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Cambiare la ditta sembra essere la soluzione migliore, ma cosa ne sarà delle agevolazioni fiscali? Ci sono rischi? Cosa si deve fare in concreto? Vediamo come metterci ai ripari da queste sgradevoli ma non certo eccezionali situazioni.
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La ditta che sparisce
La possibilità di cambiare ditta in corso d’opera di per sé non comporta alcuna conseguenza sui lavori, in quanto è sempre prevista la possibilità di far subentrare un’altra ditta nel cantiere.
Generalmente per questo è previsto dal Comune un apposito modulo da presentare per la comunicazione di cambio di variazione dell’impresa esecutrice. La comunicazione va fatta ai fini della regolarità della CILAS che è una condizione indispensabile per non rischiare di perdere l’agevolazione.
Quindi dal punto di vista della detrazione in senso stretto non ci sono problemi a cambiare il titolare del contratto d’appalto. Ovviamente ci si dovrà rivolgere ad un avvocato per recuperare i soldi incassati in anticipo se non è stato eseguito nessun intervento.
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La ditta che non fa i lavori a regola d’arte
Più complesso un altro caso segnalato da un nostro lettore in fase di rescissione contrattuale con il general contractor per loro grave inadempienza (cappotto termico non asseverabile per errata posa, ecc, ecc) e non rispetto delle tempistiche previste.
Possibile in questo caso cedere il contratto d’appalto, ad altra impresa o general contractor dopo un primo stato di avanzamento lavori, ed il primo pagamento erogato dalla banca, a cui la prima impresa ha ceduto il credito maturato dal primo SAL?
Dal punto di vista strettamente “burocratico” come detto non c’è alcun problema a far subentrare nell’appalto un altro soggetto, previo aggiornamento della CILAS. Il problema sorge ovviamente a causa del lavoro non eseguito a regola d’arte.
Se è vero, infatti, che per ottenere la cessione del credito al primo SAL non occorre l’asseverazione dei risultati dal punto di vista energetico, l’asseverazione occorre invece per l’eventuale secondo SAL e chiaramente a fine lavori.
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Se parte di questi non sono stati realizzati a regola d’arte sarà perciò necessario effettuare modifiche, con la conseguenza che a fine lavori la spesa sarà lievitata e quindi difficilmente potrà rientrare nell’ambito del prezzario dato che il tecnico non potrà che fare riferimento agli interventi necessari per ottenere il risultato in termini di risparmio energetico, e non a quelli necessari per correggere gli errori fatti dalla prima ditta.
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E allora cosa potrà concretamente accadere?
Quando la spesa non è congrua la parte che resta fuori non è ammessa all’agevolazione, così come le eventuali somme che superano il massimale previsto. E’ prevedibile perciò che a fronte del completamento dell’intervento, che è obbligatorio pena la perdita anche della quota di detrazione già ceduta, non si potrà ottenere il Superbonus su tutto quanto speso, e visto che una parte è stata già ceduta anche se i lavori sono stati fatti in maniera errata, non sarà possibile scorporare questa quota, per cui comunque ci sarà un danno economico. Ovviamente anche in questo caso c’è la possibilità di un’azione legale nei confronti della prima ditta.
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Foto:iStock.com/aydinmutlu
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