Struttura metallica con copertura retrattile, non sempre è una pergotenda

Vediamo da cosa dipende e quindi quando è necessario il permesso di costruire. In questa rassegna di sentenze si parla anche di limiti di altezza, decadenza del permesso per mancato inizio dei lavori e ordini di demolizione

Mario Petrulli 30/12/21

Rieccoci al nostro appuntamento settimanale (l’ultimo del 2021) con la rassegna di sentenze in materia di edilizia e urbanistica. Il tema di apertura riguarda la natura di pergotenda e quindi la necessità o meno del permesso di costruire per una struttura metallica di rilevanti dimensioni con copertura retrattile.

Gli altri argomenti oggetto delle pronunce riguardano:

  • Limiti di altezza – rilevanza del torrino scale
  • Permesso di costruire assentito in forma tacita – mancato inizio dei lavori entro l’anno dalla formazione – decadenza – legittimità
  • Ordine di demolizione – mancata comunicazione avvio del procedimento – irrilevanza
  • Istanza di dissequestro rigettata – efficacia ordine di demolizione – sospensione

Riportiamo in dettaglio tutte le sentenze, ma se vuoi approfondire il tema dei titoli edilizi consigliamo il volume Il Testo Unico dell’Edilizia: attività edilizia e titoli abilitativi dei lavori.

Struttura metallica con copertura retrattile, non sempre è pergotenda

TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 13 dicembre 2021, n. 12832

Non è mera pergotenda rientrante nell’attività edilizia libera, l’installazione, su un’area scoperta destinata a corte dell’immobile dove si svolge un’attività di officina meccanica, di una struttura metallica di rilevanti dimensioni con copertura retrattile.

Non è qualificabile in termini di attività edilizia libera, ex art. 6 del DPR n. 380/2001, l’installazione, su un’area scoperta destinata a corte dell’immobile laddove si svolge un’attività di officina meccanica, di una struttura metallica, con copertura retrattile, composta da pali montanti sormontati da travi orizzontali, delle dimensioni in pianta di ml. 10,00 x 5,50 ed altezza totale pari ml. 4,00, per una superficie complessiva di mq. 55,00.

Ed invero, il regime giuridico di cui all’art. 6 citato D.P.R., tenuto conto della declaratoria degli interventi ivi contenuta così come di quella esemplificata, a titolo non esaustivo, dal D.M. 2.03.2018 (cd. Glossario dell’attività edilizia libera), risulta applicabile esclusivamente in relazione a quelle opere che:

  1. a) fungono da “arredo” delle aree pertinenziali degli edifici (opere esemplificate dal n. 43 al n. 51 del Glossario, tra cui le cd. pergotende);
  2. b) sono destinate a soddisfare «obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a 90 giorni» (per come chiarito nel cd. Glossario di cui al D.M. 2018 che le esemplifica dal n. 53 al n. 58, tra cui i Gazebo, le cd, Tensostrutture, Pressostrutture e assimilabili).

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Inoltre, per come più volte chiarito dalla giurisprudenza, deve comunque trattarsi di interventi che, per materiali costruttivi e dimensioni complessive, non alterino l’assetto urbanistico preesistente, aggravandone il carico (tra le tante T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 19/03/2020, n.272; Consiglio di Stato sez. IV, 01/07/2019, n. 4472; cfr. anche sez. VI, 03/04/2019, n. 2206; sez. VI, 09/07/2018, n. 4177; Sez. VI, 25 dicembre 2017 n. 306, Id., Sez. VI, 27 aprile 2016 n. 1619).

Orbene, l’applicazione di siffatti principi al caso in esame conduce ad escludere la struttura metallica in contestazione dal cono d’ombra dell’art. 6 T.U.E. in quanto, innanzitutto, avente una destinazione funzionale non già estetica, ossia di “abbellimento” dell’area cortilizia annessa all’officina, quanto piuttosto “commerciale”, essendo evidentemente strumentale, per come evincibile dalla documentazione fotografica in atti, all’attività di officina meccanica svolta dal controinteressato nell’adiacente immobile “principale”.

Inoltre, la destinazione funzionale di siffatta opera non può dirsi circoscritta ad un intervallo di 90 giorni, apparendo piuttosto stabile e durevole nel tempo; ciò in considerazione non soltanto della contiguità della stessa all’edificio principale cui accede ma anche delle relative dimensioni, alquanto notevoli (ben 55 mq. comportanti la copertura dell’intera area cortilizia), nonché dei materiali costruttivi di cui è composta, determinanti la complessiva installazione di una massiccia struttura metallica, per ciò stesso inidonea ad essere immediatamente smantellata.

La struttura in discorso è, dunque, tutt’altro che “precaria” giacché implicante, per caratteristiche costruttive, dimensionali e funzionali, una sensibile alterazione dell’assetto edilizio preesistente, con conseguente aggravio del carico urbanistico. È, quindi, da escludersi una qualificazione dell’opera in questione in termini di “pergotenda”, così come di “tensostruttura”.

Sul punto la giurisprudenza è univoca nel ritenere che “Per configurare una c.d. “pergotenda”, in quanto tale non necessitante di titolo abilitativo, occorre che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda; non è invece configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio” (così Consiglio di Stato sez. IV, 01/07/2019, n. 4472; cfr. anche sez. VI, 03/04/2019, n. 2206; in termini, Consiglio di Stato sez. VI, 09/07/2018, n. 4177; Cons. Stato, Sez. VI, 25 dicembre 2017 n. 306, Id., Sez. VI, 27 aprile 2016 n. 1619).

L’opera in parola necessita, dunque, del preventivo rilascio di un titolo autorizzativo, in quanto intervento “di nuova costruzione, tale essendo espressamente considerata dal Legislatore anche l’installazione «strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come […] ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee» (cfr. lettera e.5) dell’art. 3 T.U.E. in combinato disposto con l’art. 10 TUE).

Decadenza permesso di costruire per mancanza inizio lavori

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 16 dicembre 2021, n. 2766

Il pacifico mancato inizio dei lavori entro l’anno dalla formazione tacita del titolo abilitativo costituisce una causa espressa di decadenza del permesso di costruire

Il pacifico mancato inizio dei lavori entro l’anno dalla formazione tacita del titolo abilitativo costituisce una causa espressa di decadenza del permesso di costruire, per impedire la quale, anche in presenza di un’ipotesi di forza maggiore ( in tesi: un contenzioso pendente), il costruttore è sempre tenuto a chiedere la proroga del termine di inizio o fine dei lavori, antecedentemente alla scadenza dello stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2021, n. 4648).

Leggi anche gli articoli:
– Per evitare decadenza permesso di costruire non sono sufficienti demolizione muri e contenziosi in atto
– Permesso di costruire, conseguenze di variazioni rispetto al titolo edilizio
– TU Edilizia post Semplificazioni: il silenzio assenso nel permesso di costruire

Limiti di altezza: rilevanza del torrino scale

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 17 dicembre 2021, n. 2795

Entro la nozione di limiti di altezza codificata dall’art. 8, n. 2, del d.m. n. 1444/1968, deve intendersi ricompresa anche quella ragguagliata dal torrino scale posto al disopra della copertura dell’edificio

Per ius receptum, entro la nozione di limiti di altezza codificata dall’art. 8, n. 2, del d.m. n. 1444/1968, deve intendersi ricompresa anche quella ragguagliata dal torrino scale posto al disopra della copertura dell’edificio.

In questo senso, si è statuito che, ai fini della determinazione dell’altezza dell’edificio, va computato il torrino scale, la cui prosecuzione al di sopra della linea di gronda del fabbricato integra una sopraelevazione comportante l’aumento della volumetria preesistente ed utile per la definizione concreta delle distanze legali tra i fabbricati (cfr. Cass. civ., sez. II, n. 2566/2011; n. 11049/2016; Cons. Stato, sez. VI, n. 1512/2014; TAR Puglia, Bari, sez. III, n. 1558/2015; TAR Campania, Napoli, sez. VII, n. 3014/2019); tanto, perché un simile manufatto non può essere considerato volume tecnico, non computabile entro la cubatura urbanisticamente rilevante, tali essendo soltanto le opere edilizie destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 1801/2018; n. 2141/2019), e non anche le opere – quale, appunto, il torrino scale – che di quest’ultima costituiscano parte integrante (cfr. Cass. civ., sez. II, n. 30708/2018).

Ordine di demolizione: mancata comunicazione avvio del procedimento

TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 14 dicembre 2021, n. 12927

La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non consente l’annullamento giurisdizionale dell’ordine di demolizione

Secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento non consente l’annullamento giurisdizionale dell’ordine di demolizione – dato l’effetto della dequotazione introdotta dall’art. 21- octies, della Legge 7 agosto 1990, n. 241 – in quanto quest’ultimo costituisce un atto dovuto e dal contenuto rigidamente vincolato, presupponente un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle medesime per cui l’omissione di tale garanzia procedimentale non assume rilievo determinante, specie quando emerga che il contenuto dell’ordinanza conclusiva del procedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello che è stato in concreto adottato (Cons. Stato, sez. VI, n. 3391/2021, n. 3036/2020, sez. II, n. 469/2021; AP n. 9/2017).

Istanza di dissequestro rigettata e sospensione ordine di demolizione

TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 13 dicembre 2021, n. 672

L’efficacia dell’ordine di demolizione è sospesa se il giudice rigetta il dissequestro dell’immobile

In termini generali, vige il principio secondo il quale “La misura penale del sequestro non costituisce un impedimento assoluto (alla stregua del caso fortuito o della forza maggiore) all’adempimento dell’ordine di demolizione, stante la possibilità per il relativo destinatario di ottenere all’uopo il dissequestro del bene, ai sensi dell’art. 85 delle disp. att. c.p.p.” (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 03/08/2020, n. 3458).

Tuttavia, “Nel caso in cui l’immobile oggetto dell’ordine di demolizione sia stato sottoposto a sequestro penale preventivo ed il giudice penale abbia rigettato l’istanza di dissequestro, l’efficacia dell’ordine di demolizione è sospesa fino al termine di durata del sequestro, di conseguenza non sussiste alcun pregiudizio grave ed irreparabile sul piano del giudizio amministrativo” (Consiglio di Stato, sez. VI, 08/04/2020, n. 1842).

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Mario Petrulli

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