Nonostante in Italia si destinino importanti somme per gestire l’emergenza che si crea a seguito di danni e guasti agli edifici ed alle infrastrutture, sia pubbliche che private, stenta molto ad affermarsi una cultura della prevenzione.
Eppure la manutenzione degli impianti edilizi, compresa quella dell’impianto strutturale, è un obbligo già da molti anni. In particolare il piano di manutenzione dell’opera è un documento che il d.P.R. n. 554 del 21 gennaio 1999 (art. 40) rende obbligatorio per le opere pubbliche già da un ventennio. Tale obbligo è stato poi esteso a tutti gli impianti strutturali in applicazione delle disposizioni delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) a partire dal 2008.
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Ciononostante la gran parte delle anomalie strutturali, siano esse dovute ad un comportamento fisiologico (naturale invecchiamento) o patologico (difetto o danno) viene per lo più rilevata a seguito di ispezioni dettate da richieste legate ad esigenze estetiche e funzionali (infiltrazioni, distacchi di finiture, ampliamenti…) e quasi mai – soprattutto nel caso dei manufatti privati – a seguito di un ordinario check up diagnostico-manutentivo.
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La sola valutazione del rischio a cui ci sottopongono le strutture non correttamente manutenute dovrebbe spingerci verso una inversione di tendenza. A ciò, poi, si aggiunga il risparmio economico che deriverebbe dall’adozione di una corretta gestione dei manufatti, con la quale eviteremmo la puntuale e frequente gestione dell’emergenza.
Avviene perciò che in assenza di una adeguata opera di prevenzione e manutenzione il quadro esistente che il tecnico si trova ad analizzare può contenere problematiche lontane da quelle che erano motivo del suo incarico. E così, ad esempio, qualche volta capita che, durante un sopralluogo preliminare a lavori di impermeabilizzazione (i quali non contemplavano neanche lontanamente un ripristino strutturale), si scopre l’ammaloramento di un pilastro o di una trave.
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In questi casi lo scenario operativo diventa delicato. Qualunque tecnico, infatti, non può esimersi dall’analisi e dalla interpretazione dei segnali di sofferenza che la struttura gli manifesta. Ciò lo impone sia un corretto atteggiamento etico, sia l’esigenza di non inficiare il risultato dell’intervento che si va a proporre. Questo anche quando l’oggetto dell’incarico riguarda altro.
D’altro canto, invece, il committente potrebbe trovarsi nella impossibilità di disporre di un budget più ampio di quello ipotizzato in prima analisi.
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Fatta questa doverosa premessa che chiarisce per quale motivo l’analisi di una patologia strutturale necessita di indagini ampie ed approcci multidisciplinari, si descrive nel seguito il caso di una diagnosi effettuata su un fabbricato multivello affetto da diffusi segni di sofferenza statica, tratto dal volume Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate degli autori Matteo Felitti e Lucia Rosaria Mecca, edito da Maggioli Editore.
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Rilievo architettonico e strutturale
Come avviene per ogni studio di dissesto strutturale, prima di avviare il processo diagnostico, è stata effettuata la ricostruzione della configurazione geometrico-strutturale e degli scenari di carico.
Tale ricognizione è servita a costruire la base di lavoro che raccoglie tutte le informazioni più significative riguardanti:
- le modalità costruttive,
- i dati del sottosuolo,
- i dati del rilievo puntuale dei segni di deformazione,
- fessurazione e rottura presenti sia sugli elementi portanti che sugli elementi di completamento della struttura.
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È bene ricordare che nella ricostruzione dello schema geometrico-strutturale il grado di accuratezza del rilievo va definito sulla base della tipologia di diagnosi. Qualora si operi, ad esempio, su un elemento locale, il grado di accuratezza deve essere necessariamente molto elevato, in quanto l’analisi necessita di informazioni dettagliate quali:
- dimensioni geometriche dell’elemento;
- caratteristiche del calcestruzzo;
- disposizione, caratteristiche e quantitativi delle armature.
Nei casi di studio come quello in esame, invece, la configurazione geometrico-strutturale può rappresentarsi con un basso livello di dettaglio, in quanto finalizzata alla comprensione qualitativa di un fenomeno di tipo globale.
Per la ricostruzione del modello geometrico strutturale del caso in esame sono stati utilizzati i dati dedotti da tavole di precedenti rilievi, verificando la conformità geometrica e tipologica con quanto riscontrato in loco. Nell’ottica di ricostruzione di un modello finalizzato all’analisi di un comportamento globale anche i saggi effettuati sono stati limitati a pochi punti ritenuti maggiormente significativi.
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Rilievo anomalie e difettologie
Completata la ricostruzione del modello geometrico tridimensionale su di esso sono stati inseriti tutti i segni delle anomalie rilevate sul fabbricato come fessure, deformazioni, distacchi, ammaloramenti, infiltrazioni, macchie di umidità.
Si è così successivamente passati allo studio delle cause dei danni. L’interpretazione dei fenomeni è stata resa molto agevole dal fatto di disporre di un modello tridimensionale sufficientemente rappresentativo del manufatto, riportante ogni segno ritenuto di interesse.
Le anomalie lette globalmente sul modello tridimensionale forniscono indicazioni su quali sono le azioni che determinano le maggiori influenze, come mostrato nelle figure che seguono.
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Diagnosi del dissesto e conclusioni
Dall’analisi comparativa dei dati raccolti – sia da documentazione di archivio che da rilievi in
sito – è stato possibile comporre la diagnosi individuando quella serie di cause i cui effetti avessero elementi compatibili con il quadro di dissesto del fabbricato. Per giungere a ciò tutte le fessure sono state accomunate distinguendo tre grosse famiglie ognuna delle quali compatibile con una particolare causa.
