Annullamento permesso di costruire in sanatoria a distanza di oltre un anno dal rilascio: è illegittimo

Una recente sentenza ricorda che l’annullamento in autotutela oltre il termine di 12 mesi viola l’art. 21-nonies della Legge 241/1990.

Mario Petrulli 30/05/25

Il provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire intervenuto in violazione del termine massimo di 12 mesi previsto dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990 è da ritenersi insanabilmente affetto da illegittimità: è quanto affermato dal TAR Lazio, Latina, sez. II, nella sent. 24 aprile 2025, n. 386, dinanzi ad un annullamento intervenuto dopo circa tre anni dal rilascio del titolo edilizio[1].

Vediamo il principio generale, i precedenti giurisprudenziali e le norme sull’annullamento.

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Annullamento in autotutela, come deve essere esercitato

I giudici hanno ricordato che il potere di annullamento deve essere esercitato:

  • in maniera conforme con i princìpi in materia di autotutela, primi fra tutti quello della temporaneità del potere e dell’adeguata esplicitazione dell’interesse pubblico alla decadenza[2];
  • secondo buona fede e correttezza ex art. 1, comma 2-bis della l. n. 241/1990, in modo da non eludere la portata garantista dei predetti princìpi, facendo uso della decadenza come surrogato del potere di autotutela per rimediare a fattispecie di omissioni e ritardi, da parte dell’Amministrazione, nel riscontro del contenuto delle dichiarazioni originariamente rese dai privati, sulla cui base sono stati ottenuti vantaggi (permesso in sanatoria e autorizzazione paesaggistica) poi consolidatisi negli anni per fatto dell’Amministrazione stessa.

Conseguentemente, l’annullamento dopo tre anni si pone in contrasto con il dettato dell’art. 21-nonies, comma 1 della legge n. 241/1990, a mente del quale “Il provvedimento amministrativo…..può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici….e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge..”. E ciò sia in relazione alla mancata osservanza del ridetto termine per l’adozione dell’atto impugnato, da qualificarsi come decadenziale, sia in relazione alle sue carenze motivazionali.

I precedenti giurisprudenziali

I giudici hanno ricordato il costante insegnamento giurisprudenziale, secondo cui:

  • deve attribuirsi “una specifica pregnanza al decorso del tempo e al relativo affidamento che si ingenera nel privato sulla stabilità degli effetti giudici favorevoli –di ampliamento della sfera giuridica, autorizzatori o di attribuzione di vantaggi economici- discendenti dall’esercizio dei pubblici poteri[3];
  • si “codifica nella legge generale sul procedimento amministrativo un principio di civiltà giuridica, funzionale a riequilibrare l’asimmetria immanente nel rapporto tra l’Autorità e gli amministrati, introducendo un limite temporale all’esercizio del potere amministrativo di riesame (tradizionalmente inesauribile e, in ogni caso, astretto a limiti non ben scanditi, siccome risultanti da clausole “elastiche” quali: “ragionevolezza del termine”; motivazione specifica; interessi dei destinatari e dei controinteressati et similia) in guisa speculare rispetto a quello che tradizionalmente connota lo ius agendi dei privati, con l’ordinario termine di decadenza di 60 giorni, ovvero di 120 giorni per l’azione risarcitoria o il ricorso straordinario al Capo dello Stato[4].

Le norme sull’annullamento

L’art. 21-nonies della legge 241/90 segna l’introduzione di un nuovo paradigma” nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione; nel quadro di una regolamentazione attenta ai valori della trasparenza e della certezza, tale norma ha fissato un termine decadenziale avente connotazione di assoluta novità, in quanto funzionalmente e teleologicamente preordinato:

  • non già –come sempre era stato in passato- a garantire la inoppugnabilità degli atti nell’interesse della Amministrazione ovvero, come di recente, con il termine di 120 giorni di cui all’art. 30 del cod. proc. amm. per l’esperimento della azione risarcitoria, in funzione di stabilità dei rapporti pubblicistici e di salvaguardia delle esigenze di bilancio e di spesa (artt. 81, 97 e 119, parametri costituzionali espressamente evocati dal Giudice delle leggi a sostegno della legittimità del citato termine di 120 giorni per la domanda di risarcimento dei danni: C. Cost. n. 94/2017);
  • bensì, a fissare limiti invalicabili di preclusione/consumazione del potere pubblico nell’interesse dei consociati, al fine di consolidare le situazioni giuridiche soggettive favorevoli nascenti da atti amministrativi, e renderle non più perennemente “claudicanti”, siccome esposte in ogni tempo alla potestà di riesame della Amministrazione.

L’art. 21-nonies l. 241/90, quindi, ridisegna il rapporto tra i poteri pubblici e i privati “incisi” assegnando fondamentale significanza al decorso del tempo, per le situazioni giuridiche discendenti da provvedimenti amministrativi, in funzione di tutela:

  • dell’affidamento del privato, la cui sfera giuridica, ampliata dal potere amministrativo, non può tollerare una situazione di diuturna instabilità;
  • della certezza e della stabilità delle situazioni giuridiche, “a latere” privatistico; d’altra parte, sul decorso del tempo quale fatto che vale a consumare e precludere l’esercizio del potere, anche nei rapporti tra le Amministrazioni, l’art. 21-nonies rappresenta il pendant dell’art. 17-bis della l. 241/90 (sul silenzio-assenso tra amministrazioni); come, infatti, affermato dal Consiglio di Stato in sede consultiva, “a tale nuova regola generale [id est, l’art. 21-nonies l. 241/90] che riforma i rapporti “esterni” dell’amministrazione con i privati, corrisponde – introdotta ad opera dell’art. 17-bis – una seconda regola generale, che pervade i rapporti ‘interni’ tra amministrazioni[5].

A ben vedere, inoltre, la regola di cui all’art. 21-nonies si iscrive, e vale a specificarne il contenuto, nel più generale alveo dei doveri di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare i rapporti intersoggettivi. Si tratta, dunque, di una regola speculare, nella ratio e negli effetti, a quella dell’inoppugnabilità dell’atto amministrativo, ma creata, a differenza di questa, in considerazione delle esigenze di certezza e per la tutela del privato.

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Note

[1] Cfr. ex multis, CGARS, S.G., n. 273/2024, proprio riferimento all’annullamento in autotutela del titolo edilizio in sanatoria.
[2] T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, sent. n. 9248/2020.
[3] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, sent. n. 1637/2018.
[4] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, sent. n. 1637/2018.
[5] Consiglio di Stato, Comm. Sp., par. 13 luglio 2016, n. 1640.

In collaborazione con studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), esperto nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica, degli appalti, del diritto degli Enti Locali e del diritto bancario.
Collabora da anni con società di consulenza e formazione agli Enti Locali, case editrici, riviste tecnich…Continua a leggere

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