilevante sui luoghi e della sua autonomia.
I giudici salernitani hanno qualificato in termini pertinenziali una piscina interrata pertinenziale (del tipo a skimmer) avente forma trapezoidale, con lunghezza m 5.12 – 5.06, larghezza m 1.60 – 2.39, profondità m 1.20, ed una superficie della vasca di mq 10.10; nel caso specifico, il progetto prevedeva, altresì, la realizzazione un piccolo vano tecnico (tipo prefabbricato cm 100x100x100) completamente interrato e con botola di ispezione ricoperta da circa 10 cm di strato di terreno inerbito e l’installazione di una balaustra in lastre di vetro montate su piccoli montanti in acciaio ad interasse di circa 1.5 m ed altezza da piano di calpestio di m 1, per una lunghezza di m 10.83 + 3.19.
La rilevanza paesaggistica di una piscina pertinenziale
Secondo i giudici, la qualificazione in termini pertinenziali della piscina, nel caso di specie, deve considerarsi recessiva, ai fini paesaggistici, rispetto alla sua indubbia natura di volume rilevante in un’area nella quale vi è un vincolo assoluto di inedificabilità (nel caso specifico, l’area interessata dall’intervento era sottoposta a tutte le disposizioni della parte terza del Codice dei beni culturali e del paesaggio per effetto del D.M. 23 gennaio 1954, rientrava nel perimento del P.U.T. costiera Sorrentino Amalfitana approvato con L.R. 35/87 ed era classificata in parte in zona 2 “Tutela degli insediamenti antichi accentrati del PUT”, in zona “A” del vigente PRG).
Al riguardo, è stato ribadito che hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull’area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici – anche se si tratta di una eventuale pertinenza – poiché le esigenze di tutela dell’area sottoposta a vincolo paesaggistico – da sottoporre alla previa valutazione degli organi competenti – possono anche esigere l’immodificabilità dello stato dei luoghi (ovvero precluderne una ulteriore modifica).
Ed infatti, come affermato dalla giurisprudenza nel caso di una piscina di mt. 4,20 x mt. 8,70, “L’opera in questione […] determina la creazione di volume, ovvero l’aumento di quelli già realizzati, questo perché la nozione di volume utile (come anche di superficie utile) deve essere interpretata (alla luce della circolare del Ministero per i beni e le attività culturali n. 33 del 26 giugno 2009, nonché della prevalente giurisprudenza amministrativa) nel senso di qualsiasi opera edilizia calpestabile e/o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia. In questa accezione, il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova opera comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, sia esso interrato o meno (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907; id. sentenze n. 3579/2012, n. 5066/2012, n. 4079/2013, n. 3289/2015). Accertato che si tratta di opera volumetricamente rilevante, recede, ai fini che qui rilevano, la qualificazione della stessa in termini di petinenzialità o meno. E invero, se anche la piscina (interrata o sopraelevata rispetto al suolo) potesse ritenersi opera pertinenziale, la sua realizzazione non potrebbe comunque qualificarsi come attività di manutenzione straordinaria, atteso che questa consiste in interventi volti comunque ad assicurare la sopravvivenza o il ripristino anche totale di manufatti già esistenti, tanto più qualificabile come di sistemazione esterna o ristrutturazione edilizia, mentre è da escludere del tutto che essa possa qualificarsi come opera precaria … (Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 13 giugno 2023, n. 5807)”[9].
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Note
[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 29 luglio 2022, n. 6685.
[2] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 20 luglio 2022, n. 6371.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 19 maggio 2023, n. 5004.
[4] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 3 ottobre 2019, n. 6644.
[5] Consiglio di Stato, sez. VII, sent. 18 febbraio 2025, n. 1376, secondo cui “Non è una nuova costruzione una piscina semplicemente appoggiata sulla superficie di terra, senza l’impiego di materiale edile in grado di trasformare o incidere con forza invasiva sull’assetto del terreno, di modeste dimensioni, con connessione finalistica con l’immobile principale. Risulta dunque applicabile l’indirizzo di giurisprudenza secondo cui l’installazione di una piscina di non rilevanti dimensioni, realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa, non possedendo un’autonomia immobiliare, deve considerarsi alla stregua di una pertinenza dell’immobile principale esistente, essendo destinata a servizio dello stesso (Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2019, n. 6644). La vasca, così realizzata, non integra violazione né degli indici di copertura né degli standard, atteso che non aumenta il carico urbanistico della zona e che i vani per impianti tecnologici sono sempre e comunque consentiti (Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1951). Accertata la natura pertinenziale dell’opera, non residua infatti alcun obbligo di apposito titolo edilizio né, tantomeno, di autorizzazione paesaggistica, stante l’inidoneità della piscina a determinare sbancamenti del terreno o alterazione del regime delle acque.”.
