Beni finiti per manutenzione ordinaria o straordinaria, IVA al 10 o al 22?

Nel caso di manutenzione ordinaria o straordinaria si può fruire dell’IVA al 10% sui beni finiti solo quando la relativa fornitura è compresa all’interno del contratto d’appalto. Quindi cosa conviene fare?

Davide Galfrè 08/06/21

Come sappiamo, in ambito edilizio sono previste due aliquote IVA agevolate differenti, una al 10% per il recupero del patrimonio esistente e l’altra al 4% per nuova costruzione coi requisiti prima casa.

In particolare per l’aliquota al 10% si deve verificare l’opera edilizia in progetto per capire se la fatturazione può essere eseguita interamente con IVA agevolata oppure se su una parte o sull’intero imponibile si debba applicare l’aliquota ordinaria al 22%, in base alla tipologia di opere edilizie in progetto (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo).

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IVA al 10 % per manutenzione ordinaria o straordinaria

Invero, nel caso di manutenzione ordinaria o straordinaria (come definite nell’art. 3 del D.P.R. 380/2001) si può fruire dell’IVA al 10% sulle seguenti prestazioni:

  • appalti e onorari (sia delle imprese, sia dei lavoratori autonomi, sia dei professionisti);
  • cessioni di materie prime e semilavorati e beni finiti solo quando la relativa fornitura è compresa all’interno del contratto d’appalto;
  • per i beni significativi (quelli cioè in cui il valore del bene è preponderante rispetto al valore della manodopera necessaria per la sua posa in opera) solo fino al raggiungimento della quota parte della manodopera.

Risulta chiaro che la conseguenza di queste condizioni è che in caso di manutenzione ordinaria o straordinaria il committente non possa acquistare direttamente le materie prime e semilavorati e i cosiddetti beni finiti, ma per avere l’IVA agevolata al 10% deve farseli acquistare da chi ne esegue la posa in opera.

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Beni finiti, risponde l’Agenzia delle Entrate

Tramite una recente risposta ad interpello avvenuto tramite il canale FiscoOggi l’Agenzia delle Entrate ha chiarito ulteriormente questo consolidato orientamento ricordando peraltro che i “beni significativi” sono elencati nel D.M. 29/12/1999 (>> trovi qui un elenco) e che per essi vale la regola già richiamata dell’IVA agevolata solo fino a concorrenza del valore della manodopera necessaria per la loro installazione.

Al contrario, per i “beni finiti” non esiste un elenco definito e completo e che pertanto ci si deve affidare alla prassi più consolidata; alcuni esempi di beni finiti possono essere le rubinetterie, i sanitari, le porte, gli ascensori, le ringhiere e tutti quegli elementi che possono essere sostituiti in modo autonomo rispetto alla struttura di cui fanno parte (>> qui abbiamo visto anche altri esempi); per tali tipologie di beni l’IVA è agevolata nei seguenti casi:

  • nelle manutenzioni ordinarie e straordinarie solo se sono forniti dallo stesso soggetto che ne esegue la posa in opera (altrimenti l’IVA è al 22%);
  • nelle ristrutturazioni e restauri e risanamenti conservativi quando acquistati direttamente dal committente così come quando forniti dallo stesso soggetto che ne esegue la posa in opera.

Le stesse regole valgono per i semilavorati e le materie prime (esempi di tali beni possono essere le piastrelle, i mattoni, le malte e tutti quei materiali che non possono essere autonomamente smontati dalla costruzione di cui fanno parte), la cui fornitura nel caso di manutenzioni ordinarie e straordinarie deve essere compresa nell’ambito del contratto di appalto.

Manutenzione, conviene IVA al 10 (con ricarico) o al 22?

Nel caso di manutenzione ordinaria o straordinaria sta quindi al singolo committente verificare se ci sia più convenienza ad ottenere l’IVA al 10% facendosi acquistare i beni finiti, semilavorati e materie prime da chi ne esegue la posa in opera – il quale dovrà necessariamente applicarvi un ricarico – oppure se acquistare direttamente tali materiali accettando l’IVA ordinaria al 22%.

Si tratta di una differenza del 12% che verrebbe limitata nel caso di detrazioni fiscali, e che probabilmente si equipara grossolanamente al ricarico che l’installatore dovrebbe eseguire nel caso di acquisto.

Nel caso in cui si eseguano opere di ristrutturazione o di restauro e risanamento conservativo invece è indifferente e probabilmente vi è più convenienza ad acquistare i materiali direttamente da parte del committente.

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Immagine: iStock/pixelfit

Davide Galfrè

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