Il caso vede il gestore di un capannone industriale di proprietà dell’Inpdap (oggi Inps) commissionare dei lavori di impermeabilizzazione della copertura per l’eliminazione di infiltrazioni.
Sfortunatamente, come si evince dalla ricostruzione, il dipendente dell’impresa appaltatrice ha perpetrato una “condotta inadeguata e gravemente inadempiente”, con “maldestro uso di una fiamma ossidrica”, che ha portato all’accensione del “plexiglas di cui erano costruiti i lucernari con conseguente propagazione dell’incendio all’intera struttura”.
Il gestore, accusato da uno dei danneggiati che gli aveva inoltrato richiesta di risarcimento, ha invece sostenuto che la responsabilità fosse del proprietario.
Cosa ha detto la Cassazione? Vediamolo!
Incendio durante i lavori, di chi è la responsabilità?
Alla Cassazione è bastato spiegare la differenza tra gli articoli 2051 e 2053 del Codice Civile: il primo afferma che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, a meno che non sia provato il caso fortuito.
Il secondo, l’articolo 2053, stabilisce invece che il proprietario di un edificio o di un’altra costruzione è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina, a patto che non sia causata da un difetto di manutenzione o preesistente all’atto di costruzione.
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I giudici hanno ribadito che la responsabilità del proprietario per la rovina degli immobili, vale solo se i danni derivano dagli elementi strutturali dell’edificio o di elementi accessori in essa stabilmente incorporati.
Nella sentenza si dichiara che l’impianto antincendio non ha queste caratteristiche e anche che i lavori dai quali è derivato l’incendio e i relativi danni, erano stati affidati all’impresa appaltatrice dal gestore/amministratore dell’edificio.
Questi dati, secondo i giudici, sono conformi all’applicazione dell’articolo 2051 (danno cagionato da cosa in custodia) e quindi in questo caso è l’amministratore a dover rispondere dei danni.
Forse la prossima volta basterà fare più attenzione con la fiamma ossidrica…
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