Tettoie per attrezzi e serre mobili non sono comparabili: perchè?

Una tettoia per attrezzi non è una serra mobile, è una questione di definizione: vediamo perchè. Questo e altro nella rassegna di sentenze

Mario Petrulli 25/06/19

Ecco le sentenze più interessanti della settimana scorsa: il volume interrato è nuova costruzione; vano per un impianto di riscaldamento; una tettoia per gli attrezzi non è come una serra mobile; il vincolo di inedificabilità sulla fascia di rispetto autostradale prescinde dalla caratteristiche dell’opera realizzata; trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare: niente oneri di urbanizzazione.

Volume interrato: serve il permesso di costruire?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 20 giugno 209 n. 1099

Un volume interrato determina inevitabilmente un’alterazione dello stato dei luoghi rilevante sotto il profilo paesaggistico ed è qualificabile come nuova costruzione richiedente il permesso di costruire

Costituisce ius receptum l’arresto secondo cui la realizzazione di un volume interrato determina inevitabilmente un’alterazione dello stato dei luoghi rilevante sotto il profilo paesaggistico (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 2388/2005; sez. VI, n. 110/2011; sez. IV, n. 1879/2011; n. 4079/2013; n. 4114/2013; n. 4348/2013; n. 4503/2013; TAR Campania, Salerno, sez. I, n. 1642/2011; Napoli, sez. IV, n. 2529/2012; sez. VII, n. 1/2014; TAR Umbria, Perugia, n. 356/2014; n. 490/2018; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 9218/2018; TAR Molise, Campobasso, n. 525/2018).

Leggi anche Un deposito interrato di 200 mq è un volume tecnico?

Sotto il profilo urbanistico-edilizio, giova, altresì, rammentare che, in base all’art. 3, lett. e.1, del d.p.r. n. 380/2001, gli interventi di nuova costruzione, per i quali è richiesto il permesso di costruire, comprendono la costruzione di manufatti edilizi interrati ovvero l’ampliamento di quelli esistenti, trattandosi pur sempre di interventi comportanti una trasformazione rilevante del territorio, in relazione ai quali l’autorità amministrativa deve svolgere il proprio controllo sul rispetto delle norme urbanistiche ed edilizie, anche tecniche, finalizzato ad assicurare il regolare assetto e sviluppo del territorio (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 3028/2017; sez. VIII, n. 4121/2017; sez. III, n. 4243/2017).

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Vano per il riscaldamento: è un vano tecnico?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 20 giugno 2019 n. 1097

Il vano per il ricovero di un impianto di riscaldamento a servizio di un condominio è un vano tecnico

Per la giurisprudenza, “Il carattere di volume tecnico può riconoscersi ad un manufatto che, oltre a non essere impiegabile né adattabile ad uso abitativo, deve rappresentare opera priva di autonomia funzionale e strettamente necessaria per contenere, senza possibili alternative, e per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale, non collocabile per qualsiasi ragione all’interno dell’edificio” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. IV, 11/12/2017, n. 5822).

Conseguentemente, un vano adibito al ricovero dell’impianto di riscaldamento a servizio del condominio è un vano tecnico.

Cfr. anche, in materia, T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 10/01/2014, n.148: “Rientra nella nozione di «volume tecnico» il locale esclusivamente adibito alla collocazione di impianti indispensabili per l’uso della costruzione e che (per esigenze tecniche degli ambienti medesimi) deve essere necessariamente ubicato in un ambito autonomo, per potervi posizionare macchinari e dispositivi tecnologici, come avviene per i vani caldaie o i vani frigorifero o per gli strumentari connessi alla condotta idrica o termica o all’ascensore, ecc.: dette opere edilizie si presentano prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto unicamente e ineluttabilmente destinate a contenere impianti serventi per una costruzione principale per esigenze tecnico — funzionali della stessa”.

Tettoie e serre mobili stagionali non sono paragonabili

TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 giugno 2019 n. 1408

Le tettoie per ricovero mezzi e strumenti di lavoro non possono equipararsi alle serre mobili stagionali

Le tettoie utilizzate per il ricovero di mezzi e strumenti di lavoro, costituite da una struttura portante in tubolari di ferro e dotate di copertura in telo plastificato, non possono rientrare nella nozione di serre mobili stagionali o temporanee ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e, del D.P.R. n. 380 del 2001, atteso che le serre sono utilizzate per garantire una protezione diretta della coltivazione sul suolo e non per altri fini.

Fascia di rispetto autostradale: il vincolo è assoluto?

TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, sent. 17 giugno 2019 n. 536

Il vincolo di inedificabilità gravante sulla fascia di rispetto autostradale ha carattere assoluto e prescinde dalla caratteristiche dell’opera realizzata

Il vincolo di inedificabilità gravante sulla fascia di rispetto autostradale ha carattere assoluto e prescinde dalla caratteristiche dell’opera realizzata, in quanto il divieto di costruzione sancito dall’art. 9 della l. n. 729/1961 e dal successivo d.m. n. 1404/1968 non può essere inteso restrittivamente al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limiti connessi alla presenza di costruzioni (Consiglio di Stato, IV, 27 gennaio 2015, n. 347).

Ne discende che “le distanze previste vanno osservate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale (Cass. civ., n. 6118/1995) o che costituiscano mere sopraelevazioni (Cass. civ., n. 193/1987) o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti” (T.A.R. Campania 1461/2011, Consiglio di Stato 2062/2013 e 2076/2010, T.A.R. Lombardia 2353/2011 ).

Trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare: oneri di urbanizzazione?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 17 giugno 2019 n. 574

Niente oneri di urbanizzazione nel caso di trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare

Mentre il costo di costruzione rappresenta una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare, gli oneri di urbanizzazione svolgono la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria. (TAR Piemonte, sez. I, 21 maggio 2018, n. 630). Essi sono pertanto dovuti nel caso di trasformazioni edilizie che, indipendentemente dall’esecuzione di opere, si rivelino produttive di vantaggi economici per il proprietario, determinando un aumento del carico urbanistico. Tale incremento può derivare anche da una mera modifica della destinazione d’uso di un immobile, mentre può non configurarsi nell’ipotesi di intervento edilizio con opere.

Secondo consolidata e risalente giurisprudenza il fondamento del contributo di urbanizzazione pertanto “non consiste nel titolo edilizio in sé, ma nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime secondo modalità eque per la comunità con la conseguenza che, anche nel caso di modificazione della destinazione d’uso, cui si correli un maggiore carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l’imposizione del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa.” (Cons. Stato, Sez. V, 30 agosto 2013, n. 4326; id. ex multis T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 4 maggio 2009, n. 3604; Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 1994, n. 1563).

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Pertanto “la partecipazione del privato al costo delle opere di urbanizzazione è dovuta allorquando l’intervento determini un incremento del peso insediativo con un’oggettiva rivalutazione dell’immobile, sicché l’onerosità del permesso di costruire è funzionale a sopportare il carico socio economico che la realizzazione comporta sotto il profilo urbanistico” (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 26 aprile 2018, n. 449).

Non può dirsi realizzato un aumento del carico urbanistico nel caso di trasformazione di un edificio bifamiliare in unifamiliare, riducendone anche la S.L.P. Non ricorre pertanto il presupposto che giustifica l’imposizione del pagamento degli oneri di urbanizzazione.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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