La disciplina di tutela degli immobili che sono considerati beni culturali è molto simile a quella che si applica ai singoli oggetti d’arte, pur con le dovute, necessarie e specifiche attenzioni e distinzioni. Il Codice dei beni culturali divide i beni in due grandi categorie: i beni culturali propriamente detti, interessati dalla parte II del Codice, e i beni paesaggistici, interessati dalla parte III.
Essere possessori di un bene culturale e utilizzarlo quotidianamente come un qualunque immobile per abitarvi, come studio professionale o locale commerciale, impone dei sacrifici, non del tutto bilanciati dalle facilitazioni fiscali (che tuttavia aiutano): ogni modifica da apportare a un immobile tutelato deve infatti essere preventivamente autorizzata dalla Soprintendenza, organo operativo del Ministero dei beni culturali cui è affidato il compito di vigilare sul corretto uso e sulla corretta modalità di intervento sui beni.
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Risulta pertanto essenziale, in un qualunque progetto edilizio o anche in una due diligence immobiliare, verificare l’eventuale presenza di un vincolo di cui alla parte II o III del Codice, poiché la presenza del vincolo è assolutamente determinante per tutte le fasi progettuali. Vediamo come fare con l’aiuto di Marco Campagna e del suo Manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di Due Diligence immobiliari .
Come e dove verificare se esiste un vincolo
Beni culturali
Il vincolo deve essere citato negli atti di rogito dell’immobile, perché, ai sensi degli articoli 59 e 60 del Codice, il Ministero ha il diritto di prelazione nella compravendita dei beni culturali: dunque è essenziale verificare la condizione di vincolo, in quanto l’atto di rogito si andrà a perfezionare solamente dopo che si è esaurito il termine entro cui l’ufficio può esercitare il diritto, o finché non comunica che non intende procedere alla prelazione. Quindi se l’immobile su cui occorre operare è stato di recente oggetto di trasferimento, dal rogito si può estrarre già l’informazione necessaria.
Se questo non è il caso, è possibile utilizzare il portale unico nazionale per l’individuazione degli immobili vincolati sviluppato dal Ministero, denominato Vincoli in Rete (vincoliinrete.beniculturali.it). Nel portale è possibile ricercare i beni mediante ricerca diretta su mappa oppure inserendo vari parametri, tra cui i dati catastali o l’indirizzo. Non sempre i dati contenuti in questo archivio, tuttavia, restituiscono come risultato la conferma o meno se i beni sono effettivamente vincolati, e i vincoli possono essere emanati in qualsiasi momento, quindi, in caso di dubbio è bene effettuare richiesta di presenza di vincolo direttamente alla Soprintendenza territorialmente competente.
Agli uffici è comunque sempre possibile chiedere per via scritta la presenza di dispositivi di tutela, anche per avere una risposta ufficiale da poter utilizzare per gli usi consentiti, come, ad esempio, dimostrare che un tale bene non è vincolato ed acquisire così la sicurezza di essere affrancati dalle relative procedure. Ciascun ufficio ha una propria modulistica e proprie modalità di rilascio del certificato, dunque occorre contattare la Soprintendenza di zona o consultare i relativi siti istituzionali per conoscere la procedura corretta.
Dato che il decreto di vincolo risulta importantissimo nel caso di immobile vincolato, una volta scoperta l’esistenza del provvedimento di tutela risulta essenziale ottenere una copia del relativo decreto per poterlo esaminare: a volte viene spedito unitamente alla dichiarazione di vincolo, sebbene l’ufficio non sia espressamente tenuto a farlo.
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Beni paesaggistici
Per quanto riguarda invece i vincoli della parte III del Codice, quella relativa ai beni paesaggistici, la procedura è un po’ diversa (e non si commetta l’errore di pensare che i vincoli paesaggistici stiano solo nelle zone non edificate: vi sono numerosissimi vincoli le cui perimetrazioni attraversano anche zone densamente edificate).
