Il presente articolo è di Santo Durelli, Avvocato del Foro di Genova, ed è estratto dal libro “Disturbo da rumore e isolamento acustico nelle abitazioni”.
La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto, con il comma 746 dell’art. 1, una disposizione (avulsa completamente dalle finalità di una Legge di bilancio 2019) che riguarda la materia acustica e, in particolare, la normale tollerabilità dell’inquinamento acustico e del disturbo da rumore nelle abitazioni. È stato aggiunto il comma 1-bis all’originario comma unico dell’art. 6-ter della legge n. 13/2009.
Inquinamento acustico in casa
Qual è la novità?
Il testo del novellato art. 6-ter risulta oggi composto da due commi ed è il seguente:
Comma 1 (ossia l’originario comma unico, rimasto invariato): “Nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso”.
Comma 1-bis (ossia quello introdotto dalla Legge di Bilancio 2019): “Ai fini dell’attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione”.
Secondo una parte dei primi commentatori la disposizione di cui al comma 1-bis determinerebbe una perfetta sovrapponibilità dell’accettabilità amministrativa alla normale tollerabilità, dovendosi pertanto accertare e valutare l’immissione acustica unicamente con il criterio pubblicistico e i soli limiti da rispettare sarebbero quelli fissati dalla legge n. 447/1995 e decreti attuativi. Non sarebbe più consentito, dunque, applicare il criterio comparativo, per costante giurisprudenza usato per valutare la normale tollerabilità ex art. 844 c.c.
Questo articolo è tratto da
Disturbo da rumore e isolamento acustico nelle abitazioni
Il testo chiarisce che il recente comma 746 della legge di bilancio 2019, che vorrebbe cambiare il limite della tollerabilità delle immissioni di rumore nelle abitazioni (art. 844 codice civile), in realtà non cambia affatto il limite che rimane 3 dB sul rumore di fondo L95. L’autore mostra come eseguire le misurazioni fonometriche per valutare la tollerabilità, con numerosi esempi dettagliati di analisi acustiche, soprattutto nel caso frequente e difficile del rumore intrusivo di livello sonoro basso in camere da letto di notte a finestra chiusa. È anche spiegato quando il fonometro di Classe 1 ai livelli sonori molto bassi vicini al rumore autogenerato in realtà non misura in Classe 1 e viene dichiarato tollerabile un rumore che non lo è. Soprattutto il libro vuole dare risposta alla richiesta di chi acquista l’appartamento e chiede requisiti acustici che garantiscano il comfort e la privacy dal rumore del vicinato, oltre e al di là dei limiti prescritti dalla legge per l’isolamento acustico (D.P.C.M. 5/12/97).Per coloro che svolgono consulenze tecnico-legali di CTU e CTP per immissioni di rumore il testo inquadra la risposta al quesito posto dal Giudice al CTU, non soltanto per la prima parte, se il rumore lamentato dal ricorrente esiste e se supera la tollerabilità, ma anche per la seconda parte di quali siano i rimedi per ridurre il rumore entro la tollerabilità. È spiegato che per determinare l’aumento dell’isolamento acustico necessario per la tollerabilità occorre riferirsi ai descrittori che rappresentano l’effettivo isolamento acustico percepito soggettivamente dalle persone, standardizzato rispetto al tempo di riverberazione, cioè DnT,w e L’nT,w che sono diversi dal potere fonoisolante R’w e dal calpestio normalizzato L’nw prescritti dal D.P.C.M. 5/12/97 e dalla norma UNI 11367.A integrazione del testo sono resi disponibili in rete, al link accessibile con apposito codice, files di dimostrazioni audio di rumori spiegate nel libro, per sentire quanto è il supero del rumore di fondo, allo scopo di rendersi conto di cosa significhino nella realtà i limiti della tollerabilità giudiziaria e dell’accettabilità amministrativa.Giorgio Campolongo è ingegnere specialista in acustica e vibrazioni, con 40 anni di esperienza di consulenze giudiziarie per immissioni di rumore e per mancanza dei requisiti d’isolamento acustico nelle abitazioni in oltre duemila casi. È stato docente di Acustica Applicata ad Architettura del Politecnico di Milano ed è autore di 6 libri e di 120 articoli tecnici di acustica. È presidente di Missione Rumore, associazione italiana per la difesa dal rumore. www.rumoreincasa.it
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In realtà la novità non è poi così rilevante
Se così fosse la novella avrebbe inferto un colpo assai grave alla tutela dell’individuo che subisce immissioni acustiche, in particolare alla tutela del suo diritto alla salute psicofisica, che invece il sistema costituito dall’art. 844 c.c., con l’utilizzo del criterio comparativo, è sempre stato in grado di garantire piuttosto efficacemente. Il rumore disturba nel momento in cui lo si percepisce, e più è forte (picchi) maggiore è il disturbo: è di palese evidenza, quindi, che il criterio pubblicistico, con il ricorso alle misurazioni per livelli equivalenti, sia inadeguato a rappresentare al Giudice quale sia il reale e concreto disturbo percepito da chi subisce immissioni moleste di tipo acustico.
