Non si può pretendere dal Comune l’ordine di demolizione di una canna fumaria condominiale se tale manufatto può essere messo a norma. Il protagonista della vicenda in questione è un condomino proprietario di una unità abitativa sita all’ultimo piano, corredato di un terrazzo/lastrico solare di proprietà esclusiva.
Su tale terrazzo veniva realizzata una canna fumaria di oltre un metro di altezza, sporgente dalla sagoma dell’edificio e che non risultava dai titoli di acquisto dell’unità immobiliare.
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Successivamente il Comune, previo accesso ai locali, accertava che detta canna fumaria era stata realizzata in assenza dei prescritti titoli abilitativi e in difformità dal regolamento di igiene; di conseguenza l’Autorità Comunale inviava una comunicazione di avvio procedimento per il ripristino dello stato dei luoghi indirizzata al condominio, ritenuto proprietario del manufatto.
La situazione sopra descritta si complicava perché sorgeva un conflitto tra il condominio ed il condomino dell’ultimo piano, proprietario della terrazza a livello che lamentava come, in sua assenza, gli altri proprietari avessero modificato lo stato dei luoghi, installando sul comignolo esistente un’ulteriore canna di esalazione in metallo in sopraelevazione della preesistente.
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Veniva poi presentato un esposto a seguito del quale il Comune eseguiva un ulteriore sopralluogo che confermava la modifica dello stato dei luoghi e l’assenza di titoli abilitativi, emettendo un’ordinanza di adeguamento del manufatto edilizio, pena l’emissione di ordine di demolizione in caso di mancata ottemperanza. Il proprietario della terrazza faceva presente al Comune la propria totale contrarietà alla permanenza sulla sua proprietà del manufatto chiedendone la demolizione.
L’Autorità Comunale, però, emetteva provvedimento, diretto ai proprietari del manufatto e all’amministratore del condominio, ingiungendo loro di provvedere a rendere il comignolo conforme “alle norme di igiene e sicurezza vigenti”, nonché alla regolarizzazione edilizia, senza peraltro ordinarne la demolizione.
Il proprietario della terrazza impugnava detto provvedimento, che contestava in quanto non imponeva la demolizione del manufatto.
Abuso sanabile, può essere chiesta la demolizione?
La questione è quindi la seguente: un’opera abusiva che l’amministrazione comunale ritiene sanabile può essere oggetto di richiesta di demolizione da parte del condomino che si ritenga danneggiato dall’abuso?
Il Tar ha dato ragione al Comune. I giudici ammnistrativi hanno evidenziato che secondo un’opinione giurisprudenziale consolidata, da un lato l’amministrazione comunale è obbligata a concludere il procedimento demolitorio di un’opera abusiva, dall’altro il proprietario confinante ha la facoltà di impulso all’esercizio del medesimo “potere demolitorio” in ragione della vicinanza tra la sua proprietà e quella dell’autore dell’abuso edilizio.
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In considerazione di quanto sopra il proprietario confinante, danneggiato dal mancato esercizio dei poteri repressivi degli abusi edilizi, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può ricorrere al giudice contro l’inerzia dell’organo preposto alla repressione degli abusi.
Come notano gli stessi giudici amministrativi, però, se l’amministrazione comunale ritiene sanabile una determinata opera colui che si ritenga danneggiato (nel nostro caso il condomino proprietario della terrazza) non può certo richiedere al Comune la demolizione dell’abuso ritenuto sanabile.
Riflessioni conclusive
In linea generale, l’Amministrazione ha l’obbligo di attivare un procedimento di controllo e verifica dell’abuso edilizio della cui conclusione deve restare traccia, dovendosi escludere che la ritenuta mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sanzionatori possa giustificare il silenzio dell’autorità comunale; in ogni caso il proprietario confinante, nella cui sfera giuridica incida dannosamente il mancato esercizio dei poteri repressivi degli abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può, dunque, ricorrere avverso l’inerzia dell’organo preposto alla repressione di tali abusi edilizi sollecitando l’esercizio dei poteri repressivi degli abusi.
Nel caso in cui il Comune, a seguito di un’istanza di repressione di abusi edilizi presentata da un vicino, abbia concluso il relativo procedimento manifestando di ritenere possibile la sanatoria dell’abuso, non è possibile procedere in direzione diversa. Tuttavia non si può escludere che il soggetto contrario al mantenimento della canna fumaria, facendo ricorso alle forme di tutela previste dal diritto privato, ottenga dal giudice ordinario una decisione che imponga la demolizione della canna fumaria.
Così, ad esempio, indipendentemente dalla “regolarità urbanistica”, deve essere rimossa la canna fumaria montata sul muro di confine di un palazzo di pregio, in quanto altera notevolmente l’estetica dell’edificio, impone una servitù di stillicidio di acque sporche dovute alla condensazione dei fumi e costituisce turbativa al godimento della luce.
>> Qui la sentenza: Tar Brescia – sez. II – sentenza del 14 – 01- 2022, n. 39
Riferimenti normativi: art. 1117 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Tar Campania – sez. VI, sentenza n. 5552 del 18/08/2021
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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