Con l’ok della Camera giunto nella giornata di ieri il testo di legge delega in materia di Riforma Appalti arriva a un passo dall’approvazione finale. Un percorso lungo e accidentato quello attraversato da un provvedimento davvero importante per il sistema delle opere pubbliche nel nostro paese: con 343 si, 78 contrari e 25 astenuti, la Camera ha dato il via libera a quello che sarà al 99% il testo definitivo che reggerà la materia nei prossimi anni. I tempi stretti per il recepimento delle nuove direttive europee (da importare nel nostro ordinamento entro la data improgabile del 18 aprile 2016), non lasciano infatti spazio per ulteriori modifiche in terza lettura a Palazzo Madama.
“Sta per iniziare in l’Italia una nuova stagione di trasparenza, efficienza, qualità, partecipazione, tempi e regole certi nei lavori pubblici. E soprattutto non si parlerà più di grandi o piccole opere, ma solo di opere utili al Paese”. Le parole appartengono ad Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, che ha commentato l’ok con entusiasmo.
“Si tratta di una buonissima notizia per il sistema dei lavori pubblici italiani – ha affermato a caldo il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio -, è una riforma che vuol dire trasparenza, efficacia, buon utilizzo dei soldi pubblici e non più zone opache”. Nelle parole del ministro il nuovo codice dovrebbe essere operativo entro il giugno 2016.
Le novità dell’ultim’ora
Tra le correzioni elaborate a Montecitorio in quest’ultima “tranche” di votazioni emerge in particolare la scelta di lasciare al governo due differenti percorsi per varare la riforma. La prima è quella di varare due decreti. Uno entro il 18 aprile 2016 per recepire le nuove direttive comunitarie su appalti, concessioni e settori esclusi, senza incorrere nelle sanzioni europee per l’eventuale sforamento dei termini. Un altro entro il 31 luglio 2016 per riformare l’intero sistema. L’altra strada – quella forse più logica e probabile, a questo punto – è di varare un unico decreto che tenga insieme il recepimento e il riordino del sistema entro la data del 18 aprile 2016.
Viene quindi confermato il definitivo addio al vecchio regolamento appalti (il d.P.R. 207/2010): tale provvedimento sarà sostituito da linee guida molto più flessibili proposte dall’ANAC e approvate con un decreto del ministero delle Infrastrutture. “Il nuovo codice sarà il primo caso italiano di quella che gli inglesi chiamano soft law, una legislazione molto leggera in questa miriade di commi e di articoli”, ha chiosato Delrio.
Tra le altre modifiche intercorse in quest’ultima fase va segnalato l’alleggerimento dei vincoli sull’appalto integrato di progetto e lavori (eliminato il vincolo che ne limitava il ricorso agli appalti con contenuto tecnologico superiore al 70% dell’importo del contratto) e nuove misure che prevedono il pagamento diretto delle Pmi coinvolte nei subappalti.
Importante inoltre il palesarsi della richiesta di intervento sul processo amministrativo con un’ulteriore stretta sui ricorsi al TAR, nel tentativo di limitare al massimo la vocazione ai ricorsi che affligge il settore. Viene poi introdotto un rito speciale in camera di consiglio per la risoluzione immediata del contenzioso relativo all’esclusioni dalla gara per carenza dei requisiti, rendendo impossibile contestare dopo i provvedimenti della stazione appaltante relativi a questa fase di gara.
Il nucleo della Riforma Appalti
Osservando ad ampio raggio il senso generale della Riforma Appalti si comprende chiaramente come il nodo del provvedimento stia nell’estensione e rafforzamento dei poteri affidati all’ANAC.
Leggi anche l’articolo Il decalogo delle novità più importanti nella Riforma degli Appalti.
Inoltre, per quel che in questa sede più interessa, al fine di porre un argine alla deriva dei tempi infiniti in materia di cantieri sopraggiunge la stretta sulle varianti da cui passa l’aumento dei costi in due casi su tre nelle grandi opere, con la possibilità di rescindere il contratto oltre certe soglie di importo. Anche le infrastrutture dovranno adeguarsi a costi standard (con progetti definiti prima di arrivare al cantiere). La delega investe sulla valorizzazione dei progetti, vietando le aggiudicazioni al massimo ribasso. Anche per i lavori l’opzione massimo ribasso diventa residuale, mentre il criterio normale di assegnazione degli appalti diventa quello dell’offerta più vantaggiosa.
Le grandi opere dovranno inoltre essere in grado di guadagnarsi il consenso sul campo (tramite il cosiddetto “débat public”), mentre le imprese saranno valutate anche sulla base della reputazione guadagnata in cantiere (rispetto dei tempi e bassa vocazione al contenzioso) legata al rating di legalità.
Leggi la nostra intervista esclusiva ad Ermete Realacci intitolata Grandi opere, EXPO e l’importanza della condivisione, in cui il presidente della commissione Ambiente esprime il suo parere sul precorso di riforma.
Arrivano inoltre cambiamenti anche per la qualificazione delle imprese, con la previsione di una disciplina specifica per la decadenza e la sospensione dei certificati che abilitano al mercato dei lavori pubblici (attestazioni SOA), con particolare riferimento ai casi di fallimento o concordato.
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