Messa in sicurezza degli edifici storici: gli apparati interni

Prosegue la nostra trattazione sugli argomenti di tutela e valorizzazione del patrimonio storico e artistico italiano.

Questa settimana ci occupiamo della tutela degli apparati pittorici e scultorei interni: insomma, del “contenuto” degli edifici. La tematica è complessa e di certo non si può pensare di concludere una così importante trattazione nello spazio di un articolo. Ciò che si vuole trasmettere è un punto di riflessione su quanto è possibile fare per la protezione e la conservazione del patrimonio artistico soggetto a rischio sismico.
Alla luce dei ripetuti eventi sismici degli ultimi anni è cresciuta in maniera esponenziale la consapevolezza di preservare l’immenso patrimonio storico artistico presente in Italia. Nell’ambito della tematica sviluppata nell’articolo Rischio sismico, prevenzione e restauro del patrimonio storico, è necessario ribadire l’importanza di preservare e restituire ai cittadini gli apparati pittorici e scultorei presenti negli edifici storico artistici. L’Italia si deve assolutamente rendere conto che la sua economia può essere risollevata grazie alla cultura, all’arte e al paesaggio che nessun altro paese al mondo detiene in così grande e straordinaria quantità e qualità. La cultura, in senso generale, può diventare il motore della nostra ricrescita. Dobbiamo volerlo e comprenderlo chiaramente.

Come già evidenziato, in Italia è consuetudine e convenienza intervenire sul patrimonio storico artistico soltanto successivamente al verificarsi di eventi sismici, talvolta non rispettando neppure  la normativa sismica vigente, impedendo così la messa in sicurezza preventiva dei beni storico-artistici (leggi anche Restauro edifici storici, il giusto approccio per evitare interventi dannosi). È necessario operare affinchè gli eventi sismici futuri, soprattutto in zone ormai riconosciute per l’elevato rischio sismico, non possano più ridurre la popolazione a vivere in baraccopoli e le aziende a chiudere per l’impossibilità a lavorare. Si dovranno operare interventi opportuni di consolidamento e restauro, sia per quanto riguarda l’edificio, sia per quanto riguarda le opere artistiche pittoriche, scultoree e plastiche presenti in esso. È auspicabile una severa normativa che obblighi la vera messa in sicurezza del patrimonio costruito e che vincoli le nuove costruzioni al rispetto rigoroso di elevati standard qualitativi e di sicurezza. L’Italia merita obiettivi più ambiziosi.

Gli interventi di salvaguardia dei beni culturali si collocano in un settore innovativo, importante ma anche complesso e delicato. Si interviene su numerose tipologie di beni, ognuna di esse con le sue specificità. Un intervento di messa in sicurezza errato può provocare più danni dell’evento calamitoso stesso o comunque aggravarne gli effetti. Di frequente, nell’ambito della tutela del patrimonio culturale, sono costretti a operare soggetti non sempre abituati a una collaborazione, oppure autorità diverse a seconda della tipologia di bene storico artistico, non abituate ai linguaggi e alle procedure della protezione civile, dove ognuno bada al proprio interesse o alla propria competenza.
La messa in sicurezza degli apparati pittorici e scultorei non può prescindere dalla messa in sicurezza del suo contenitore a meno che non si immagini di asportare tutte le opere d’arte per spostarle in luoghi totalmente sicuri. Possiamo intendere la salvaguardia del patrimonio artistico in due modi diversi: tutela pre-sisma e tutela post-sisma.

Per operare in maniera lungimirante si dovrebbe optare per tutte le soluzioni che in qualche modo evitano il danno e quindi operare sulla vulnerabilità sismica a priori.

In tal caso si interviene soprattutto sul consolidamento dell’edificio “contenitore”, in modo da garantire l’incolumità delle opere poste all’interno di esso, attraverso la prevenzione dei crolli dovuti all’evento sismico. Molto interessate è la tecnica tutta italiana e brevettata, messa a punto e proposta nell’ambito di un progetto di ricerca condotto da Enea e Politecnico di Torino. Questa nuova tecnologia per l’adeguamento sismico degli edifici storici consiste nella realizzazione di una piattaforma isolante sotto il piano di posa delle fondazioni, separando l’edificio dal terreno. In questo modo non vengono effettuati interventi di nessun tipo né tantomeno modificate le caratteristiche architettoniche dell’edificio o del complesso monumentale su cui è stato fatto l’intervento, operando però in modo da garantire l’incolumità del patrimonio decorativo interno.
Quella dell’isolamento sismico è una tecnica ben conosciuta all’estero e che sta iniziando ad essere implementata anche in Italia sulle nuove costruzioni, ma che non si era ancora ipotizzata in modo esecutivo per gli edifici storici. Non si tratterà senza dubbio di interventi a basso costo, ma è opportuno sottolineare che, in questo caso, la questione economica è meno significativa se posta a confronto del valore storico-artistico di questo patrimonio. Queste tecnologie, per esempio, sono state proposte per l’adeguamento sismico degli edifici storici de L’Aquila.

