Un intervento edilizio privo di autorizzazione, eseguito su un immobile classificato tra i beni culturali, fa scattare sanzioni anche penali che il seguente disco verde da parte della Soprintendenza non cancellano. Insomma, come a dire che: “fatto il danno, non si scappa dalla punizione”.
È quanto accaduto a un amministratore di uno stabile sottoposto a vincolo che aveva deciso di eseguire alcuni lavori sulla struttura e sulla facciata (sostituzione di alcuni serramenti, di alcuni dispositivi elettrici d’impianto e la realizzazione di un foro coperto da griglia d’aerazione visibile sulla facciata) senza avere l’OK da parte della Soprintendenza ai beni culturali.
Ebbene, ricevuta la condanna, la Cassazione penale con una recente sentenza (n. 14951/2015) ha stabilito la permanenza delle sanzioni anche se nel mentre del processo penale era arrivata la tanto agognata (ma a questo punto, inutile) autorizzazione a procedere.
Quello che interessa maggiormente di questa sentenza è, però, la puntuale distinzione fatta dalla Suprema Corte tra beni paesaggistici e beni culturali, entrambi disciplinati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004), ma differenti per quanto riguarda le sanzioni e la loro estinzione.
In sostanza, affermano gli ermellini, occorre tenere ben distinta la differenza tra cos’è un bene paesaggistico e cosa un bene culturale. Le definizioni si trovano nel decreto n. 42/2004.
I beni paesaggistici sono, per esempio, le cose immobili con evidenti caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica, le bellezze panoramiche considerate come quadri e così via.
Per questo tipo di beni, il reato si estingue con una provvedimento di sanatoria che giunga a posteriori dalla realizzazione dell’intervento abusivo.
I beni culturali sono le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico: per esempio le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, le collezioni librarie appartenenti allo Stato e gli immobili, di qualsiasi proprietà, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere.
Per tali beni, il reato di abuso non si estingue dopo una sopravvenuta autorizzazione, se tardiva. Infatti la ratio della disposizione si spiega nel fatto che si intende tutelare da modifiche il bene da modifiche non previamente autorizzate (poco importa se successivamente all’abuso, tali modifiche possano essere considerate compatibili).
Infine, la Corte ricorda che dal punto di vista urbanistico, a prescindere dalla tipologia di bene sottoposta a vincolo (bene culturale o paesaggistico), il reato può essere sanato dal Comune se si perfeziona la c.d. Doppia Conformità, ossia la compatibilità dell’intervento sia nel momento della sua realizzazione sia quando si richiede la sanatoria.
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