Oltre ai grandi lavori agevolati dal Superbonus e Bonus facciate, nei condomini è ci si sta dando grande da fare per sistemare le pavimentazioni esterne e i vialetti interni. Ma spesso ci sono problemi relativi a permessi da richiedere e condomini contrari ai lavori, non solo per motivi economici.
Nello specifico, oggi risponderemo al seguente quesito: è possibile rifare la pavimentazione con asfalto colorato su base cementizia (che comporterebbe un minore costo, una maggiore durata e una più facile manutenzione) data la maggioranza di legge per le opere straordinarie, o tutto può essere bloccato dall’opposizione anche di un solo condomino, basata sul fatto che si verrebbe a creare una variazione estetica?
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Rifare il pavimento del viale di condominio
DOMANDA
Il supercondominio ove abito è composto da sei palazzine con un viale interno di proprietà per l’accesso veicolare ai vari fabbricati, realizzato con betonelle colorate di cemento. Il viale, che già scontava una cattiva esecuzione iniziale dei lavori, si è progressivamente dissestato per il traffico di automobili e anche di mezzi pesanti.
Dovendo rifare la pavimentazione, è possibile realizzarla con asfalto colorato su base cementizia (il che comporterebbe un minore costo, una maggiore durata e una più facile manutenzione) con la maggioranza di legge per le opere straordinarie, o tutto può essere bloccato dall’opposizione anche di un solo condomino, basata sul fatto che si verrebbe a creare una variazione estetica?
Lo sai che la pavimentazione esterna non è attività edilizia libera?
RISPOSTA
A quanto sembra, l’opera descritta dal quesito rientra fra quelle di manutenzione straordinaria, e non di innovazione. Infatti, per costante giurisprudenza le modificazioni di un bene condominiale, per qualificarsi come innovazioni, devono comportarne l’alterazione dell’entità sostanziale e il mutamento dell’originaria destinazione (fra le altre, Cassazione civile, 26 maggio 2006, n. 12654). Modificare la pavimentazione del viale comune può quindi costituire un intervento straordinario, per cui è richiesta al massimo la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del Codice civile (maggioranza degli intervenuti e metà del valore dell’edificio).
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Il problema dell’alterazione del decoro architettonico potrebbe sì essere sollevato, ma, per contestare sotto questo profilo i lavori deliberati, il condomino dissenziente dovrà dimostrare il pregiudizio economico per i condòmini a causa della perdita di valore dell’edificio. Si veda, fra le altre sentenze, Tribunale Bari, sezione III, 24 febbraio 2016, n. 1000, secondo cui, «in tema di condominio, la tutela del decoro architettonico è stata apprestata dal legislatore in considerazione della diminuzione del valore che la sua alterazione arreca all’intero edificio e, quindi, anche alle singole unità immobiliari che lo compongono.
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Pertanto, nelle relative controversie, il giudice del merito, per stabilire se in concreto vi sia stata lesione di tale decoro, oltre ad accertare se esso risulti leso o turbato, deve anche valutare se tale lesione o turbativa determini o meno un deprezzamento dell’intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità».
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