Gli argomenti delle sentenze di interesse per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica pubblicate la settimana scorsa sono… 1) Progettazione in zona sismica: Perito edile e Geometra sono competenti? 2) Interventi di scavo e sbancamento: quale titolo edilizio è necessario? 3) Opere abusive su suolo pubblico: è necessaria la diffida preventiva alla demolizione. 4) Richiesta titolo edilizio da parte di una società in accomandita semplice: notifica diniego socio accomandatario. 5) Sanatoria: necessità di dichiarazione del terzo. 6) Scelte pianificatorie: affidamento pregressa destinazione dell’area.
Progettazione in zona sismica: Perito edile e Geometra sono competenti?
Estremi della sentenza: TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 14 maggio 2018 n. 742
Massima: Un perito edile (e, allo stesso modo, un geometra) non è competente a progettare una sopraelevazione di un edificio in zona sismica
L’art. 16, R.D. n. 275/1929 (Regolamento per la professione di perito industriale), stabilisce che «spettano ai periti industriali, per ciascuno nei limiti delle rispettive specialità di meccanico, elettricista, edile, tessile, chimico, minerario, navale ed altre analoghe, le funzioni esecutive per i lavori alle medesime inerenti.
Possono inoltre essere adempiute: … b) dai periti edili anche la progettazione e direzione di modeste costruzioni civili, senza pregiudizio di quanto è disposto da speciali norme legislative, nonché la misura, contabilità e liquidazione dei lavori di costruzione …».
Si tratta della medesima locuzione utilizzata dal Legislatore in relazione ai geometri (art. 16, lett. m, R.D. n. 274/1929: «L’oggetto ed i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: … m) progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili»), rispetto ai quali il Consiglio di Stato ha affermato che «il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare modesta – e quindi se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri – consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine, mentre non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso), assume significativa rilevanza il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla l. n. 64 cit., la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri» (Cons. di Stato, V, sent. n. 883/2015).
Conseguentemente, né un perito edile né un geometra possono considerarsi competenti a progettare una sopraelevazione di un edificio in zona sismica.
Le competenze progettuali dei professionisti tecnici
La materia del riparto delle competenze progettuali fra i professionisti tecnici è di estremo interesse pratico; individuare correttamente la figura professionale che può progettare un determinato intervento è, infatti, fondamentale per tutti i soggetti interessati:- per il professionista, onde evitare responsabilità e rischi nello svolgimento della propria prestazione;- per il cittadino, che deve avere cognizione di quale sia il professionista a cui rivolgersi per l’intervento che vuol realizzare; – per la pubblica amministrazione (in primis, il Comune attraverso l’ufficio tecnico) che deve valutare il progetto presentato e, conseguentemente, anche verificare che il progettista abbia le adeguate competenze secondo quanto previsto dalle norme in materia.Le difficoltà nell’individuare correttamente la ripartizione della progettazione sono legate a plurime motivazioni:• la vetustà di disposizioni normative palesemente risalenti e le inevitabili sovrapposizioni nell’interpretazione;• il miglioramento delle tecniche costruttive e dei materiali;• l’azione degli ordini professionali che, legittimamente, intervengono per difendere le proprie aree di competenza e, possibilmente, individuarne di nuove;• la mancanza di coraggio del Legislatore che, a distanza di quasi un secolo, non è ancora intervenuto con un disegno normativo organico che possa fare definitiva chiarezza e ridurre al minimo i margini di incertezza nella materia.In questa breve trattazione, senza alcune pretesa di esaustività, evidentemente non possibile in questa sede, cercheremo di fornire le linee guida per individuare correttamente le competenze progettuali dei singoli professionisti tecnici, alla luce delle norme in materia e dei chiarimenti forniti dalla giurisprudenza.Mario Petrulli, Avvocato (www.studiolegalepetrulli.it), collabora con siti giuridici (tra i quali www. ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore.
Mario Petrulli | 2017 Maggioli Editore
10.90 € 9.27 €
Interventi di scavo e sbancamento: quale titolo edilizio è necessario?
Estremi della sentenza: TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 18 maggio 2018 n. 3281
Massima: Gli interventi di scavo e sbancamento per usi diversi da quelli agricoli, qualora siano tali da comportare un’evidente immutazione dello stato dei luoghi, devono essere assentiti con permesso di costruire e, se eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesistico, necessitano, altresì, dell’autorizzazione paesaggistica
Gli interventi di scavo e sbancamento per usi diversi da quelli agricoli, qualora siano tali da comportare un’evidente immutazione dello stato dei luoghi, devono essere assentiti con permesso di costruire e, se eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesistico, necessitano, altresì, dell’autorizzazione paesaggistica (cfr. Consiglio Stato sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7924; Consiglio di Stato, sez. IV, 02/11/2009, n. 6784; T.A.R. Campania, sez. VI, n. 5228/2013; T.A.R. Napoli, sez. III, 04/05/2012, n. 2044; v., anche, in questo senso per la configurabilità del reato di costruzione senza permesso di costruire, Cassazione penale sez. III, 02 dicembre 2008, n. 8064; Cassazione penale sez. III, 05 marzo 2008, n. 14243; Cassazione penale, sez. III, 29/01/2014, n. 19845).