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Ma così non è, a mio giudizio. Vediamo il perché. Premettiamo, per quanto sia ovvio, che la nuova disposizione non ha affatto espunto dal nostro ordinamento il canone della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c., come implicitamente ma inoppugnabilmente si evince dal fatto che il dichiarato intento contenuto nell’art. 6-ter di volerne determinare i criteri di accertamento postula che la normale tollerabilità sia evidentemente considerata dallo stesso legislatore come ancora esistente.
L’originario comma unico dell’art. 6-ter, operava il rimando assai generico alle “disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti” al fine di accertare la normale tollerabilità delle immissioni acustiche. Con l’introduzione dell’art. 1-bis il legislatore ha precisato che i criteri di determinazione della normale tollerabilità di una immissione sono gli stessi che si applicano per accertare il livello di accettabilità ed inoltre che detti criteri sono quelli previsti dalla legge n. 447/1995 e suoi decreti attuativi.
Va peraltro considerato che nessuno poteva seriamente dubitare del fatto che già con l’introduzione dell’art. 6-ter comma unico il legislatore del 2009 intendesse perseguire la finalità di obbligare il Giudice – che è il destinatario della disposizione di cui all’art. 844 c.c. – a utilizzare i criteri dell’accettabilità amministrativa di cui alla legge n. 447/1995 e decreti attuativi per accertare la normale tollerabilità, in luogo del criterio comparativo invece costantemente adottato dalla giurisprudenza, sia pure limitatamente alle sorgenti specificamente normate.
Per quanto sopra ritiene lo scrivente che il comma 1-bis non abbia affatto portata realmente innovativa, ma semplicemente esplicativa. Il che trova conferma considerando l’incipit della disposizione stessa che prevede “ai fini dell’attuazione” di quanto (già) prevedeva il comma 1 dello stesso art. 6-ter.
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Ma allora la giurisprudenza formatasi sull’art. 6-ter nel testo originario del 2009 in ordine alla corretta interpretazione della disposizione, ed in particolare se rivesta o meno portata derogatoria e limitativa per l’applicazione dell’art. 844 c.c. e del criterio comparativo, mantiene la sua attualità anche dopo l’introduzione del comma 1-bis e non mi pare che vi siano ragioni sopravvenute per discostarsene.
I principi enucleati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e da numerose sentenze delle Corti di merito sono stati univoci. Riporto in primo luogo quelli enunciati nelle sentenze della Suprema Corte n. 2338/2018 e n. 20927/2015, che mi paiono rilevanti in questa sede, l’una perché riguarda immissione da sorgente specificamente normata (traffico autostradale), l’altra da sorgente non specificamente normata (rumorosità da locale commerciale), a dimostrare che questi principi sono comuni ed applicabili ad ogni tipo di immissione.
Partiamo da quest’ultima. Il ricorrente aveva sostenuto che in forza dell’art. 6-ter, legge 13/2009 non poteva farsi luogo a una valutazione della normale tollerabilità ex art. 844 c.c ma che doveva applicarsi il D.P.C.M. 14/11/97, i cui limiti nel caso di specie erano rispettati, di talché le immissioni dovevano considerarsi lecite. In particolare il ricorrente aveva sostenuto che con l’art. 6-ter il legislatore avrebbe superato tutto il dibattito dottrinario e giurisprudenziale e i criteri elaborati dalla giurisprudenza a tutela del privato a fronte delle immissioni, chiarendo definitivamente che i valori limite da rispettare sarebbero semplicemente e unicamente, senza alcuna differenziazione tra tutela privatistica ed amministrativa, quelli indicati dal D.P.C.M. 14/11/97.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso così motivando:
“In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore della legge 13/2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (…) all’art. 6-ter deve essere data una interpretazione costituzionalmente orientata e non necessariamente derogatoria del principio di accertamento in concreto della normale tollerabilità da parte del Giudice, tenuto anche conto del principio generale per cui «il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell’attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, dovendo considerarsi prevalente, rispetto alle esigenze della produzione, il soddisfacimento ad una normale qualità della vita»”.
