Dopo un’estate in cui l’Agenzia delle Entrate si è concentrata sulla spedizione delle lettere ai proprietari di fabbricati rurali per la regolarizzazione catastale è importante approfondire quali possano essere le modalità per recuperare tali tipologie di edifici. Ci si riferisce, dunque, non tanto a quei fabbricati tutt’ora dediti all’attività agricola o all’abitazione principale del titolare dell’attività stessa, ma si fa riferimento maggiormente a tutti quei fabbricati abbandonati da parecchio tempo e non più utilizzati, ubicati in zone più o meno montane, dove al non utilizzo si è accompagnato il mai avvenuto corretto accatastamento e, pertanto, il fabbricato è da sempre rimasto censito come “fabbricato rurale”.
Recupero fabbricati rurali: la normativa
Per il recupero dei fabbricati rurali si deve iniziare col capire che cosa sia effettivamente autorizzato e rappresentato a livello sia comunale che catastale. Invero, pensando che nel più dei casi queste tipologie di fabbricati risalgono ad epoche antecedenti al 1942 (prima Legge Urbanistica) o al 1967 (primo obbligo di ottenere un’autorizzazione comunale per l’esecuzione di qualunque opera edilizia), si può dire che la situazione catastale rappresenti anche la base autorizzata comunale.
Questo è uno dei principi basilari della normativa urbanistica italiana; grossomodo, per meglio intendere tutto ciò si può riassumere la cronistoria normativa come segue:
- A partire dall’unità d’Italia è stato creato il Catasto;
- A partire del 1942 per costruire nei centri abitati era necessaria un’autorizzazione da parte del Comune;
- A partire dal 1967 per eseguire qualunque opera edilizia è necessaria un’autorizzazione da parte del Comune;
- A partire dal 1985 sono state introdotte nuove tipologie di pratiche edilizie come la Denuncia di Inizio Attività o la Comunicazione di Inizio Lavori per semplificare l’iter burocratico delle opere edilizie di minore entità;
- A partire dal 2001 è stato introdotto il Permesso di Costruire in sostituzione della vecchia Concessione Edilizia e gran parte della normativa precedente è stata assorbita ed aggiornata nell’attuale Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001).
Come detto, dunque, se prendiamo in considerazione tutti quei fabbricati edificati ad inizio novecento e da sempre censiti come rurali, ma inutilizzati ai fini agricoli ormai da tempo, data la loro natura ed epoca di costruzione non necessitavano di alcun obbligo dichiarativo presso gli uffici comunali pertanto, come è pacifico che sia, non saranno dotati di alcuna Licenza, Autorizzazione o Concessione Edilizia di alcun tipo a meno che nel corso degli anni il proprietario non abbia proceduto con delle opere di manutenzione per le quali ha dovuto procedere con la presentazione di una pratica edilizia comunale.
Se non sono mai state presentate pratiche edilizie, l’accatastamento del fabbricato rurale rappresenterà altresì la base autorizzativa per l’eventuale futura presentazione di una pratica edilizia volta al recupero del fabbricato. Se nel tempo sono state presentate pratiche edilizie che hanno mostrato la situazione di fatto del fabbricato in quel preciso momento, si può dire che questa rappresenti la base autorizzativa su cui fondare una eventuale futura presentazione di una pratica edilizia volta al recupero del fabbricato rurale.
I chiarimenti operativi delle Entrate sui fabbricati rurali da dichiarare al catasto urbano.
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Recupero fabbricati rurali, il ruolo del professionista
Tutto questo percorso di ragionamento, per quanto possa apparire eccessivamente zelante, è fondamentale che sia eseguito con la massima minuziosità sia dal professionista che procede con l’accatastamento del fabbricato rurale sia dal professionista che procederà con la pratica edilizia per il recupero dello stesso; infatti, se non fossero presenti pratiche depositate in Comune, la destinazione d’uso del fabbricato e la situazione grafica autorizzata dipenderebbero unicamente dall’accatastamento.
L’importanza della destinazione d’uso
Fondamentale, soprattutto, è il discorso che riguarda la destinazione d’uso, visto che in fase di recupero, se si intende realizzare un fabbricato a destinazione abitativa, il Comune potrebbe richiedere il conteggio di eventuali oneri. In sostanza, per recuperare un fabbricato e destinarlo ad abitazione, senza che siano dovuti oneri di urbanizzazione, è necessario che la precedente destinazione fosse già abitativa e, cioè, è necessario che in fase di accatastamento sia stata indicata una delle categorie A. Se, invece, per questione di risparmio sulle imposte dovute, è stata scelta una categoria differente, come ad esempio il deposito/magazzino, allora saranno dovuti gli oneri di urbanizzazione.
In tal senso il caso peggiore è certamente quello rappresentato dai fabbricati rurali che, versando in condizioni troppo deteriorate, sono stati censiti con la qualità “fabbricato diruto” o con la categoria “unità collabenti” e per cui potrebbe non esser più riconosciuta da parte del Comune l’esistenza di alcun fabbricato preesistente e, di conseguenza, l’intervento di recupero andrebbe classificato in una vera e propria nuova costruzione con tutto quanto ne comporta.
Recupero dei fabbricati rurali: il ruolo delle leggi regionali
Particolare attenzione occorrerà prestate anche alla normativa regionale; sono molte le Regioni che hanno legiferato nell’ambito del recupero dei rustici o delle costruzioni ai fini agricoli, ma se si è proceduto con un accatastamento ragionato, optando per destinazioni residenziali civili ed indicando date antecedenti al 1942 (se realmente plausibili), allora non si dovrebbe esser soggetti a tali normative specifiche.
La progettazione
Solamente dopo aver inquadrato la base autorizzata del fabbricato da recuperare si potrà procedere con la progettazione vera e propria degli interventi, che dovrà tenere in conto di tutti quegli indirizzi normativi che segnano profondamente soprattutto i territori montani e collinari (dove sono presenti le maggiori quantità di fabbricati rurali), come ad esempio i vincoli, le linee guida comunali, le fasce di rispetto etc. Si dovranno tenere in considerazione anche le normative in materia di risparmio energetico e di idoneità sismica e strutturale, prospettando anche al committente quali siano le voci che possono rientrare nelle varie detrazioni fiscali del 65% o del 50%, mentre la pratica edilizia più idonea (Permesso di Costruire, Segnalazione Certificata di Inizio Attività etc.) sarà da valutare in base all’entità delle opere da eseguire.
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