Struttura di Isolamento Sismico per Edifici Esistenti. Inventori: Clemente Paolo, De Stefano Alessandro, Barla Giovanni. Fonte: ENEA -Politecnico di Torino
Struttura di Isolamento Sismico per Edifici Esistenti. Inventori: Clemente Paolo, De Stefano Alessandro, Barla Giovanni. Fonte: ENEA -Politecnico di Torino

 

Altre possono essere, poi, le tecniche di salvaguardia legate alla messa in sicurezza del “contenitore”. La settimana prossima ci occuperemo proprio in dettaglio di questo aspetto strutturale.

Quando invece il danno è fatto e quindi non possiamo più ragionare sulla prevenzione, dobbiamo spostare le attenzioni sulle metodologie di “cura”. Molto infatti è possibile fare quando i danni ormai sono stati fatti. Il pensiero corre subito al Duomo de L’Aquila oppure alla basilica di S.Francesco di Assisi e ai suoi splendidi affreschi.
Gli interventi finalizzati alla salvaguardia e alla messa in sicurezza delle opere d’arte, nel post-sisma, riguardano per la maggior parte operazioni di recupero, delocalizzazione e trasporto nei magazzini sicuri ma temporanei. Una situazione d’emergenza, come quella che si verifica nel caso di un terremoto, porta anche all’eventualità che opere d’arte presenti in strutture fortemente compromesse, magari in cittadine necessariamente evacuate per questioni di sicurezza delle persone, siano sottratte alla collettività per scopi economici. È un problema sicuramente sentito dalla popolazione per la tutela della proprietà privata, ma dobbiamo ricordarci che ha altrettanto valore la proprietà collettiva. Anche per questo motivo è importante mettere in sicurezza i beni culturali mobili e immobili distaccati e portarli in luoghi sicuri ove sarà inoltre possibile iniziare le fasi progettuali per la risistemazione. Talvolta, ove è stato possibile, si sono realizzati interventi di messa in sicurezza in loco, nel momento in cui si sono evidenziati rischi di crolli e sciacallaggi, e l’opera si è prestata a un intervento diretto.
L’esperienza aquilana e ancor prima quella di Assisi sono fondamentali per quanto riguarda le tecniche innovative utilizzate a questo scopo: sono stati effettuati numerosi interventi di recupero sia su opere pittoriche, sia su opere scultoree.

Basilica di San Francesco di Assisi. Sisma 1997: gli affreschi crollati insieme alle volte. Fonte: web
Basilica di San Francesco di Assisi. Sisma 1997: gli affreschi crollati insieme alle volte. Fonte: web
Sant’Agostino. Lo splendido soffitto del Municipio: il lampadario di vetro di Murano di Italo Balbo si è salvato. Fonte: web
Sant’Agostino. Lo splendido soffitto del Municipio: il lampadario di vetro di Murano di Italo Balbo si è salvato. Fonte: web

 

Un esempio di messa in sicurezza di un’opera pittorica mediante delocalizzazione è quello della finta cupola del Duomo de L’Aquila. Durante il terremoto del 6 aprile il soffitto è crollato portando con sè il tavolato sul quale era applicata la tela dipinta da Venanzio Mascitelli nel 1828. Il dipinto, raffigurante uno sfondato architettonico a cupola in monocromo sui toni del grigio, è ripreso dall’originale di Andrea Pozzo della Chiesa di S. Ignazio.
Il grande tavolato di circa 120 mq, diviso in nove porzioni di diverse dimensioni, è stato spostato fuori dalla chiesa e accatastato in prossimità della facciata, coperto da un telo sostenuto da una struttura di tubi innocenti. Tale sistemazione non è stata sufficiente a proteggere l’opera dalla pioggia e dalle sfavorevoli condizioni atmosferiche. Successivamente è stata trasferita in una “tenda laboratorio” all’interno della quale è stato finalmente possibile ricoverare e disporre le nove parti per provvedere alle operazioni di messa in sicurezza necessarie al trasferimento in luogo più idoneo. Il tavolato ligneo di supporto è costituito dall’assemblaggio di più sezioni rettangolari ed ogni asse è fissata alle singole travi per mezzo di due viti. Intere porzioni risultano ormai prive di colore o interessate da vistosi problemi di de-coesione.
Al momento del sisma il tavolato ha subito delle spinte angolari sollecitate sia dai movimenti della muratura sia dall’impatto con il pavimento. Queste spinte hanno causato pesanti deformazioni in pianta delle sezioni provocando lo slittamento di circa due centimetri di ognuna delle assi lungo le giunzioni longitudinali. Tale slittamento ha trasformato le sezioni rettangolari in parallelogramma pertanto la tela incollata e chiodata alla struttura lignea è spesso deformata, strappata in corrispondenza della giunzione longitudinale delle assi e sostanzialmente suddivisa in numerosi brandelli di ridotte dimensioni spesso ripiegati su se stessi.