Per la verifica si può fare riferimento al sito del Sistema Informativo Territoriale Ambiente e Paesaggio – SITAP (sitap.beniculturali.it) che propone un webgis su cui è possibile riscontrare direttamente la presenza delle perimetrazioni di vincolo. Tuttavia, si ricordi sempre che i documenti che certificano la presenza del vincolo sono solamente o le pubblicazioni in Gazzetta Ufficiale, oppure le tavole dei piani paesistici regionali, depositate presso le regioni. Tali strumenti online devono quindi essere consultati solo per orientamento ma non possono rappresentare una certificazione.
A differenza dei vincoli di cui alla parte II del Codice, quelli decretati paesaggistici riguardando necessariamente una pluralità indistinta di soggetti, e sono infatti pubblicati in Gazzetta Ufficiale; dunque, per esempio, la ricerca del decreto di vincolo pubblicato in Gazzetta è già una certificazione, ma sarebbe comunque opportuno verificare se successivamente il vincolo non abbia subito modifiche nella perimetrazione (in alcuni casi, anche alcune sentenze hanno annullato o riperimetrato dei vincoli).
Nel caso di vincoli paesaggistici, comunque, un modo certo per ottenere una certificazione dell’esistenza del vincolo (e raccomandata in casi dubbi o per interventi particolarmente complessi) è quello di chiedere al Comune il certificato di destinazione urbanistica. Purtroppo in alcuni grandi comuni la procedura è molto lunga e questo può creare seri problemi logistici.
Beni culturali immobiliari tutelati per legge
Il Codice (art. 10) prevede inoltre che alcuni immobili siano tutelati per legge, cioè a prescindere dal fatto che sia stato emesso uno specifico e puntuale provvedimento di tutela. In generale sono soggetti a tutela (automaticamente) tutti i beni mobili e immobili che appartengono allo Stato, alle regioni ed agli enti territoriali (comuni e città metropolitane), agli enti pubblici, a persone giuridiche senza scopo di lucro, agli enti ecclesiastici, e che presentano interesse storico, artistico, archeologico od etnoantropologico.
Non sono però automaticamente sottoposti a tutela i beni immobili che non abbiano più di 70 anni di età, quindi tutti i fabbricati che sono di proprietà dei soggetti indicati sopra sono automaticamente sottoposti a tutela nel momento in cui compiono il settantesimo anno di età.
Inoltre non tutti gli immobili di proprietà dello Stato o di enti pubblici sono meritevoli di tutela, e il Codice contiene infatti un apposito strumento per valutare se l’immobile che ha compiuto i 70 anni di età deve mantenere il suo stato di tutela oppure può uscirne. Si tratta della procedura della “verifica dell’interesse culturale” (o VIC, art. 12).
In un progetto o in una due diligence avente ad oggetto la conformità immobiliare su un edificio pubblico non può mancare questa importantissima verifica, che deve essere accompagnata da puntuali indicazioni sulle date significative riguardanti il fabbricato tra cui, se reperibili: data di inizio lavori, data di fine lavori, collaudo e progettista.
Procedure di autorizzazione
Per procedere a qualunque intervento di modifica sui beni culturali è necessario dotarsi della preventiva autorizzazione di cui all’art. 20 e 21 del Codice. La procedura per autorizzare interventi edilizi è poi arricchita di dettagli nell’art. 22, che stabilisce che la Soprintendenza deve rilasciare l’autorizzazione entro 120 giorni, trascorsi i quali non si può far altro che diffidare l’amministrazione: non esiste infatti il principio del silenzio-assenso nelle autorizzazioni su beni culturali e paesaggistici.
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Ovviamente, alla domanda di autorizzazione deve sempre essere allegato un progetto, e qualunque eventuale modifica in corso d’opera necessiterà di una nuova autorizzazione.
Ricordiamo anche che vincoli della parte II e II del Codice possono convivere nello stesso immobile: in tal caso la procedura autorizzativa sarà necessariamente doppia, perché i contenuti e i livelli di attenzione tra le due discipline sono del tutto separati.
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Immagine: iStock/bernie_photo
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