Il cappotto, croce e delizia della maggior parte degli gli interventi condominiali per i quali si punta al Superbonus, dato che spesso e volentieri la sostituzione della caldaia centralizzata non basta al salto di due classi. Ma l’intervento è anche quello sul quale il dibattito è più acceso quando l’edificio è dotato di balconi aggettanti, destinati necessariamente a restringersi a causa dell’aumento di spessore delle pareti. E poi ci sono casi in cui il cappotto esterno non è proprio ammesso dalle norme.
Vediamo dunque cosa si può fare e a cosa prestare attenzione prima di presentare uno studio di fattibilità per questi lavori.
Cappotto termico condominio, soluzioni per non restringere i balconi aggettanti
Sì all’ampliamento delle dimensioni
Il decreto Semplificazioni ha introdotto una serie di modifiche all’art. 119 del decreto Rilancio anche per quel che riguarda il cappotto. Al comma 3 è stato chiarito infatti che gli interventi di dimensionamento del cappotto termico non concorrono al conteggio della distanza e dell’altezza, in deroga alle distanze minime riportate all’articolo 873 del codice civile. Si può progettare, dunque, un intervento di questo tipo anche quando ci sono palazzi vicini, senza rischiare alcun tipo di contenzioso sulle distanze.
Quando ci sono balconi aggettanti
L’intervento di coibentazione per essere efficiente, d’altra parte, deve ovviamente prevedere un ampliamento di spessore di più di qualche centimetro per le facciate, per risultare determinante per il salto di due classi. Questo comporta necessariamente la riduzione dello spazio vivibile dei balconi, e non è detto che tutti i proprietari siano dell’idea, a prescindere dalla possibilità di ottenere un risparmio in bolletta. Difficile contestare i lavori quando sono partiti, perché in questo caso il giudice potrebbe dar ragione al condominio e ritenere prevalente l’interesse comune se i condomini non si sono attivati in anticipo, pur essendo a conoscenza delle relative problematiche.
Di questo tema ne abbiamo già parlato qui: Restringimento balconi cappotto termico superbonus.
Non può astenersi il singolo condomino
Diverso invece il caso in cui non sia presentato un progetto dettagliato: la delibera presa a maggioranza sarebbe nulla perché va ad incidere sulla proprietà privata. Quindi poiché oggi nessuno si azzarderebbe a presentare un progetto senza specificare la portata dell’intervento, qualunque proprietario di balconi ha il diritto di opporsi ai lavori e di bloccarli, semplicemente comunicando la sua intenzione di rivolgersi al tribunale per tutelare i suoi diritti.
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Se il palazzo è d’epoca o nel centro storico
Inutile prospettare di effettuare il cappotto, poi, quando il palazzo è d’epoca, ossia costruito prima del 1945, oppure quando si trova nel centro storico o in una zona tutelata da vincoli paesaggistici. Anche con l’arrivo della nuova CILAS, infatti, è stato confermato che questo tipo di intervento non è ammesso senza il via libera della Sopraintendenza.
Dunque di fatto non è mai possibile nelle zone vincolate, dato che qui non è ipotizzabile un aumento delle dimensioni del palazzo, e in ogni caso qualora fossero consentiti interventi di questo tipo occorrerebbe salvaguardare i decori d’epoca, recuperandoli e riposizionandoli. E se si volesse intervenire solo sulle facciate interne non visibili dalla strada? In questo caso l’agevolazione è ammessa a patto ovviamente che la superficie disperdente lorda da trattare superi il 25% del totale, cosa assai improbabile considerando che nei palazzi d’epoca il lastrico o il tetto copre direttamente gli appartamenti, e quindi la sua superficie rientra nel calcolo complessivo.
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Solo materiali certificati
A conti fatti, dunque, questo tipo di interventi è possibile nel caso di condomini più piccoli, di periferia e di piccole dimensioni, nei quali non ci sono balconi aggettanti, oppure nei grandi condomini composti da più palazzine. In ogni caso quando si decide per un intervento di questo possono essere utilizzati solo materiali isolanti dotati di adeguata certificazione, secondo quanto precisato da ENEA che ha pubblicato una scheda ad hoc sul sito. Le certificazioni ovviamente sono obbligatorie anche nel caso di utilizzo di materiali prodotti all’estero.
Infine non va dimenticato che il tecnico asseveratore deve certificare anche la rispondenza dei materiali ai CAM, ossia ai Criteri Ambientali Minimi previsti dal DM 11 ottobre 2017, requisito indispensabile come previsto dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 119 del decreto Rilancio. Tra questi criteri ci sono anche quelli specifici relativi alla resistenza agli incendi.
>>> NOTA SULLA PRESTAZIONE DEI MATERIALI ISOLANTI
Leggi: Il cappotto termico è ignifugo se della giusta classe
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