In prima istanza deve essere alleggerito il tavolato sostituendo i pesanti travi che attualmente lo sostengono. Contestualmente deve essere eseguito il fissaggio e la protezione, mediante velinatura provvisoria, della superficie pittorica preventivamente liberata dalla polvere e dai detriti presenti.

Nel caso di Palazzo Alfieri, invece, la messa in sicurezza è stata effettuata in loco. I volontari di Legambiente sono intervenuti nel palazzo risalente al Quattrocento, dove si è evidenziata la necessità di recuperare alcuni elementi a basso ed alto rilievo in gesso dorato, compromessi da un parziale crollo e da gravi distacchi degli elementi in gesso. Dopo aver recuperato gli elementi decorativi caduti, è stata realizzata una barella in legno ricoperta di gommapiuma dove alloggiare le figure dopo lo stacco, iniziato da una figura a tutto tondo raffigurante un putto. Esso si presentava parzialmente distaccato dalla parete a causa delle sollecitazioni dovute al sisma ma era ancorato con alcuni chiodi in ferro lunghi circa 10 cm. La testa era evidentemente distaccata dal busto con una lesione che correva per tutta la lunghezza del collo. In questi casi è proceduto delimitando la porzione da staccare dal resto della parete tagliando l’intonaco che non fa parte della decorazione attraverso l’utilizzo di uno scalpello. L’operazione di stacco vera e propria è stata  realizzata con delle sciabole inserite tra la muratura e l’intonaco retrostante la figura. Una volta staccato tutto l’intonaco i chiodi, che trattenevano la figura ancorata alla muratura, sono stati sfilati dalla parete. Nella parte sinistra, una volta verificato che alcuni elementi erano ben solidali alla muratura, è stato deciso di non rimuovere il corpo del putto in alto rilievo e parte della decorazione in finto marmo a basso rilievo posta al di sotto dello stesso. Le operazioni di stacco sono state quindi realizzate solo sulla porzione di pannello decorativo in argento e mecca non crollato con il sisma e del piccolo panneggio in argento meccato del putto che era molto distaccato dalla parete. Si è poi proceduto alla schedatura dei pezzi staccati, i cui dati sono confluiti nel database insieme a tutti quelli relativi ai beni messi in sicurezza e all’imballaggio degli stessi, lasciati in custodia al proprietario.
Assisi e la Basilica di San Francesco ci aiuta a visualizzare le operazioni svolte per ricostruire gli splendidi affreschi che la decoravano.
Come in un gigantesco puzzle, migliaia di tasselli colorati di affresco, minuziosamente selezionati tra le tonnellate di materiale inerte delle macerie, sono stati pazientemente ricomposti (con l’aiuto di software specifico) per ricreare le emozionanti opere di affresco. Si tratta di un lavoro enorme che impegna tecnici altamente qualificati e tecnologie innovative e che richiede stanziamenti notevoli di fondi che spesso non sono disponibili o si ritiene superfluo stanziare. Solo una parte delle oltre 500 mila tessere sono state ricomposte. Molto ancora rimane da fare.

Gli affreschi di Giotto e Cimabue della Basilica di Assisi. Un gruppo delle oltre 500 mila tessere rinvenute tra le macerie. Fonte: web
Gli affreschi di Giotto e Cimabue della Basilica di Assisi. Un gruppo delle oltre 500 mila tessere rinvenute tra le macerie. Fonte: web

 

Operare al fine di restituire al più presto i beni culturali alla fruizione dei cittadini e anche all’industria culturale è attività di primaria importanza in un paese ricco di tesori diffusi su tutto il territorio nazionale, una ricchezza e una risorsa per il territorio e le comunità locali. Allo stesso tempo è di fondamentale importanza effettuare l’adeguamento sismico al più presto sugli edifici storici esistenti, in quanto rivestono un punto di forza per il nostro Paese, nel momento in cui le opere architettoniche, pittoriche e scultoree fanno parte di una nuova strategia economica e principalmente sociale che porta ad un futuro sviluppo sostenibile.
Per la salvaguardia delle opere pittoriche e scultoree è necessario adeguare il patrimonio storico edilizio alla normativa antisismica, attraverso nuovi sistemi innovativi, nel momento in cui attraverso interventi anche economicamente contenuti è possibile limitare la vulnerabilità degli edifici “contenitore” e di conseguenza preservarne il contenuto.

Si abbia la forza e il coraggio di mirare al bene della collettività e non al bene di qualche singolo individuo.

Gianluca Centurani

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