Titoli e procedure. Professionista asseverante: ruolo e responsabilità

Il ruolo del professionista è sempre più importante nella fase gestionale del procedimento amministrativo: vediamo le novità e la normativa di riferimento

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I professionisti sono i protagonisti fondamentali nell’ambito dei titoli edilizi e nelle procedure abilitative, principalmente in quelli sottoposti alla forma dell’autodichiarazione, ma in larga parte, anche in quelli sottoposti al regime del rilascio in forma espressa di atti da parte della pubblica amministrazione.

Sia le imprese che i professionisti hanno responsabilità alla corretta realizzazione delle opere edilizie assentite e si assumono a tal riguardo le responsabilità, penali, amministrative, civili e deontologiche.

Ormai da quasi trenta anni, il legislatore, in un intento di semplificazione e snellimento burocratico, ha stabilito funzioni del pubblico e del privato, in una logica di acceleramento dei tempi procedurali. La fase gestionale intermedia, necessaria per fare iniziare l’attività (e seguente alla fase di indirizzo e programmazione gestita dalla pubblica amministrazione), è ormai affidata pressoché integralmente all’iniziativa del privato, in particolare al professionista, che si è sostituito alla pubblica amministrazione, mediante gli istituti delle autodichiarazioni ed asseverazioni.

Vediamo quali sono ruolo e responsabilità del professionista tecnico oggi e come sono cambiati nel corso del tempo.

Tecnico professionista asseverante: il ruolo

L’art. 19, comma 6 della L. n. 241/1990 e l’art. 20, comma 13 del d.P.R. n. 380/2001 letteralmente recitano: “Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni […] dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al medesimo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni”.

L’art. 20, comma 13 del d.P.R. n. 380/2001, aggiunge: “In tali casi, il responsabile del procedimento informa il competente ordine professionale per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari”.

Il professionista svolge i seguenti ruoli:
asseveramento di tutti i titoli edilizi (SCIA, permesso di costruire, sanatorie edilizie, dichiarazioni in genere, ecc.);
asseveramento della segnalazione certificata di agibilità dei fabbricati o similare in relazione alla specifica e diversa legislazione regionale;
– in qualità di direttore dei lavori, assume la responsabilità relativamente alla corretta realizzazione delle opere in conformità ai relativi titoli edilizi.

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La modifica dell’art. 19 della legge n. 241/1990, apportata dalla L. n. 122/2010 con la sostituzione della DIA con la SCIA, ha comportato le seguenti modifiche:
– la DIA prevedeva semplicemente un corredo documentale costituito da certificazioni e attestazioni normativamente richieste (anche per mezzo di autocertificazioni);
e oggi? Oggi con la SCIA il corredo documentale è più ampio ed è costituito da dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà (per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli artt. 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. n. 445/2000), quindi, attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, oltre ad elaborati tecnici, che possano dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti e dei presupposti.

In conclusione, la disciplina della SCIA “sposta” ancora di più rispetto alla DIA, i compiti istruttori a carico del privato, aggravando gli oneri e le responsabilità a carico del “dichiarante” con particolare riferimento al tecnico professionista asseverante.

Infatti, si può parlare di ulteriore “privatizzazione della funzione istruttoria”, ancora di più svolta dal soggetto privato.

La modifica dell’art. 19 della legge n. 241/1990, apportata dalla L. n. 122/2010 comporta ulteriori considerazioni, infatti:
– nella DIA nella parte relativa all’indicazione delle sanzioni, non si dava nessuna indicazione, pertanto si applicava l’art. 481 c.p. (reclusione fino ad un anno o multa da E 51,00 a E 516,00);
e oggi? Oggi con la SCIA è previsto un aggravamento delle sanzioni, infatti la legge stabilisce: “Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la SCIA, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti è punito con la reclusione da uno a tre anni”.

Tecnico professionista asseverante: le responsabilità

In generale si può ragionevolmente affermare che in relazione alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni sono state incrementate le responsabilità del professionista, in qualità di tecnico asseverante, per le seguenti ragioni.

Il professionista deve asseverare obbligatoriamente tutti i titoli edilizi, comprese le istanze di permesso di costruire. Nel caso che l’asseveramento del professionista consenta l’attivazione dell’istituto del silenzio-assenso e l’inizio dei lavori, in ipotesi di dichiarazione erronea o mendace, oltre alle possibilità di incorrere in sanzioni penali, espone il professionista al rischio di risarcimento danni civili da parte della committenza, per l’avvenuta esecuzione di opere abusive.

L’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2016, ha modificato l’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001 comma 1, nel seguente modo:

“[…] La domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie nel caso in cui la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali, alle norme relative all’efficienza energetica”.

In sostanza è stata eliminata la frase “nel caso in cui la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali”.

Pertanto, secondo le nuove disposizioni diversamente dal passato, la relazione asseverata del professionista è dovuta anche in presenza di valutazioni tecnico discrezionali e quindi è stato esteso l’ambito delle competenze dell’asseveramento con le conseguenti ulteriori responsabilità.

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Quali altri cambiamenti ci sono stati?

