Distanze in edilizia, quant’è vincolante la fascia di rispetto ferroviaria?

La natura del vincolo di fascia di rispetto ferroviaria nella rassegna settimanale di sentenze, oltre a novità su abusi edilizi, permesso di costruire e strutture turistiche private.

Mario Petrulli 12/03/18

Ecco la selezione delle sentenze più interessanti della scorsa settimana. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono: natura del vincolo di fascia di rispetto ferroviaria; richiesta del vicino di adottare provvedimenti repressivi degli abusi edilizi; struttura turistica privata: natura di un’opera di interesse pubblico; compatibilità urbanistica degli impianti di radio-telecomunicazione; verifiche sulla legittimazione alla richiesta di rilascio di un titolo edilizio; permesso di costruire convenzionato: non necessità di un piano urbanistico di dettaglio.

Distanze in edilizia, la fascia di rispetto ferroviaria è vincolante?

Estremi della sentenza: TAR Emilia Romagna, sez. I Bologna, sent. 5 marzo 2018 n. 195
Massima: La fascia di rispetto ferroviaria rappresenta un vincolo di inedificabilità relativa

L’art. 49 del DPR 11 luglio 980 n. 753 dispone che “Lungo i tracciati delle linee ferroviarie e vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia”. Trattasi, tuttavia, di vincolo di inedificabilità relativa, con possibilità di edificazione in deroga, mediante riduzione della zona di rispetto solo nei casi in cui “…la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano…”, come chiaramente stabilisce l’art. 60 comma 1 del medesimo DPR, c. 1 del D.P.R. n. 753 del 1980. Pertanto, la scelta operata dal legislatore è nel senso di considerare la deroga alle distanze dalla linea ferroviaria un’ipotesi del tutto eccezionale e, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “…il disposto dell’art. 60, d. p. r. 11 luglio 1980, n. 753 va interpretato nel senso che, anche in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l’amministrazione ferroviaria sia non già obbligata a rilasciare l’autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l’opportunità di rilasciare o meno l’autorizzazione stessa” (TAR Piemonte, sez. II, sent. 23 gennaio 2015, n. 151).

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Abuso edilizio, i possibili provvedimenti repressivi

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. II Salerno, sent. 5 marzo 2018 n. 347
Massima: Illegittima l’inerzia del Comune sulla richiesta avanzata dal vicino di adozione di misure repressive contro abusi edilizi

Come affermato in precedenza dalla giurisprudenza, il proprietario di un’area o di un fabbricato, nella cui sfera giuridica incide dannosamente il mancato esercizio dei poteri ripristinatori e repressivi relativi ad abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio dei detti poteri e può pretendere, se non vengano adottate le misure richieste, un provvedimento che ne spieghi esplicitamente le ragioni, con la conseguenza che il silenzio serbato sull’istanza e sulla successiva diffida integra gli estremi del silenzio rifiuto, sindacabile in sede giurisdizionale quanto al mancato adempimento dell’obbligo di provvedere espressamente (TAR Campania, Salerno, sez. I, 2/01/2017, n. 13).

Struttura turistica privata, è opera di interesse pubblica?

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent 8 marzo 2018 n. 600
Massima: Una struttura turistica privata costituisce opera di interesse pubblico

Una struttura turistica privata, secondo pacifica giurisprudenza (da ultimo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 5 settembre 2014, n. 4518), costituisce opera “di interesse pubblico”, intendendosi per tale ogni manufatto edilizio idoneo, per caratteristiche intrinseche o per destinazione funzionale, a soddisfare interessi di rilevanza pubblica (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 20/12/2013, n. 6136), “potendo in tale categoria ricomprendersi anche una struttura alberghiera ed il suo ampliamento” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 29 ottobre 2002, n. 5913; sent. 28 ottobre 1999, n. 1641; sent. 15 luglio 1998, n. 1044).

Impianti di radio-telecomunicazione: compatibilità urbanistica

Estremi della sentenza: TAR Calabria, sez. II Catanzaro, sent. 7 marzo 2018 n. 595
Massima: Gli impianti di radio-telecomunicazione, equiparati in via normativa alle opere di urbanizzazione primaria, sono compatibile con qualunque destinazione di zona

In base alla giurisprudenza amministrativa formatasi in materia, la particolare natura degli impianti di radio-telecomunicazione, equiparati in via normativa alle opere di urbanizzazione primaria (vds. art. 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003), rende l’installazione di tali manufatti compatibile con qualunque destinazione di zona (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 10 giugno 2011 n. 882), consentendone l’installazione sia in aree private, che in aree pubbliche (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 11 ottobre 2012, n. 4074).

Rilascio di un titolo edilizio: verifiche sulla legittimazione alla richiesta

Estremi della sentenza: TAR Basilicata, sent. 7 marzo 2018 n. 177
Massima: In sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati

L’art. 11, n. 1, del decreto n. 380 del 2001 prevede che «il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo». In sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste, quindi, l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi, senza necessità di procedere ad un’accurata ed approfondita disanima dei rapporti tra i condomini (Cons. Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2546).

Permesso di costruire e piano urbanistico di dettaglio

Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. II Napoli, sent. 7 marzo 2018 n. 1441
Massima: Il permesso di costruire convenzionato non richiede necessariamente l’approvazione di uno strumento urbanistico di dettaglio

La possibilità di rilascio di un permesso di costruire convenzionato, non preceduto dall’approvazione di uno strumento urbanistico di dettaglio, è stata riconosciuta in via generale con l’introduzione dell’art. 28-bis del d.P.R. n. 380 del 2001 (ad opera dell’art. 17 del D.L. n.133 del 2014), per tutte le situazioni nella quali “le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata”. La norma fissa un limite di ordine generale, finalizzato a distinguere lo spazio riservato all’istituto di nuovo conio rispetto agli spazi tuttora necessariamente riservati alla pianificazione attuativa.

Il Legislatore, recependo una prassi ampiamente diffusa e anche sulla scorta di talune previsioni della legislazione regionale, ha introdotto una nuova figura di titolo edilizio suscettibile di trovare spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del Permesso di costruire.

In definitiva ai molteplici piani attuativi previsti dall’ordinamento compete esprimere un ordine insediativo ad una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano urbanistico generale, mentre il Permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.

Per i casi in cui, secondo la valutazione dell’Amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato, come del resto è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa riferita alle fattispecie dei lotti interclusi ricadenti in aree già urbanizzate, nelle quali l’Amministrazione comunale deve disapplicare la previsione dello strumento urbanistico generale che impone, senza sufficienti ragioni giustificative, una pianificazione attuativa che nulla potrebbe aggiungere a fronte di un sufficiente grado di urbanizzazione (cfr. Cons. Stato, IV, 7.11.2014, n.5488).

Costituisce ormai principio pacifico ed acquisito che la necessità della presentazione di un previo Piano attuativo si impone soltanto qualora si tratti di asservire per la prima volta all’edificazione, mediante la costruzione di uno o più fabbricati, aree non ancora urbanizzate che obiettivamente richiedano, per il loro armonico raccordo col preesistente aggregato abitativo, la realizzazione o il potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. In tal caso non può prescindersi dalla previa predisposizione di un piano esecutivo (piano di lottizzazione o piano particolareggiato) quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia (ex multis, Cons. Stato, A.P., 20.5.1980, n. 18; 6.12.1992 n. 12 ; V, 13.11.1990, n. 776; 6.4.1991, n. 446; 7.1.1999, n.1 ; T.A.R. Campania, IV, 2.3.2000, n.596).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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