La norma UNI EN ISO 16283-2:2016 descrive un metodo in opera per la misurazione dell’ isolamento acustico edifici per i rumori di calpestìo di solai utilizzando il generatore normalizzato di calpestio. Leggi l’articolo
Il caso deciso da Cass. n. 2338 del 2018 afferiva all’immissione da traffico autostradale e quindi una sorgente specificamente normata; anche in questa controversia i giudici di merito avevano riconosciuto la illiceità delle immissioni applicando l’art. 844 c.c. ed il criterio comparativo. La ricorrente in Cassazione aveva sostenuto che in forza dell’art. 6-ter legge n. 13/2009 non sarebbe potuto farsi luogo ad una valutazione della tollerabilità ex art. 844 c.c bensì le immissioni avrebbero dovuto essere accertate e valutate in applicazione del decreto n. 142/2004, i cui limiti erano rispettati.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso riprendendo la motivazione:
“In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 208 del 2008, art. 6-ter, convertito con modificazioni in legge n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell’art. 844 c.c., con l’effetto di escludere l’accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione. (…) Già il Giudice delle leggi ebbe ad avvallare detta esegesi come costituzionalmente orientata con l’ordinanza n. 103 del 2011”.
Ritengo molto interessante anche Cass. n. 8474/2015 per un passaggio motivazionale afferente i parametri tecnici dei decreti di attuazione della legge n. 447/1995 e per aver chiarito in modo esemplare il rapporto tra la disciplina pubblicistica e quella privatistica in materia di immissioni.
La controversia originava da immissioni prodotte dalla movimentazione di vagoni ferroviari; i Giudici di merito avevano accolto le domande dei disturbati applicando l’art. 844 c.c. Rete Ferroviaria Italiana ricorse in Cassazione sostenendo la illegittimità della decisione poiché il Giudice avrebbe accertato l’effettiva sussistenza nella specie di immissioni acustiche intollerabili sulla sola base dell’art. 844 c.c., senza considerare che i metodi di misurazione ed i parametri di valutazione di intollerabilità delle immissioni acustiche dovevano nella specie essere determinati in ragione della disciplina tecnica speciale (in parte sopravvenuta in corso di giudizio) e, in particolare, del d.P.R. n. 459 del 1998.
Inoltre, secondo RFI, il Giudice aveva errato non considerando che l’applicazione dell’art. 844 c.c., sulla scorta di tali parametri tecnici, come espressamente imposto dalla legge n. 13 del 2009, art. 6-ter portava nel caso concreto a escludere l’intollerabilità delle immissioni, dal momento che le CTU avevano confermato il mancato superamento delle soglie normative in esame.
La Cassazione ha respinto il ricorso di RFI così motivando:
– nell’ambito, non già della tutela della quiete pubblica ovvero del rapporto tra privati e p.a., bensì dei rapporti tra privati confinanti, l’osservanza delle normative tecniche speciali, quali quelle invocate da RFI, non può ritenersi dirimente nell’escludere l’intollerabilità delle immissioni; in tale ambito, la fattispecie deve infatti essere vagliata secondo l’ordinario criterio di cui alla disposizione generale dell’art. 844 cit.;
– in materia di immissioni, è illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell’interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti massimi di tollerabilità, l’eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in concreto alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c.;
– alla materia delle immissioni atte a turbare il bene della tranquillità nel godimento degli immobili adibiti ad abitazione non è applicabile la legge n. 447/1995, poiché tale normativa, come quella contenuta nei regolamenti locali, persegue interessi pubblicistici disciplinando, in via generale ed assoluta, e nei rapporti c.d. verticali fra privati e la p.a., i livelli di accettabilità delle immissioni sonore al fine di assicurare alla collettività il rispetto di livelli minimi di quiete;
– la disciplina delle immissioni moleste in alieno nei rapporti fra privati va sempre rinvenuta nell’art. 844 c.c., sulla cui base, quand’anche dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del Giudice, che tenga conto di tutte le peculiarità della situazione concreta;
– analogamente è a dire per la normativa secondaria e regolamentare di attuazione la quale, nel determinare le modalità di rilevamento dei rumori ed i limiti di tollerabilità in materia di immissioni rumorose, non può per sua natura che perseguire finalità meramente esecutive di carattere pubblicistico, così incidendo sui soli rapporti fra i privati e la p.a.; sicché i limiti tecnici in essa contenuti non escludono l’applicabilità dell’art. 844 c.c., nei rapporti tra i proprietari di fondi vicini.
