Una panetteria in condominio che produce odori insopportabili per gli altri condomini che vivono nel palazzo deve dotarsi di idoneo impianto autonomo di aerazione forzata?
Alcuni condomini esasperati dai rumori notturni e dagli odori sgradevoli che nelle ore diurne provenivano dal panificio, posto piano sottostante, citavano davanti al Tribunale i titolari dell’esercizio commerciale per sentirli condannare al ripristino della normale tollerabilità delle immissioni sia acustiche sia odorose prodotte, nonché al risarcimento dei danni patiti; il giudice nominava un consulente tecnico per accertare la situazione.
Vediamo il responso della sentenza del 16- 06- 2020, n. 311 del Tribunale di Asti e tutta la vicenda nel dettaglio.
Panetteria in condominio, impianto di aerazione forzata se gli odori si diffondono
A seguito delle indagini peritali, tenendo conto dei valori limite differenziali di immissione ex art. 4 del DPCM 14.11.1997, ma anche della stessa posizione espressa dalla Cassazione, la consulenza concludeva che il limite di tollerabilità del rumore era superato solo con riferimento al movimento di apertura della saracinesca del negozio.
In merito agli odori (odori da forno, come quelli legati ai prodotti della pizza, delle fritture o all’impiego di ingredienti, quali la cipolla), tenuto conto della disciplina di settore regionale, il consulente non riscontrava violazioni che potessero indurre a qualificare come illecite le lamentate immissioni di fumi molesti. Del resto, neppure il regolamento di condominio prevedeva delle limitazioni al godimento degli immobili di proprietà esclusiva e, quindi, allo svolgimento dell’attività artigianale di parte convenuta.
Tuttavia tali esalazioni si avvertivano nell’arco dell’intera giornata e, in particolar modo, nel periodo stagionale primavera – estate. Questi fenomeni, inoltre, nonostante gli inviti e le diffide trasmesse ai titolari del panificio, anche per via assembleare, non venivano in alcun modo attenuati.
La presenza di tali immissioni trovava conferma sia nella deposizione dei testimoni, chiamati dai condomini (sulla cui attendibilità non emergevano riscontri contrari), sia dalla stessa proposta, avanzata dai titolari del panificio che, nel corso degli accertamenti effettuati dal perito, si dichiaravano disponibili a realizzare un adeguato impianto per l’abbattimento degli odori.
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Il responso
Il Tribunale dava ragione ai condomini.
In particolare lo stesso giudice, tenuto conto della CTU e delle testimonianze, ha ritenuto prioritario tutelare l’abitazione privata piuttosto che l’attività produttiva; di conseguenza, ha condannato i titolari del panificio ad adottare tutte le misure più idonee ad impedire il perpetrarsi dell’illecito tramite la realizzazione di un impianto autonomo di aerazione forzata dotata di estrattore aria centrifugo, con sezione filtrante e canali di estrazione dell’aria esausta; per quanto riguarda i rumori della saracinesca ha ordinato ai convenuti di adottare una delle tre proposte soluzioni: mettere in atto interventi manutentivi o sostitutivi sulla parte meccanica della serranda; adottare metodi antintrusione alternativi all’utilizzo quotidiano della serranda; procedere all’apertura di un accesso pedonale alternativo al laboratorio nel lato vano scala o nel cortile, da utilizzare in orario notturno; non sono stati, infine, liquidati i danni patrimoniali e non richiesti, in quanto non ritenuti sufficientemente provati in giudizio.
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Alcune considerazioni
Le norme sulle immissioni si applicano anche in tema di condominio, tanto nei rapporti tra unità immobiliari in proprietà esclusiva, quanto nei rapporti tra le unità immobiliari e le cose, i servizi e gli impianti di uso comune.
Qualora un condomino, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini, il conflitto deve essere risolto secondo i criteri dettati dall’art. 844 c.c. secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
In particolare, secondo un principio consolidato in giurisprudenza, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione e ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale – che è alla base dell’art. 844 c.c. – impone di privilegiare, alla luce dei principi costituzionali (v. cost. art. 14, 31, 47) le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali (si veda la “storica” Cass. civ., sez. II, 15/03/1993, n. 3090).
All’utilità sociale connessa con il godimento dell’abitazione, indirettamente ed in certa misura, si ricollegano numerose norme costituzionali. Pertanto, le esigenze personali connesse all’abitazione – il riparo, la sicurezza, il lavoro domestico, il riposo, l’intimità familiare, la riservatezza, lo svago, le relazioni sociali – vengono di certo privilegiate dall’ordinamento rispetto alle utilità meramente economiche, provenienti da un esercizio commerciale.
Si deve considerare, però, che la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l’attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole, senza essere in alcun modo vincolato nella scelta del rimedio migliore (Cass. civ., sez. II, 06/02/2020, n. 2757).
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.
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