Lo scavo è, infatti, da intendersi come un nuovo volume tale da incidere sul tessuto urbanistico, qualificabile, ordinariamente, come nuova costruzione ai sensi dell’art. 3 c. 1 lett. e del D.P.R. 380/2001.
Va rilevato che la giurisprudenza più volte ha affermato tale principio con riferimento ai lavori di scavo e di livellamento, realizzati anche mediante l’installazione di un muro di contenimento o al fine di realizzare un piazzale (v., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 06/02/2018, n. 753; T.A.R. Napoli, sez. III, 31/01/2017, n. 677; T.A.R. Napoli, sez. VII, 28/12/2017, n. 6110; T.A.R. Torino, sez. II, 07/02/2018, n. 160).
Opere abusive su suolo pubblico: è necessaria la diffida preventiva alla demolizione
Estremi della sentenza: TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 16 maggio 2018 n. 1050
Massima: L’ordine di ripristino in caso di abusi su suolo pubblico deve essere preceduto da una diffida non rinnovabile ad adempiere
Ai sensi dell’art. 35 del T.U. n. 380 del 2001, vertendosi in tema di opere abusive realizzate su suolo pubblico, l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi avrebbe dovuto essere preceduto da una “diffida non rinnovabile”, nei confronti del responsabile dell’abuso. La mancanza di tale diffida rende illegittimo l’ordine (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 7 febbraio 2018 n. 368 e 14 novembre 2016 n. 2180; T.A.R. Toscana, Sez. I, 13 luglio 2015 n. 10736).
Richiesta titolo edilizio da parte di una società in accomandita semplice: notifica diniego socio accomandatario
Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 17 maggio 2018, n. 1298
Massima: Nel caso di richiesta di un titolo edilizio da parte di una società in accomandita semplice, il diniego può essere notificato al socio accomandatario
Non può considerarsi illegittima la notifica al socio accomandatario di un provvedimento di diniego di un titolo edilizio richiesto da una società accomandataria.
La giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che “L’attività svolta della società in accomandita semplice è invero direttamente riconducibile al ricorrente, socio accomandatario e suo legale rappresentante, non rilevando pertanto la mancata indicazione della qualità per cui la sanzione è stata direttamente notificata al ricorrente, in ragione della confusione patrimoniale tra il soggetto illimitatamente responsabile e la società medesima (cfr. TAR Campania, Napoli, n. 927/2015)” (così TAR Abruzzo, L’Aquila, 9 agosto 2016, n. 482).
Inoltre, in una tale situazione, deve ragionevolmente ritenersi che il destinatario sia in grado di apprezzare la lesività del provvedimento, sia come persona fisica, che come socio della società (Cons. Stato, Sez. VI, 1° dicembre 2015, n. 5426).
Sanatoria: necessità di dichiarazione del terzo
Estremi della sentenza: TAR Marche, sent. 15 maggio 2018 n. 375
Massima: Anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, il Comune è tenuto a pretendere la produzione della dichiarazione di assenso del terzo pregiudicato – in ragione del suo interesse contrario alla sanatoria, che potrebbe risolversi in danno dello stesso – al solo fine di accertare il requisito della legittimazione del richiedente alla sanatoria
È principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui il Comune, nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, ha il potere e il dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di tutti i presupposti per la loro emanazione e, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri proprietari, è legittimo da parte dell’ente, esigere il consenso degli stessi (Cons. St., sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6529; Cons. St., sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 437).
Anche nelle ipotesi di autorizzazioni in sanatoria, il Comune è tenuto a pretendere la produzione della dichiarazione di assenso del terzo pregiudicato – in ragione del suo interesse contrario alla sanatoria, che potrebbe risolversi in danno dello stesso – al solo fine di accertare il requisito della legittimazione del richiedente alla sanatoria e non per risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario degli immobili interessati (Cons. St., sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823; T.A.R. Umbria Perugia, sez. I, 14 febbraio 2011, n. 48; T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 6 giugno 2009, n. 401; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 18 dicembre 2007, n. 4286).
Scelte pianificatorie: affidamento pregressa destinazione dell’area
Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 17 maggio 2018 n. 488
Massima: Nella formazione dello strumento urbanistico e nelle scelte che presiedono all’approvazione di varianti generali, l’amministrazione vanta di regola un’ampia potestà discrezionale per cui, salva l’esistenza di un piano attuativo approvato e convenzionato, nessun affidamento deriva dalla diversa destinazione pregressa della medesima area
Le scelte effettuate dall’amministrazione pubblica, nell’adozione degli strumenti urbanistici, costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al PRG, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni (Consiglio di Stato, sez. IV – 18/8/2017 n. 4033 e i precedenti evocati): nella formazione dello strumento urbanistico e nelle scelte che presiedono all’approvazione di varianti generali, l’amministrazione vanta di regola un’ampia potestà discrezionale per cui, salva l’esistenza di un piano attuativo approvato e convenzionato, nessun affidamento deriva dalla diversa destinazione pregressa della medesima area: l’autorità pianificatoria può anche apportare modificazioni «peggiorative» rispetto agli interessi del proprietario, in capo al quale è configurabile nulla più che una generica aspettativa al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell’immobile (T.A.R. Toscana, sez. I – 16/1/2017 n. 38 e la propria giurisprudenza menzionata).
In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento