Dopo aver trattato delle indagini non distruttive e della termografia ad infrarossi (vedi “Efficienza energetica, la termografia mette a nudo l’involucro edilizio“), torniamo ad occuparci di termografia.
Classificazione delle metodologie di controllo.
La prima differenziazione è tra metodologie volumetriche e superficiali.
Le prime mostrano indicazioni (difetti) presenti in tutto il volume dell’oggetto (RT, UT, AT, TIR), mentre le altre mostrano solo i difetti affioranti in superficie (PT, VT) o molto prossimi alla superficie su cui si sta effettuando il controllo (ET, MT).
Le metodologie volumetriche possono essere a loro volta suddivise ulteriormente in metodologie per trasmissione e metodologie per riflessione.
Gli RT sono sempre per trasmissione, cioè devono attraversare tutto il pezzo/componente per essere rivelati sulla faccia opposta a quella da cui sono entrati. Gli UT possono essere effettuati per trasmissione, nel caso di controlli particolari, utilizzando due sonde poste sulle due facce opposte dell’oggetto, ma, generalmente, sono effettuati per riflessione. TIR e AT si basano sull’emissione di energia da parte del pezzo in condizioni particolari, quindi devono essere classificati a parte.
I vantaggi dei metodi per trasmissione consistono nella minore attenuazione del segnale, che deve attraversare lo spessore dell’oggetto solo una volta, tuttavia richiedono che entrambe le superfici dell’oggetto siano accessibili, mentre i metodi per riflessione permettono che sia accessibile una sola superficie o faccia dell’oggetto. Le metodologie di controllo superficiali, ovviamente, richiedono l’accessibilità ed ispezionabilità della superficie su cui vengono effettuati i controlli.
Da come avrete ben compreso leggendo quanto sopra, la termografia è quindi un metodo superficiale e passivo (senza contatto); una termocamera registra infatti l’intensità della radiazione nella parte infrarossa dello spettro elettromagnetico e la converte in un’immagine visibile.
I nostri occhi sono sensori progettati per individuare la radiazione elettromagnetica che costituisce lo spettro della luce visibile. Tutte le altre forme di radiazioni elettromagnetiche, come gli infrarossi, sono invisibili all’occhio umano.
Un po’ di storia…
L’esistenza degli infrarossi è stata scoperta nel 1800 dall’astronomo Sir Frederick William Herschel. Incuriosito dalla differenza termica tra i vari colori della luce, diresse la luce del sole attraverso un prisma di vetro per creare uno spettro di luce e misurò poi la temperatura di ogni singolo colore. Scoprì che le temperature dei colori aumentavano nelle porzioni dello spettro dal violetto al rosso.
Dopo aver notato questo, Herschel decise di misurare la temperatura appena oltre la zona del rosso, in una regione dello spettro in cui non era visibile la luce del sole. Restò stupido quando scoprì che questa regione aveva la temperatura più elevata di tutti. Sullo spettro elettromagnetico, la radiazione infrarossa è posta tra la parte visibile e quella delle microonde.
La fonte principale della radiazione infrarossa è il calore o la radiazione termica. Qualsiasi oggetto con temperatura superiore allo zero assoluto (-273,15°C o 0 Kelvin), emette radiazioni nell’area dell’infrarosso. Persino oggetti che riteniamo essere molto freddi, come il ghiaccio, emettono radiazioni infrarosse! Anche tutti noi possiamo avvertire le radiazioni infrarosse in qualsiasi momento: il calore che sentiamo provenire dal sole, da un fuoco o una fiamma, o anche da un calorifero è tutto infrarosso. Anche se i nostri occhi non riescono a vederlo, le terminazioni nervose della nostra pelle lo avvertono come calore.
Più caldo è l’oggetto, maggiore è pertanto la quantità di radiazioni infrarosse emesse.
Il personale addetto alle prove non distruttive: i livelli di qualificazione degli operatori termografi.
Mentre per possedere un videoradiometro ad infrarossi servono solo (tanti) soldi, per saperlo utilizzare correttamente nei vari e più disparati ambiti e per poter fornire interpretazioni dei termogrammi che siano valide e riconosciute ai fini di Legge serve anche una preparazione specifica (corso abilitante tenuto da un termografo di III° livello), un apprendistato (di 2 anni, certificato dal datore di lavoro o autocertificabile nel caso di pratica della libera professione) e l’aver superato con esito positivo un esame (con procedura unificata) presso un ente riconosciuto ed accreditato, terzo rispetto a chi ha svolto la docenza del corso.
Il corretto utilizzo della strumentazione termografica e di conseguenza l’ottimizzazione della tecnologia all’infrarosso sono pertanto fortemente legati al livello di preparazione dell’operatore.
Oltre ad un aspetto qualitativo, esiste inoltre un aspetto legislativo che regola i controlli non distruttivi sia nello svolgimento degli stessi, sia soprattutto nella qualificazione e certificazione del personale addetto.
L’ addestramento e la qualifica del personale sono regolati da precise norme nazionali ed internazionali: per la precisione in Europa la normativa di riferimento e la UNI EN 473: Prove non distruttive – Qualificazione e certificazione del personale addetto alle prove non distruttive – Principi generali.
Tale norma e’ la versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 473 (edizione ottobre 2000) e tiene conto delle correzioni introdotte l’8 novembre 2000.
La norma europea è a sua volta emanazione della norma internazionale ISO 9712:2005 – Qualification and certification of personnel involved in non-destructive testing (N.D.T.).
La norma stabilisce un sistema per la qualificazione e la certificazione del personale incaricato di effettuare prove non distruttive (P.N.D.) in campo industriale. Il termine “industriale” implica, come precedentemente accennato, l’esclusione delle applicazioni nel campo della medicina e poiché non le esclude espressamente, implica l’ovvia inclusione delle lavorazioni effettuate in ambito edile (peraltro molto più semplici di quelle industriali).
Ma non basta: un operatore certificato in conformità alla norma UNI EN 473 deve essere classificato e certificato in almeno uno dei seguenti tre livelli, a seconda della sua qualificazione.
Prima di definire i livelli si rendono però necessarie alcune definizioni contenute nella normativa di riferimento, UNI EN 473:
– Qualificazione: dimostrazione dell’addestramento, delle conoscenze professionali, dell’abilità e dell’esperienza nonché dell’idoneità fisica (visiva) che rendono il personale addetto alle P.N.D. idoneo ad eseguire correttamente i compiti relativi alle indagini non distruttive.
– Certificazione: procedura utilizzata per dimostrare la qualificazione del personale P.N.D. in un dato metodo, livello e settore; il che porta al rilascio di un certificato. La certificazione non include l’autorizzazione ad operare (che dovrà essere rilasciata dal datore di lavoro).
– Metodo P.N.D.: attuazione di un principio fisico di una prova non distruttiva (per esempio ultrasuoni o termografia).
– Tecnica P.N.D.: uso specifico di un metodo P.N.D. (per esempio tecnica termografica attiva).
– Procedura P.N.D.: descrizione scritta di tutti i parametri essenziali e delle precauzioni da osservare in occasione dell’applicazione di una tecnica P.N.D. ad un controllo specifico realizzato in conformità ad una norma, un codice o ad una specifica. Una procedura P.N.D. può comportare l’applicazione di più di un metodo o tecnica P.N.D. (può essere redatta solo e soltanto da personale di III° livello).
– Istruzione P.N.D.: descrizione scritta dei singoli passi da seguire in occasione di un controllo in base a una norma, un codice, una specifica stabiliti o una procedura P.N.D. (può essere redatta da personale di almeno II° livello).
Veniamo ora ai 3 livelli degli operatori:
Livello 1. Una persona certificata di livello 1 ha dimostrato la competenza necessaria ad eseguire prove non distruttive in base ad istruzioni scritte o sotto la supervisione di personale di un livello 2 o livello 3. Nell’ambito della qualificazione definita nel certificato, il personale di livello 1 può essere autorizzato a:
a) regolare l’apparecchiatura P.N.D.;
b) eseguire le prove;
c) registrare e classificare i risultati delle prove in relazione a criteri scritti;
d) stendere un resoconto dei risultati.
Il personale certificato di livello 1 non deve essere responsabile della scelta del metodo o della tecnica di prova da utilizzare, nè della valutazione dei risultati della prova.
Livello 2. Una persona certificata di livello 2 ha dimostrato la competenza necessaria ad eseguire prove non distruttive in conformità a procedure stabilite o riconosciute. Nell’ambito della qualificazione definita nel certificato, il personale di livello 2 può essere autorizzato a:
a) selezionare la tecnica P.N.D. per il metodo di prova da utilizzare;
b) definire i limiti di applicazione del metodo di prova;
c) tradurre le norme e le specifiche P.N.D. in istruzioni P.ND.;
d) regolare e verificare le regolazioni delle apparecchiature;
e) eseguire e sovrintendere a prove;
f) interpretare e valutare i risultati in conformità alle norme, ai codici o alle specifiche applicabili;
g) preparare istruzioni P.N.D. scritte;
h) eseguire e sovrintendere a tutti gli incarichi propri di un livello 1;
i) fornire assistenza al personale di livello 2 o minore
j) organizzare e redigere i rapporti P.N.D.
Livello 3. Una persona certificata di livello 3 ha dimostrato la competenza necessaria ad eseguire e dirigere attività P.N.D. per la quale è certificata. Una persona certificata di livello 3 può quindi:
a) assumersi la piena responsabilità di un laboratorio di prova o di un centro di esame e del relativo personale;
b) stabilire e convalidare istruzioni e procedure P.N.D.;
c) interpretare norme, codici, specifiche e procedure;
d) stabilire i particolari metodi di prova, le procedure e le istruzioni P.N.D. da utilizzare;
e) eseguire e sovrintendere a tutti gli incarichi propri di un livello 1 e di un livello 2.
Il personale di livello 3 ha inoltre dimostrato:
a) la competenza per valutare ed interpretare i risultati in relazione alle norme, ai codici ed alle specifiche esistenti;
b) una sufficiente conoscenza pratica dei materiali, delle tecnologie di fabbricazione e produzione al fine di poter scegliere i metodi P.N.D., stabilirne le rispettive tecniche, inoltre può collaborare alla definizione di eventuali
criteri di accettazione quando non ne esistano;
c) una conoscenza generale di altri metodi P.N.D.;
d) la capacita di guidare personale di livello inferiore al 3.
Il personale di livello 3 può, se autorizzato dall’Organismo di certificazione, dirigere e sovrintendere ad esami di qualificazione per conto di quest’ultimo.
Attenzione: ci sono corsi che, per quanto oggettivamente professionalizzanti e ben strutturati, NON SONO RICONOSCIUTI E VALIDI AI FINI DI LEGGE.
Mi riferisco alle qualifiche di Operatore A.S.N.T. (American Society for Non-destructive Testing) ed Operatore I.T.C. (Infrared Training Center) che differiscono per modalità e procedure da quanto codificato nella norma UNI EN 473 / ISO 9712 e pertanto non hanno alcuna probatorietà in sede giudiziale. Per poter operare in tale ambito è pertanto necessario possedere la qualifica conforme alla UNI EN 473.
In particolare I.T.C. (Infrared Training Center di FLIR) per poter rilasciare ANCHE l’attestato di operatore termografico come da UNI EN 473 (cosa che fa tutt’ora) organizza corsi appositi, seguendo ovviamente tutte le procedure e le modalità codificate dalla norma.
Un diploma di Operatore I.T.C. non è pertanto equipollente ad una qualifica di Termografo a norma UNI EN 473 / ISO 9712, a meno che I.T.C. stessa non applichi integralmente la norma e le modalità in essa esplicitate per quanto attiene il corso, la pratica e l’esperienza, l’esame.
Le qualifiche di operatore termografico non sono (purtroppo) eterne come la laurea, esse vanno rinnovate ad ogni quinquennio: mentre al primo rinnovo basta dimostrare di aver operato nel settore, si procede quindi al secondo rinnovo per mezzo di un riesame del candidato.
Le tecniche di rilievo ed indagine termografica
Esistono due metodi per il rilievo, il primo dei due definito metodo PASSIVO consiste nell’ispezionare l’oggetto dell’indagine in assenza di qualsiasi fonte di calore diretta (ad es irraggiamento solare), e nelle opportune condizioni atmosferiche (temperatura ambiente maggiore di 10°C circa ed umidità relativa inferiore al 70%).
In tali condizioni, grazie al fenomeno dell’evaporazione, il manufatto (in genere muratura bagnata) si raffredda e la termocamera percepisce la parte ammalorata come zona più fredda.
Il secondo, definito metodo ATTIVO, consiste nel rilevare le zone umide dopo alcune ore dall’irraggiamento solare diretto (o qualsiasi altra fonte di calore, anche artificiale come ad esempio un phon da carrozziere); nella fase di raffreddamento quindi, la parte umida risulta essere più calda, essendo l’acqua caratterizzata da una inerzia termica più elevata di quella del manufatto (muratura).
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