Si è pervenuti così alla conclusione che la causa prima di dissesto era da ricercarsi nelle pessime caratteristiche meccaniche del terreno su cui si fondava il fabbricato.
Ciò risultava del tutto compatibile con quanto riscontrato con sondaggi svolti un ventennio addietro rispetto al periodo di studio. Da questi si è potuto dedurre che il terreno fondale appartiene ad una concavità morfologica ed il substrato affiora ad oltre 12 metri di profondità. Il fabbricato, infatti, si trova posto a monte di un impluvio naturale la cui morfologia originaria risulta ancora ben leggibile nonostante siano intervenute modifiche dei profili ad opera della forte antropizzazione avutasi negli anni.
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Per stabilire se il cedimento si fosse esaurito, per ogni famiglia di lesioni, si è previsto il monitoraggio di alcune fessure in modo da ottenere, oltre ai dati di una eventuale sua progressione, anche la correlazione con i fattori esterni che lo abbiano potuto influenzare.
Nel frattempo, il sospetto di una ulteriore evoluzione del cedimento e la rottura in più punti dei pilastri, delle travi di collegamento tra i pilastri e degli elementi di solaio, hanno indicato una precarietà statica assolutamente non compatibile con l’ulteriore utilizzo del fabbricato il quale è stato valutato inagibile.
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Le informazioni assunte per lo studio del dissesto hanno permesso anche un sommario inquadramento della logica progettuale da seguire nell’eventualità di recupero della struttura.
In via prioritaria, a fronte di un’evoluzione del cedimento dipendente da deficienze di portanza della fondazione, sarebbe da realizzarsi una sorta di presidio temporaneo costituito dall’iniezione di resine espandenti nel terreno, in grado di contrastare ulteriori abbassamenti degli elementi verticali.
In questo modo si impedirebbe un ulteriore aggravio della statica del fabbricato e si disporrebbe dei tempi necessari per poter effettuare, sia un controllo inclinometrico in profondità sia il progetto dell’intervento di consolidamento vero e proprio.
Quest’ultimo deve prevedere un irrigidimento complessivo della fondazione di tipo superficiale, la riparazione delle rotture degli elementi strutturali (calibrati sui risultati delle prove su campioni prelevati dalla struttura) ed eventuale consolidamento del versante.
Tutti gli interventi sono da effettuarsi per gradi e sotto il monitoraggio continuo della
struttura al fine di controllarne la riuscita.
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Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate
Il problema del degrado delle strutture ed infrastrutture in calcestruzzo armato in Italia ha assunto negli ultimi anni il carattere di vera emergenza. Il manuale tratta vari casi di interventi sulle strutture esistenti in calcestruzzo armato ponendosi quale ideale complemento del testo sul Degrado delle Strutture in Calcestruzzo Armato curato da Felitti e Mecca.L’opera, illustrando alcuni interventi realizzati dagli stessi Autori nello loro ultraventennale attività professionale, offre suggerimenti e spunti di approccio ai problemi che il progettista ed il costruttore si trovano più comunemente ad affrontare. Per tutti i casi studio il testo accenna all’esigenza “storica” (in funzione del dettato normativo)che influenza la capacità e l’accuratezza delle analisi sul comportamento del calcestruzzo armato, che nel tempo hanno visto il modificarsi sia delle tecniche di rilievo del danno e sia delle modalità di intervento. Allo stesso modo si sono modificati gli obiettivi progettuali passando dagli approcci prescrittivi a quelli prestazionali.Vengono esaminati, con dovizia di immagini e schemi commentati, casi che riguardano interi sistemi strutturali e interventi locali (travi, pilastri, fondazioni, ecc.).Matteo Felitti Titolare dello studio tecnico ENGINEERING & CONCRETE CONSULTING, si occupa principalmente di calcolo strutturale, dissesti statici nelle costruzioni esistenti, degrado dei materiali e risoluzione contestazioni in collaborazione con lo Studio Legale dell’Avv. Paola Tucci. Svolge, inoltre, attività di consulenza tecnologica presso importanti Aziende che operano nel settore della prefabbricazione e della fornitura di calcestruzzi prestazionali. Docente Esterno di “Calcolo Automatico delle Strutture” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II (Titolare Cattedra: Prof. Francesco Marotti de Sciarra). Certificato Livello 2 per i metodi PND: ES-MG-MO-PC-SC-UT-VT. Certificato Livello 3 per i metodi PND: TT. Settore: Ingegneria Civile, Beni Culturali e Architettonici. Autore di testi e pubblicazioni per collane e riviste di settore. Lucia Rosaria Mecca Ingegnere strutturista, titolare dello studio MECCAINGEGNERIA nel quale si occupa prevalentemente di progettazione e direzione lavori di opere ed infrastrutture realizzate in ambito civile ed industriale. Svolge attività di consulenza negli ambiti dell’ingegneria geotecnica e strutturale per Professionisti, importanti Società ed Aziende operanti in ambito nazionale ed internazionale. È direttore tecnico e socio titolare della Geomonitor srl, società di Ingegneria specializzata nel settore delle prove, dei monitoraggi e dei controlli non distruttivi, per i quali possiede la qualifica di Esperto. Autrice di testi e pubblicazioni per collane e riviste di settore.
Matteo Felitti, Lucia Rosaria Mecca | 2019 Maggioli Editore
29.00 € 27.55 €
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Carla Lisci, Fabio Sitzia | 2021 Maggioli Editore
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