Inoltre, è aumentato il numero dei titoli abilitativi e questo ha determinato maggiore difficoltà nell’inquadrare la corretta procedura abilitativa dei lavori da realizzare, in tal senso devesi tenere conto che l’errato titolo abilitativo può determinare il presupposto di esecuzione di opere in assenza di titolo, con le relative conseguenze sanzionatorie penali, amministrative e civili;

Maggiore possibilità di sostituire il rilascio di autorizzazioni da parte dell’amministrazione pubblica con l’asseveramento del professionista. Infatti, la legge a L. 7 agosto 2012, n. 134, c.d. “salva-Italia”, all’art. 13 comma 1 recita “nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni o asseverazioni o certificazioni […] salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti”. Ferma restando l’impossibilità di sostituire con l’asseveramento del tecnico il rilascio dell’autorizzazione della pubblica amministrazione nei casi di vincoli, storico, paesaggistico, idrogeologico, sismico, in altri casi il professionista può sostituire con il proprio asseveramento il rilascio di un atto di assenso, nulla-osta, parere o similare di competenza di enti pubblici;

Il ruolo del professionista, in qualità di tecnico asseverante è di maggiore responsabilità rispetto a quello del dirigente dell’amministrazione pubblica che rilascia un atto amministrativo in forma espressa. Infatti, il dirigente della pubblica amministrazione rilascia il provvedimento in forma espressa ad esempio il permesso di costruire ed inserisce nel provvedimento la nota formula “fatti salvi e riservati i rapporti fra terzi”. Pertanto, si assume una responsabilità unicamente sotto il profilo pubblicistico, cioè di verifica della conformità urbanistico-edilizia, non anche relativamente alle norme del diritto privato, quali quelle civilistiche, ad esempio distanze, affacci, servitù, situazioni legate al riconoscimento di diritti di natura privatistica, ecc., che rimette alla decisione della giustizia ordinaria.

Il professionista assevera la relazione di conformità a tutto il quadro normativo e regolamentare e non inserisce la nota formula “fatti salvi e riservati i rapporti fra terzi”. Pertanto si assume una più ampia responsabilità, sia sotto il profilo pubblicistico, cioè di verifica di conformità urbanistico-edilizia, ma anche relativamente al diritto privato, cioè alle norme civilistiche, finalizzate al riconoscimento di diritti di natura privatistica, per le quali in caso di errore può essere chiamato a risponderne, in termini di danni civili, da parte della propria committenza.

Asseveramento dello stato legittimo

La responsabilità del tecnico

Una domanda che ci si pone frequentemente è se, e in caso affermativo in che misura, il tecnico progettista asseverante assuma responsabilità relativamente alla rappresentazione dello stato legittimo c.d. “stato attuale” nella progettazione di lavori da realizzare.

Su tale tematica la circolare infrastrutture e trasporti del 7 agosto 2003, n. 4174, la c.d. “circolare Lunardi”, al punto 1 “premessa” fornisce indicazioni e letteralmente recita:

“[…] Qualora si proceda con DIA, […] la situazione delle preesistenze, in quanto presupposto legittimante […] deve essere oggetto di ricognizione nella relazione asseverata […] sulla base degli elementi forniti dal proprietario ovvero dalle ricerche condotte dal professionista. Peraltro considerata la natura ricognitiva di tale attività, il professionista non assume alcuna responsabilità circa l’effettiva situazione della costruzione con riferimento alla disciplina urbanistica pregressa, essendo il contenuto della relazione circoscritto ai risultati della ricerca condotta ed ai dati del proprietario […]”.

La suddetta circolare esclude pertanto le responsabilità del professionista circa l’obbligo del corretto asseveramento della situazione attuale dell’immobile, il c.d. “stato legittimo” o “stato attuale”, dal quale parte per eseguire le opere successive, stante il suo ruolo ricognitivo nella ricerca effettuata sulla base dei dati forniti dal proprietario.

Appare chiaro che nel caso la situazione di fatto rilevata sul posto e rappresentata negli elaborati progettuali allegati al titolo edilizio autodichiarato da parte del professionista non corrisponda allo stato legittimato da titoli edilizi, nel caso di asseveramento ed esecuzione di opere successive, le stesse possono risultare esse stesse illegittime ed irregolari e possono essere oggetto di procedure sanzionatorie, con tutti gli effetti civili ed amministrativi del caso che possono coinvolgere lo stesso professionista.

Responsabilità penale, civile, deontologica, amministrativa

Le responsabilità del tecnico asseverante sono:
penale, ai sensi dell’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 181 Codice dei beni culturali;
civile, per danni nei confronti del proprio committente e/o a terzi;
deontologica disciplinare, nei riguardi al proprio ordine o collegio di iscrizione;
amministrativa, per quanto attiene alla responsabilità delle procedure sanzionatorie amministrative, nel caso di realizzazione di abusi edilizi.

Il reato di falso ideologico nelle asseverazioni

Si ha falso ideologico nelle asseverazioni quando in un atto pubblico si attesta, contro il vero, l’esistenza di fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità (artt. 479, 480, 481 e 483 c.p.).

Il reato di falso presuppone che al dato certo e oggettivo della dichiarazione solenne del professionista faccia da contrapposto un dato altrettanto indubbio di carattere opposto ed oggettivo che contraddice quanto asseverato.

Il falso si riscontra confrontando esclusivamente i “fatti”, cioè l’asseverazione da un lato e la realtà dei fatti dall’altro.

Affinché sia configurabile il reato, deve ricorrere la condotta “dolosa” e non solo “colposa”.

Si ha il dolo quando il reato è intenzionale e preveduto, cioè il professionista è in cattiva fede perché è consapevole che ciò che sta asseverando non corrisponde alla realtà e ciononostante pone in essere la condotta. Si ha la sola colpa quando il reato non è intenzionale, ma avvenuto in buona fede e si verifica a causa di negligenza, imprudenza, imperizia o per inosservanza di leggi. Si ha la condotta dolosa e pertanto punibile, quando si assevera una cosa che si sapeva consapevolmente non essere vera.

Redazione Tecnica

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