Il TAR della Calabria, attraverso la sentenza n. 418 del 16 luglio 2018, ha dichiarato legittimo il ricorso presentato da un’impresa che non ha partecipato ad una gara d’appalto in quanto le condizioni previste nella medesima stabilivano un importo base d’asta così “fuori mercato”, tale da imporre alle imprese di offrire il proprio prodotto sotto costo, rendendone impossibile la partecipazione.
Appalto, la sentenza del TAR
La regola generale impone che, soltanto le imprese che hanno partecipato alle gare d’appalto hanno la possibilità di impugnare il loro esito, pur tuttavia il TAR con questa sentenza legittima anche l’operatore economico che non ha presentato richiesta d’invito alla gara se sussistono le seguenti specifiche condizioni, garantendo di fatto la tutela della concorrenza:
– Qualora venga contestata l’indizione della gara medesima
– Qualora venga contestata la mancanza della gara e il conseguente affidamento in via diretta del contratto da parte dell’amministrazione
– Qualora vengano contestate le clausole stabilite nel bando della gara d’appalto, in funzione del fatto che le stesse siano motivo di immediata esclusione
Sono ritenute “clausole immediatamente escludenti” le seguenti:
– Le condizioni che ostacolano la partecipazione in quanto la rendono difficoltosa oppure impossibile
– Le condizioni irragionevoli che inibiscono il calcolo di convenienza economica/tecnica necessario al fine di poter concorrere alla gara d’appalto
– Le condizioni che irragionevolmente riducono i termini per presentare l’offerta
– Le condizioni economiche che potrebbero dare origine ad un contratto eccessivamente oneroso e non conveniente oggettivamente per le imprese partecipanti.
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Nel caso in oggetto, il TAR ha sentenziato che il contratto è nullo a causa della mancanza di un elemento fondamentale, ovvero perché il prezzo base fuori mercato è puramente simbolico e destinato nelle intenzioni di entrambe le parti a non essere corrisposto.
L’impossibilità di proporre un ribasso su tale prezzo base, può comportare la mancata presentazione della domanda di partecipazione alla gara d’appalto da parte dell’operatore economico in quanto consapevole che se presentasse un’offerta economica superiore al prezzo base d’asta, stabilito dall’amministrazione, verrebbe automaticamente escluso.
Secondo i giudici di primo grado, la discrezionalità della Pubblica amministrazione, nella determinazione dell’importo a base d’asta non è libera in maniera assoluta, seppure, nella misura in cui non possa essere contestualizzato mediante corrette analisi di mercato e valutazione dei prezzi, sia opinabile in riferimento al parametro della ragionevolezza e logicità dell’azione amministrativa.
La fissazione del prezzo d’asta nella gara d’appalto può essere oggetto di critica qualora tale prezzo sia sproporzionato rispetto al prezzo di mercato e comporti una reale alterazione della concorrenza e produca una rappresentazione irreale della medesima causando effetti pericolosi sul mercato destinati a perdurare nel tempo. Su queste basi e anche facendo riferimento alle componenti del costo del lavoro e degli oneri della sicurezza, il TAR ha ribadito che la base d’asta “seppure non deve essere corrispondente necessariamente al prezzo di mercato, tuttavia non può essere arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza”.
Appalto a titolo gratuito
Il TAR ha preso in esame anche l’argomento molto delicato dell’appalto a titolo gratuito, sentenziando l’impossibilità di rinnegare a priori, soprattutto negli appalti pubblici di servizi o di lavori, la fissazione di un prezzo “simbolico” o anche “nullo” qualora determini un’utilità economica in senso lato, come può essere il ritorno di immagine, che è diversa dall’utilità strettamente finanziaria.
Per quanto concerne l’appalto di forniture, indipendentemente dall’oggetto, l’eventuale gratuità può essere presa in considerazione dalle Amministrazioni aggiudicatrici esclusivamente quando può essere ricondotta alle tipologie contrattuali espressamente previste dalle normative vigenti come ad es. i contratti di sponsorizzazione, proprio per scongiurare scelte che non siano del tutto trasparenti e che possano trasformare affidamenti teoricamente onerosi in affidamenti in sostanza gratuiti.
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