Per giurisprudenza costante[1], anche nel settore edilizio, i provvedimenti di annullamento in autotutela rientrano nell’ambito normativo dell’art. 21-nonies[2] della Legge n. 241/1990, il quale ha ridefinito il relativo potere conferendo all’Amministrazione un margine di discrezionalità che si basa sulla valutazione dell’interesse pubblico rispetto alla fiducia riposta dal destinatario dell’atto; in particolare, tale norma prevede che il termine di 12 mesi per l’esercizio del potere di annullamento decorre “dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici”[3].
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Indice
Un recente caso concreto: ricostruzione fattuale
La recente sent. n. 225/2025 del TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, ci offre l’occasione per indagare meglio l’individuazione del termine iniziale di decorrenza dell’arco temporale entro cui è legittimo l’esercizio del potere di annullamento.
Nel caso specifico, si era avuta la seguente successione temporale:
- il 3 febbraio 2022 l’interessato aveva presentato l’istanza per il rilascio del permesso di costruire;
- il 15 febbraio 2022 l’ufficio tecnico comunale comunicava l’avvio del procedimento;
- il 5 aprile 2022 si era avuto il subentro di un nuovo proprietario;
- il 7 novembre 2022 l’ufficio sospendeva i termini istruttori per consentire l’integrazione documentale della pratica;
- in data 18 aprile 2023 l’ufficio invitava in nuovo proprietario al pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione relativamente alla richiesta di permesso a costruire;
- il 24 maggio 2023 l’interessato versava il dovuto;
- il 23 giugno 2023 il permesso veniva rilasciato e ritirato in pari data dall’interessato;
- il 2 gennaio 2024 si aveva l’inizio dei lavori
- il 3 giugno 2024, riceveva la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire;
- l’11 giugno 2024 l’interessato presentava le proprie osservazioni;
- il 17 giugno 2024 l’ufficio tecnico comunale annullava il permesso di costruire.
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Il momento di adozione del permesso di costruire
Come ricordato dai giudici bolognesi, è necessario distinguere il piano dell’esistenza del provvedimento da quello dell’efficacia, richiedendosi, per tale secondo aspetto, la comunicazione agli interessati (essendo il permesso di costruire un atto di natura recettizia, ossia un atto che richiede la conoscenza del destinatario per poter produrre i propri effetti).
Inoltre, deve escludersi il perfezionamento del titolo abilitativo edilizio per effetto della sola comunicazione inerente al pagamento degli oneri.
L’art. 20 del Testo Unico Edilizia[4], a sua volta, in tema di procedimento per il rilascio del permesso di costruire dispone che “il provvedimento finale di rilascio del permesso di costruire è adottato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e comunicato all’interessato entro il termine perentorio di quindici giorni dalla proposta di cui al comma 5. Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere”: dalla formulazione della norma si evince, dunque, che il permesso a costruire si considera rilasciato solo con l’adozione dell’atto finale conclusivo del procedimento [5].
Ne consegue che nel caso specifico il permesso di costruire non poteva ritenersi adottato sin dal momento del mero invito alla ricorrente al pagamento degli oneri, né in quello successivo dell’intervenuto pagamento bensì in quello ancora posteriore della formale adozione, intervenuta il 23 giugno 2023, momento dal quale, quindi, decorreva il termine annuale ai sensi e per gli effetti dell’esercizio del potere di annullamento di cui all’art. 21-nonies della Legge n. 241/90.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, secondo i giudici, l’atto di annullamento del permesso di costruire emanato il 17 giugno 2024 e comunicato a mezzo pec in pari data, poteva dirsi emanato, seppur di pochi giorni, tempestivamente ovvero entro il richiamato termine annuale decorrente dall’“adozione” dell’atto.
Note
[1] Cfr., recentemente, TAR Marche, sez. II, sent. 228/2025.
[2] Art. 21-nonies – (Annullamento d’ufficio)
1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.
2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole.
2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
[3] Occorrendo comunque tener conto – per giurisprudenza consolidata – della concreta scoperta da parte dell’Amministrazione dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro (ex multis: Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 agosto 2024, n. 7134) ove l’impossibilità di conoscere fatti e circostanze rilevanti sia imputabile al soggetto che ha beneficiato del rilascio del titolo edilizio. Al fine dell’individuazione del “dies a quo” rileva oltre la falsità anche un comportamento fuorviante ovvero la presentazione di documentazione o dichiarazioni idonee ad indurre in errore l’Amministrazione (TAR Puglia, Lecce, sez. I, sent. 19 luglio 2021, n. 11419).
[4] DPR n. 380/2001.
[5] Cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 13 dicembre 2024, n. 993: “In sostanza, secondo la giurisprudenza, il dies a quo per l’esercizio del potere di autotutela, che normalmente decorre dalla data di adozione del provvedimento di primo grado, può decorrere dal momento della scoperta da parte dell’Amministrazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento dell’atto di ritiro, soltanto nel caso in cui sia stato il comportamento dell’istante, tramite false attestazioni, ad aver causato l’impossibilità per l’Amministrazione di svolgere un compiuto accertamento sulla spettanza del bene della vita nell’ambito della fase istruttoria del procedimento di primo grado: a tali condizioni, infatti, l’esigenza di ripristinare la legalità violata recede dinanzi all’esigenza di tutelare l’affidamento del privato, che è posta a fondamento del termine di dodici mesi (prima diciotto) individuato per legge dal comma 1.
2.2.2. Per contro, tale dies a quo non può e non deve operare quando il ritardo nella “scoperta” sia stato determinato da una carenza dell’Amministrazione e non dalla colpa del privato; sicchè, ogni qualvolta non sia possibile attribuire a colpa del dichiarante la mancata conoscenza, da parte dell’amministrazione, dei fatti posti a fondamento dell’atto di ritiro, il termine di 12 mesi per l’esercizio dell’autotutela non decorre dalla data della scoperta di questi ultimi da parte dell’Amministrazione, bensì dalla data di adozione del provvedimento di primo grado annullato.”
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