[6] TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, sent. 10 luglio 2024, n. 215: “Ad una piscina, anche interrata, che non superi il 20% del volume complessivo, non può negarsi la natura pertinenziale rispetto all’abitazione principale (cfr. Tar Palermo sentenza 433 del 2019).
Secondo la giurisprudenza, infatti, “l’installazione di una piscina che non abbia dimensioni rilevanti, realizzata in una proprietà privata a corredo esclusivo della stessa, deve considerarsi alla stregua di una pertinenza esclusiva dell’immobile esistente, essendo destinata a servizio dello stesso e (…) tali considerazioni non possono che estendersi alle opere di sistemazione ed a quelle concernenti i locali di servizio” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2019, n. 6644 e Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1951)” (cfr. anche T.A.R. Campania, Salerno, sentenza n. 2407/2022).
La pertinenza, oltre alle modeste dimensioni, si caratterizza per una destinazione a servizio dell’immobile principale, di tipo oggettivo: non è suscettibile di utilizzo autonomo e separato, e ha carattere accessorio.
Quanto alle dimensioni, ai sensi dell’art. 3 e.6) del dpr 380 del 2001, perdono il requisito di pertinenza gli interventi che superano il 20% del volume dell’edificio principale; dunque non appare condivisibile quella giurisprudenza, anche recente, che riconduce le pertinenze sono ai locali tecnici o agli arredi da giardino, atteso che si risolverebbe in una interpretazione abrogante.
Quanto al vincolo oggettivo di accessorietà e dipendenza funzionale, in difetto di altri elementi (ad esempio, costruzione di una piscina destinata al pubblico e non a uso privato), appare evidente che la realizzazione di una piscina in aperta campagna non avrebbe alcuna utilità autonoma, sicché non può essere agevolmente negabile tale requisito, se non in modo astratto e apodittico.
Le caratteristiche della pertinenza, sul piano edilizio e urbanistico, poi, non determinano la necessità o meno del permesso di costruire per realizzarla, ma solo l’effetto che accessorium sequitur principale, e in tal senso deve essere interpretato l’articolo 3 e.6) del dpr 380 del 2001, con riferimento alle pertinenze: esse non sono interventi di nuova costruzione con rilievo autonomo, nel senso che la loro realizzazione non ha considerazione autonoma sul piano urbanistico ed edilizio, quindi seguono il titolo e la disciplina della costruzione principale cui accedono; ciò comporta che, se può essere realizzata la cubatura e la tipologia di costruzione principale in una determinata zona, ma è necessario il permesso di costruire, la piscina deve essere contemplata nella richiesta di permesso di costruire ma segue l’assentibilità dell’immobile principale senza aggiungervi cubatura necessaria.
Tutto ciò, ovviamente, a meno che si verta in una ipotesi di area sottoposta a vincolo paesaggistico (come specifica la lett. e.6) cit.): in quel caso anche le pertinenze assumono rilievo autonomo, perché sono idonee a incidere sul bene paesaggio, che è diverso e ulteriore rispetto al mero assetto urbanistico ed edilizio.”
[7] TAR Basilicata, sez. I, sent. 8 maggio 2023, n. 268.
[8] TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, sent. 31 agosto 2023, n. 13496, secondo cui non è una mera pertinenza una piscina di 120 mq., tenuto conto della sua autonoma funzionalità, nonché del suo autonomo valore di mercato e della sua intrinseca attitudine a trasformare in modo durevole il territorio; TAR Marche, sez. I, sent. 21 luglio 2023, n. 487, secondo cui una piscina interrata di 6 metri per 12 metri, con profondità massima di 2 metri, non può essere qualificata come mera pertinenza; TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 26 maggio 2022, n. 845, secondo cui una piscina interrata avente una superfice totale di circa 62,50 mq. rientra nel novero degli interventi di nuova costruzione.
[9] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 29 maggio 2025, n. 4116.
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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