Per dirla con il maestro Pietro Pedeferri [1], i termini patologia, diagnosi, prognosi, terapia e prevenzione, che fin dai tempi di Ippocrate individuano i diversi settori dell’arte medica, sono da sempre utilizzati anche nel campo della corrosione e dell’ingegneria civile (Fig.1).
In particolare, la vaiolatura (pitting) è un attacco localizzato dei materiali metallici ricoperti – in determinate condizioni – da film protettivi che lascia la superficie butterata come, grosso modo, il vaiolo lasciava la pelle dell’ammalato (Fig.2).
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Con riferimento alla Fig.2, è noto che la reazione globale di corrosione – la quale avviene senza alterare lo stato di equilibrio elettrico – è costituita da due reazioni elettrochimiche:
- reazione anodica – trasforma gli atomi del metallo in ioni e, simultaneamente, libera elettroni;
- reazione catodica: consuma tali elettroni per ridurre specie presenti nell’ambiente (riduzione di ossigeno, nel caso specifico).
Quando un conduttore metallico – barra in acciaio – è immerso in un mezzo poroso – calcestruzzo – si possono generare, in determinate condizioni ambientali, differenze di potenziale tra le parti del sistema. Si formano infatti zone catodiche e zone anodiche [2]
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Pertanto, le domande da porsi sono le seguenti [1]:
- il materiale può corrodersi?
- Esiste un lavoro motore disponibile perché il materiale passi dallo stato metallico a quello di combinazione con sostanze presenti nell’ambiente aggressivo?
In entrambi i casi la risposta è quasi sempre sì, in quanto i materiali tendono a corrodersi spontaneamente.
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La corrosione localizzata
Nel caso specifico di corrosione localizzata, lo ione cloruro (Cl-), presente nell’acqua di mare (Fig. 6) e nei sali disgelanti (Fig. 7), penetra lo spessore del copriferro attraverso un meccanismo di trasferimento di tipo diffusivo e, alla concentrazione critica, danneggia localmente il film di ossido protettivo depositato sulla barra metallica immersa nel calcestruzzo a pH > 13.
Con l’arrivo di acqua e ossigeno si propaga la corrosione: in Fig.3 si osserva in alto penetrazione dello ione cloruro nel calcestruzzo. In basso il diagramma di Tuutti in cui sull’asse delle ascisse è riportata la vita utile della struttura e sull’asse delle ordinate il livello di penetrazione della corrosione.
Per capire l’evoluzione nel tempo, si faccia riferimento alle Figg. 4 e 5.
Segue una galleria di immagini (Figg.6 -7-8).
La Fig.8 riporta un pulvino di una pila da ponte in c.a. Si notano i seguenti danni (combinati):
- dilavamento del calcestruzzo;
- corrosione promossa dalla carbonatazione;
- corrosione promossa dai cloruri provenienti dai sali disgelanti (si precisa che i cloruri presenti – all’interfaccia barra/calcestruzzo – in alte percentuali, possono promuovere anche corrosione generalizzata su tutta la barra);
- espulsione del copriferro [3], [4].
Riferimenti bibliografici:
- [1]Pedeferri P., Storie di corrosione, EdiSES, 2018;
- [2]Felitti M., Mecca L.R. Il degrado delle strutture in calcestruzzo armato, Maggioli Editore, 2018;
- [3]Collepardi S., Diagnosi del degrado delle strutture in calcestruzzo, Enco Journal N. 58, 2013;
- [4]Marino R., La durabilità delle strutture, Italcementi Group, 2007.
Articolo di Matteo Felitti, Strutturista ed Esperto di degrado dei materiali da costruzione
Università degli Studi di Napoli Federico II.
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