Ma non solo. Ritengo che anche alla luce del comma 746 in argomento non si possa attribuire all’art. 6-ter portata preclusiva all’applicazione dell’art. 844 c.c. e del criterio comparativo per un altro insormontabile principio di diritto (riportato in un’ottima sentenza emessa dal Tribunale di Modena del 13 giugno 2011) secondo cui laddove venga in considerazione la tutela del diritto alla salute, il prudente apprezzamento giudiziale non può in alcun caso rimanere vincolato dai limiti fissati da norme regolamentari.
La sovraordinazione di un diritto assoluto della persona alla disciplina secondaria di settore è principio indiscutibile di gerarchia delle fonti, e il rinvio normativo operato dalla norma primaria (l’art. 6-ter nel nostro caso), peraltro per completa relazione, alla fonte secondaria (decreti di attuazione della legge n. 447/1995), non può valere come limite alla tutela inibitoria e risarcitoria del bene primario della salute.
Cosa cambia quindi?
Conseguentemente l’unica interpretazione consentita è quella che fa salva la possibilità, in ogni caso, di utilizzo della potestà discrezionale del Giudice ordinario in ordine alla valutazione in concreto della tollerabilità o intollerabilità delle immissioni. In tal senso, continua il Tribunale di Modena, si è già chiaramente orientata la giurisprudenza con una pronuncia, che merita piena condivisione, secondo la quale il suddetto generale principio (secondo cui i parametri massimi previsti dalle norme regolamentari statali non sono vincolanti per il Giudice ordinario nel momento in cui vengano in considerazione altri interessi costituzionalmente protetti, e in primo luogo il diritto alla salute) non è rimasto scalfito da quanto disposto dall’art. 6-ter della legge n. 13/2009 (v. Corte App. Milano, 31 agosto 2009, n. 2168, in Riv. Giur. Ambiente, 2010, 2, 355).
In conclusione, a mio avviso, alla luce delle svolte considerazioni, nulla è cambiato rispetto alla situazione “ante comma 746”: laddove il disturbato chieda la tutela di un suo diritto che abbia un riconoscimento nella nostra Carta costituzionale (in primis il diritto alla salute psicofisica, ma non solo, tra gli altri ricordiamo il diritto alla qualità della vita, la serenità dell’ambiente abitativo) il Giudice ben potrà continuare ad accertare e valutare l’intollerabilità o meno della immissione applicando l’art. 844 c.c. e il criterio comparativo.
Per scrupolo e per completezza di trattazione (sia pure nei limiti di questo breve affrettato commento), prendo in considerazione l’ipotesi in cui al novellato art. 6-ter sia da attribuire la portata che, secondo alcuni commentatori, avrebbe, ossia che l’accertamento e la valutazione del limite della normale tollerabilità debba ormai essere effettuata sempre e comunque con i criteri della accettabilità applicando per le misurazioni la metodica pubblicistica. Ecco ulteriori considerazioni.
– La prima è che la nuova norma potrebbe applicarsi solo ed esclusivamente alla tipologia di immissioni contemplate dalla legge n. 447/1995 ossia quelle generate da attività produttive o commerciali. Devono quindi essere esclusi i rumori del vicinato, per i quali continua ad applicarsi l’art. 844 c.c., incontestatamente.
– La seconda è che questa disposizione, se dovesse essere così interpretata, non potrebbe che essere sospettata di incostituzionalità, generando una del tutto ingiustificata disparità di trattamento nei riguardi del soggetto percettore/vittima del rumore. Il suo bene salute (nella accezione ampia ormai accettata dalla giurisprudenza) sarebbe diversamente tutelato a seconda che (la stessa) immissione sia prodotta nel contesto di una attività produttiva (come tale da valutarsi secondo i criteri della accettabilità) oppure strettamente privatistica quali derivanti da rumori del vicinato (come tale da valutarsi secondo il criterio comparativo).
Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma quello di seguito riportato credo che sia sufficiente a chiarire l’affermazione. Prendiamo il caso delle immissioni da strumenti musicali all’interno di una abitazione. Se prodotte da un musicista professionista che prova i suoi pezzi o che impartisce lezioni agli allievi, si applicherebbe il criterio pubblicistico; se prodotte da un semplice privato appassionato si applicherebbe il criterio privatistico. Il bene salute sarebbe uno, l’immissione la stessa, ma la norma giuridica applicabile inaccettabilmente diversa.
– La terza è che la norma non potrebbe applicarsi nei giudizi in corso, ma soltanto nei giudizi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore.
articolo di Santo Durelli, Avvocato del Foro di Genova
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