Fra le attività di conoscenza preliminare finalizzate alla comprensione strutturale di un edificio in muratura esistente, l’analisi delle diverse fasi edificatorie intercorse nella storia della struttura costituisce un elemento fondamentale per la valutazione di eventuali vulnerabilità sismiche. Gli edifici storici sono stati spesso oggetto di demolizioni parziali, trasformazioni, ampliamenti e sopraelevazioni. Eseguite magari con tessiture murarie diversificate a seconda della tecnica costruttiva dell’epoca.
Pertanto le indagini strutturali per la caratterizzazione meccanica delle murature dovranno essere estese a tutte le tipologie di tessiture murarie presenti. Come suggerito dal par. 8.5.1 delle NTC 2018 «ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale e del suo stato di sollecitazione è importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modificazioni subite nel tempo dalla costruzione, nonché gli eventi che l’hanno interessata».
Anche il DPCM 9/2/2011, relativo agli edifici storici vincolati, al par. 4.1.5 afferma che «ai fini di una corretta individuazione del sistema resistente e del suo stato di sollecitazione è importante la ricostruzione dell’intera storia costruttiva del bene culturale tutelato, ossia del processo di costruzione e delle successive modificazioni nel tempo del manufatto. In particolare andrà evidenziata la successione realizzativa delle diverse porzioni di fabbrica, al fine di individuare le zone di possibile discontinuità e disomogeneità materiale, sia in pianta che in alzato (corpi aggiunti, sopraelevazioni, sostituzioni di orizzontamenti, ecc). […]».
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Edifici storici, cosa può esserci all’interno delle pareti?
A volte i giunti strutturali conseguenti ad ampliamenti storici sono già intuibili nel rilievo visivo (figura 1), tuttavia spesso possono restare nascosti dietro all’intonaco. Poiché il terremoto è il più severo dei collaudatori, esso mette subito in evidenza un inefficace comportamento scatolare derivante da mancanze di collegamento strutturale tra corpi di fabbrica edificati in fasi successive, o da ristrutturazioni e consolidamenti in cui gli elementi strutturali non siano stati ben legati, tali da favorire pericolosi ribaltamenti fuori dal piano. Per questo alcune vulnerabilità possono riguardare precedenti fessurazioni, dovute a terremoti del passato, non efficacemente cucite (figura 2). Conviene, quando possibile, studiare anche le tipologie di interventi di consolidamento strutturale eseguiti nel recente passato.
Per tutti questi motivi è molto importante svolgere un’analisi storica (per esempio tramite consultazione degli archivi) per poi saper identificare in situ, mediante puntuali rimozioni di intonaco, i giunti strutturali da mettere in luce e di cui valutarne il grado di ammorsamento. Poiché non sempre gli ampliamenti o le trasformazioni venivano correttamente connesse alla parte originaria di edificio, e questo, come ben comprendiamo, può rappresentare una pericolosa vulnerabilità sismica traducibile in comportamenti fuori dal piano (figura 3).
Le più comuni trasformazioni possono essere state eseguite nel passato anche a seguito di gravi eventi sismici, da cui potevano derivare nuove fasi di ricostruzione e di revisione generale dell’apparato strutturale dell’edificio. «[…] La conoscenza della risposta della costruzione ad un particolare evento traumatico può consentire di identificare un modello qualitativo di comportamento, anche se devono essere tenute presenti le modifiche intercorse nella costruzione, in particolare proprio a seguito di quell’evento. Questa analisi sarà la guida per la definizione dei meccanismi di danno maggiormente critici e per la conseguente definizione di modelli di calcolo attendibili. […]» (DPCM 9/2/2011).
In questo senso è possibile riscontrare tessiture murarie modificate e riedificate nel loro spessore, a volte con sovrapposizioni non connesse (figura 4). Ulteriori indagini non distruttive, come la termografia o le prove soniche, possono contribuire a leggere tali discontinuità, comprese le presenze di finestre o nicchie chiuse con semplici tamponature che non hanno alcun ruolo strutturale.
Il corretto approccio metodologico per l’interpretazione strutturale d’insieme
Come suggerisce la Circolare 19/01/2019 n.7 in una sua nota del par. C 8.2 « […] la valutazione della sicurezza deve essere effettuata nei confronti dei meccanismi di collasso, sia locali, sia globali, ove questi ultimi siano significativi; la verifica dei meccanismi globali diviene, in genere, significativa solo dopo che gli eventuali interventi abbiano eliminato i meccanismi di collasso locale. […]» Pertanto non è corretto dare subito per scontato un efficace comportamento scatolare dell’edificio esistente, che nella realtà potrebbe non esserci.
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Così facendo si incorrerebbe nell’errore di intraprendere una verifica globale senza averne indagato prima le fasi edificatorie e i potenziali meccanismi di collasso locale, la cui pericolosità rischierebbe di essere gravemente sottostimata. La validità dell’interpretazione strutturale richiederà una serie di indagini e studi preliminari utili a ricostruire la storia dell’edificio e gli eventi che hanno reso necessario l’esecuzione di alcune trasformazioni. Capire criticamente le trasformazioni, valutare la loro influenza strutturale all’interno del rischio sismico rappresenta il modo migliore per leggere il corretto schema statico dell’edificio, in modo da progettare un efficace miglioramento sismico.
Nell’immagine di apertura, la cesura tra edificazione seicentesca e settecentesca nella Reggia di Venaria Reale (TO).
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